Istituzioni responsabili morte Scialpi. Cercava di incassare un 13 da 38 anni - Affaritaliani.it

Cronache

Istituzioni responsabili morte Scialpi. Cercava di incassare un 13 da 38 anni

Antonio Amorosi

Ucciso dalla mancanza di giustizia. I figli di Martino Scialpi, l’uomo che nel 1981 aveva fatto 13 al Totocalcio, chiedono giustizia. E accusano le istituzioni.

E’ duro sapere della morte di uomo gentile, vecchia maniera, pieno di riguardi, con il quale hai parlato fino a qualche giorno prima. 

Era mite Martino Scialpi, venditore ambulante di 67 anni, originario di Martina Franca in provincia di Taranto. Ci siamo scambiati messaggi anche i primi di giugno. Dovevo scrivere un articolo che raccontasse la “verità” sulla sua tragica vicenda. Quella di uomo toccato dalla fortuna, aver fatto “13” al Totocalcio. Ma che la notte tra il 6 e il 7 giugno è diventata la storia di un uomo ucciso da un infarto dopo 38 anni di cause di ogni tipo contro lo Stato, senza poter incassare la sua vincita da un miliardo di lire. Premio che non gli è stato mai riconosciuto dal Coni. 

Pur non negando l’autenticità della schedina giocata in una tabaccheria di Ginosa, il Ministero delle Finanze e il Coni si sono sempre rifiutati di pagare. La matrice vincente del tagliando, hanno sostenuto gli enti, non sarebbe mai arrivata alla sede centrale del Totocalcio. Ma anche un tribunale ha riconosciuto la schedina come autentica.

 

“Ha fatto più cause di Berlusconi”, ci racconta il suo avvocato Guglielmo Boccia. Il contenzioso con lo Stato si apre addirittura nel 1987 con una prima assoluzione definitiva dall’accusa di truffa e la restituzione della schedina originale.

 

“Sapeva che la battaglia legale stava volgendo al termine, con buone possibilità di esito positivo per noi”, spiega Boccia ad Affaritaliani, con l’ipotesi di rivalutazione monetaria corrispondente a una decina di milioni di euro. Scialpi ha speso più di 500.000 euro in cause legali e fatti affini legati alla vicenda.

“Con la vincita nel 1981 mi potevo comprare una cinquantina di appartamenti. Oggi quei soldi non hanno lo stesso valore”, mi aveva detto prima di morire.

 

Scialpi aveva anche scritto un libro “Ho fatto 13”, parte di uno scontro durissimo con la burocrazia statale. 

Nel 2016 sono finiti indagati in 36 per abuso d’ufficio, tra loro i presidenti del Coni che si sono succeduti negli anni ma anche 11 magistrati dei Tribunali di Taranto, Bari e Roma, ufficiali della Guardia di Finanza, un dirigente dell’Azienda Monopoli di Stato e alcuni avvocati del foro di Roma, di Taranto e dell’Avvocatura dello Stato. 

 

“Non ci arrenderemo mai”, spiega Boccia “i familiari ritengono le Istituzioni responsabili moralmente della morte del proprio padre, imputando il suo decesso al malessere provocato dalle continue ingiustizie subite in questi anni, solo per avere difeso, sempre riponendo massima fiducia nei magistrati e nella giustizia, un diritto acclarato, avendo in mano la schedina originale di quella fatidica vincita del 1981.”

 

In questi giorni l’avvocato ha ricevuto dagli eredi la fiducia a continuare l’attività. L'avvocato Antonella Scialpi interverrà negli atti giudiziari come codifensore, “sia per una questione di carattere morale”, dice Boccia, “perché è giusto che la controparte sappia che un membro della famiglia Scialpi continuerà l'opera unitamente alla mia persona e sia per un obbligo giuridico che adesso darà continuità all'azione intrapresa da Martino Scialpi, attraverso sua figlia”. Speriamo solo non ci vogliano altri decenni.

 

Nel 2016 il giudice civile del Tribunale di Roma, Federico Salvati, aveva invitato le parti a trovare una conciliazione, convocandole anche per chiudere la vicenda. Risoluzione non accettata dal Coni. La società, “Sport e Salute” che fa da cassa al Coni è di nomina politica e sotto il settore Sport.