Cronache

"Hydra": colpo alla Sacra Corona Unita. Confiscati beni per oltre 3,5 milioni

Avviata in Salento la maxi operazione antimafia "Hydra". Sequestrate al clan della Corona 1500 slot machine, 3 conti correnti, 22 automezzi e 384mila euro.

"Hydra": maxi operazione antimafia nel Salento 

La Guardia di finanza di Lecce, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo salentino, sta eseguendo, nel Salento, una vasta operazione antimafia denominata "Hydra", per eseguire la confisca di un ingente patrimonio del valore di oltre 3,5 milioni di euro riconducibile a tre fratelli di Racale (LE), ritenuti socialmente pericolosi in quanto contigui ai clan della Sacra corona unita. I beni risultano essere intestati ad una società di comodo. Si tratta, in particolare, di tutte le quote societarie e dell'intero compendio aziendale, costituito, tra l'altro, da oltre 1500 slot machine situate nel Centro- Sud Italia, tre conti correnti e 22 automezzi, oltre che denaro contante rinvenuto dai finanzieri per circa 384 mila euro. 

Il provvedimento scaturisce dalle indagini condotte dal Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Lecce. In tal modo si conclude un lungo iter giudiziario iniziato con un provvedimento di sequestro poi impugnato dai proposti con la conseguente temporanea restituzione dei beni. Le indagini ed i successivi approfondimenti hanno dimostrato la riconducibilità ai tre fratelli salentini di una società a responsabilità limitata di Melissano (LE), leader nel settore del gaming e delle scommesse che, al fine di mascherare i proventi derivanti dai lucrosi affari del gioco d'azzardo, aveva appositamente costituito una nuova impresa solo formalmente intestata ai dipendenti di un'altra azienda di famiglia già, peraltro, colpita da una misura interdittiva antimafia della Prefettura di Lecce. Le indagini della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Lecce e dei finanzieri hanno, infatti, dimostrato la totale gestione delle attività imprenditoriali da parte del gruppo criminale di Racale che ha provato a sviare le indagini mascherandosi dietro compiacenti prestanome, per continuare ad imporre la propria leadership nella gestione del gioco d'azzardo e massimizzando i profitti. 

Ciò avveniva, secondo quanto risulta dalle indagini, anche grazie al ricorso alla manipolazione fraudolenta e successiva distribuzione di apparecchi elettronici in grado di frodare non solo i giocatori ma anche il fisco, al quale sono stati sottratti centinaia di migliaia di euro di introiti fiscali, il cosiddetto "Preu", ossia il Prelievo erariale unico e tassazione sulle vincite. I giudici leccesi, nel provvedimento, hanno precisato come le prove raccolte dagli investigatori abbiano dimostrato il reimpiego nella società salentina, oggi confiscata, dei proventi illeciti. Questi sarebbero stati ottenuti da precedenti gestioni, anch'esse finite nel mirino degli investigatori, in quanto sospettate di essere il frutto di un accordo mafioso tra imprenditori e appartenenti alla Sacra corona unita, in grado di garantire protezione e penetrazione commerciale in tutti territori gestiti dai clan, in cambio di spartizione di guadagni, assunzioni e regalie ai mafiosi.

Un prezioso anello, in particolare, sarebbe stato regalato in occasione delle nozze di una donna appartenente ad una delle famiglie di spicco della Scu di Gallipoli, ma tra le regalie vi sarebbero state anche auto e cure mediche agli altri componenti della famiglia. Inoltre, sarebbero stati regalati soldi al momento delle scarcerazioni degli affiliati, o quando maggiormente questi ne avevano bisogno, tra l'altro per il pagamento di avvocati o per altri usi. Non sono mancate, inoltre, elargizioni "a fondo perduto" per finanziare iniziative imprenditoriali delle famiglie mafiose salentine, tra cui anche l'acquisto di strutture ricettive nella zona di Gallipoli (LE), in cui la Sacra corona unita ha deciso di riciclare i proventi delle proprie attività illecite.

La costituzione della nuova società, oggi confiscata, come sottolineano i giudici leccesi, sarebbe avvenuta attraverso una macchinosa cessione di quote, fraudolentemente studiata a tavolino, tra i reali proprietari ed il loro prestanome, ad un prezzo talmente vantaggioso da essere palesemente incongruo. Ciò sarebbe avvenuto con un lunghissimo pagamento rateale, senza alcuna liquidità iniziale, secondo modalità fuori mercato, che non potevano avere altro fine se non quello di mascherare una cessione strumentale a nascondere i patrimoni agli eventuali accertamenti patrimoniali da parte degli organi investigativi, invece puntualmente arrivati. Il Tribunale di Lecce, considerata la sproporzione tra i redditi del titolare della società (prestanome) e il valore della stessa, e tenuto conto che, in realtà, questa altro non era che una ditta pulita creata ad hoc per consentire la prosecuzione delle attività illecite del gruppo criminale salentino colpito da misure interdittive e di prevenzione antimafia, ha disposto sequestro e confisca applicando la normativa antimafia.