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Cronache
I 57 orfani di Kiev rimangono in Italia, il Telefono azzurro: "Rischio di perdita di identità"

Orfani di Kiev: il tribunale dei minori di Brescia ha deciso che non saranno rimpatriati in un paese ancora in guerra. Unhcr felice, Telefono azzurro preoccupato

I 57 orfani ucraini arrivati due anni fa in Valle Imagna, in provincia di Bergamo, non verranno rimpatriati ma resteranno per ora in Italia, ospiti delle comunità di Rota Imagna, Pontida e Bedulita. Lo ha stabilito il tribunale per i minorenni di Brescia (competente sul territorio orobico) che ha revocato i precedenti decreti e “rinnovato” l'affido. Era stata Kiev, tramite il consolato ucraino in Italia, a chiedere il rimpatrio, ma contro questa richiesta si erano espresse sia le agenzie internazionali per i minori, sia i tutori dei bambini che avevano presentato 34 richieste di protezione internazionale per il rischio di rientrare in un territorio dove la guerra non è ancora sopita. La richiesta di rimpatrio, inizialmente fissata per il 16 agosto, è stata quindi congelata e spetterà a un'apposita Commissione valutare le istanze presentate per conto dei minori.

La reazione dell'Unhcr: "Sarebbero tornati in un Paese in guerra"

Il portavoce dell'Unhcr Filippo Ungaro ha espresso soddisfazione per la notizia. "Siamo contenti”, ha dichiarato all'Adnkronos, “che il rimpatrio sia stato bloccato, seppur in forma temporanea, per ora credo sia importante considerare le vulnerabilità di queste bambine e bambini e le loro esigenze di protezione, visto che sarebbero tornati in un Paese che è ancora in guerra".

La posizione di Telefono Azzurro: "Rischio che perdano il senso di identità"

Prima della decisione del tribunale di Brescia, invece, il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo aveva dichiarato ad Adnkronos: "Sapevamo sin dall'inizio che l'accoglienza dei bambini ucraini sarebbe stata una soluzione solamente temporanea, e tale deve rimanere. Oggi è giusto che tornino a casa. Il sistema di tutela internazionale e la conseguente accoglienza in Paesi come Polonia, Germania, Francia e Italia, era stata concordata con Kiev, soprattutto dopo i tentativi della Russia di portare i piccoli ucraini oltre il loro confine. I minori e i giovani che vivono in teatri di guerra, non solo in Ucraina ma anche in Palestina e Libano ad esempio devono essere tutelati. E questi sistemi hanno funzionato al meglio dove le comunità ucraine sono riuscite a contribuire nei processi affidatari".

La guerra fra Mosca e Kiev, ha proseguito Caffo, "è iniziata da molto tempo e per molto altro proseguirà. Ma buona parte del Paese, come accade sempre quando il teatro degli scontri è solo una parte del territorio, oggi vive in una situazione di 'quasi normalità'. Per questo, è giusto che vi ritornino". Anche perché "sono tanti quelli che sono già tornati a casa o in strutture di accoglienza. Strutture che, certamente, vanno migliorate ma ci sono. La nostra sfida è quella di migliorarle e contribuire al supporto psicologico dei molti bambini che ancora seguiamo in tutta l'Ucraina".

Il presidente di Telefono Azzurro ha voluto sottolineare il senso di identità dei bambini ucraini. "La mia preoccupazione sin dall'inizio riguardava il rischio di un repentino cambio di contesto per questi giovani, con il conseguente rischio che perdessero il senso di identità e appartenenza al loro Paese: ciò è possibile solamente ricordandosi che l'accoglienza è e deve essere temporanea e, per questo, riportarli appena possibile nell'Ucraina dove sono nati e cresciuti. Prorogare la loro permanenza nei Paesi che li hanno accolti sarebbe un errore. Tamponare l'emergenza con adozioni o affidi temporanei non è la soluzione".

LEGGI ANCHE: Guerra Ucraina, Zelensky: "La Russia deve essere costretta alla pace"

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