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Cronache
Il cardinale Angelo Becciu indagato anche per associazione a delinquere

Mario Becciu, "niente di ciò che fu scritto da Espresso corrisponde a verità fattuale"

"Ciò che sta emergendo in modo incontrovertibile dal processo penale, contrasta totalmente con la sentenza del tribunale civile di Sassari. Niente di ciò che fu scritto dall’Espresso corrisponde alla verità fattuale! Le partite non terminano al primo tempo. Se necessario, dopo i tempi supplementari". Lo scrive su facebook Mario Becciu, in relazione alla sentenza di respingimento della richiesta di risarcimento milionaria avanzata dal cardinale Giovanni Angelo Becciu al gruppo Gedi Espresso.

Marogna, "Zulema non sono io", la lettera citata da Perlasca sia mostrata in aula

"Cecilia Marogna chiede venga mostrata e acquista agli atti processuali - e non solo narrata - la lettera che a dire di Monsignor Perlasca è al protocollo della Segreteria di Stato in cui si farebbe espresso riferimento a una operazione di intelligence su suolo nazionale libico che si vorrebbe attribuire a lei, Cecilia Marogna, nel mentre tale missiva arrecherebbe la firma di non meglio identificata signora ‘Zulema'". Lo dice Riccardo Sindoca, procuratore in atti di Cecilia Marogna, al termine dell'udienza del processo vaticano in cui la manager cagliaritana è imputata insieme al cardinale Angelo Becciu.

"I legali di Cecilia Marogna - prosegue Sindoca - esigono senza eccezione alcuna che vi sia l’acquisizione di tale missiva agli atti del dibattimento, che si esperisca perizia grafologica e che si presenti a riferire in aula colui o colei che avrebbe ricevuto tale missiva ‘brevi manu' presso la Segreteria di Stato", "disconoscendo Cecilia Marogna tale cognome o pseudonimo o persona sui generis" e negando "di essersi mai occupata di operatività atta alla prevenzione e liberazione di ostaggi in territorio libico. Tale non meglio identificata signora Zulema - sostiene Sindoca- venne riferito fosse organica al Dis italiano già al tempo della inchiesta di cui al corrente processo".

Monsignor Perlasca, "su Palazzo Londra dissi subito che era una truffa"

"Appena l’ho saputo ho detto: questa è una truffa. Chiunque la fa, è un truffatore". Lo ha detto mons. Alberto Perlasca, teste chiave nel processo in Vaticano legato allo scandalo finanziario per la compravendita del Palazzo londinese di Sloane Avenue, nel corso dell’interrogatorio davanti al Tribunale. "Quando io dissi a Pena Parra che bisognava denunciare Torzi - ha aggiunto - sono stato messo da parte. Ne fui felicissimo e da allora non me ne sono più occupato".

Perlasca ha osservato ancora: "Quando ho saputo che Torzi aveva preso soldi due volte, quando aveva cioè acquisito le mille azioni con diritto di voto e quando queste erano state riacquistate dalla Segreteria di Stato, ho pensato: ‘Spero che li spenda tutti in farmacia". Interpellato dal promotore di giustizia Alessandro Diddi sul proprio ruolo nel processo in corso, Perlasca ha osservato: "Quale grande accusatore! Le cose le sapevano già tutti. Anche i media".

Riguardo ai finanziamenti versati alla Cooperativa Spes, Perlasca ha detto che "al contrario di altri versamenti del genere, grazie ai quali i beneficiari ricevevano somme per un massimo di trentamila euro, i versamenti in questione erano totalmente fuori sacco". Sempre a detta di Perlasca, Becciu, replicando alle perplessità avanzate da Tirabassi sulle modalità del finanziamento alla Cooperativa Spes, che ammontava a 100 mila euro e doveva essere erogato in una unica soluzione, avrebbe proposto di fare un versamento tramite lo Ior come contributo per la carità del Papa, ma, ha dichiarato Perlasca, "Becciu non disse mai che aveva l’autorizzazione del Papa".

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