Cronache

Italiani in Venezuela? Una flebile speranza per il ritorno

Vincenzo Caccioppoli

Da tempo non si parla più del Venezuela e della sua crisi istituzionale ed economica, che dal 2013 ha messo in ginocchio uno dei Paesi più ricchi del Sudamerica

E' da tempo che non si parla più di Venezuela e della sua gravissima crisi istituzionale ed economica, che dal 2013 ha letteralmente messo in ginocchio uno dei paesi più ricchi del Sudamerica, grazie alle sue ingenti riserve petrolifere. Il regime di Chavez prima e del suo sodale Maduro poi hanno contribuito a portare il paese allo stremo e sull'orlo della guerra civile. La scarsa attenzione dei mass media non vuol certo dire che la crisi sia stata superata o che la popolazione si trovi in condizione migliori, anzi la situazione forse si è pure deteriorata in questi ultimi mesi. Nel paese, infatti, si registra una vera e propria crisi umanitaria, con milioni di persone ridotte allo stremo, che cercano, in tutti i modi, di lasciare il paese, che non è più grado di fornirgli beni di prima necessità, come cibo e medicine. All'inizio di novembre, i rifugiati e i migranti venezuelani nel mondo risultano essere circa 4,6 milioni. Quasi l’80 per cento si trova in Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, senza alcuna prospettiva di fare ritorno, nel breve o medio periodo. Se le tendenze attuali non cambiano, entro la fine del 2020 potrebbero essere 6,5 milioni i venezuelani ad aver lasciato il Paese. E non potrebbe essere altrimenti, considerando che  a seguito della grave recessione economica, il 94% della popolazione venezuelana, circa 30 milioni di persone, vive in uno stato di insicurezza alimentare e l’82% non ha accesso a fonti di acqua sicure. Le condizioni di salute hanno raggiunto livelli altrettanto allarmanti, con un tasso di mortalità materna che sfiora il 65%, per la mancanza di strutture sanitarie e pratiche igieniche adeguate. In questa situazione a dir poco tragica devono convivere anche circa 140.000 nostri connazionali, che avrebbero tutti i diritti giuridici e legali per poter fare ritorno in Italia. Eppure le difficoltà burocratiche che si incontrano negli uffici diplomatici a Caracas e a Maracaibo, come ci racconta un dirigente della Farnesina ,sono enormi e ritardano od impediscono la svolgimento delle pratiche necessarie all'espatrio. “I tempi di attesa per il rinnovo del passaporto sono minimo ad un anno. I dipendenti sono cinque e devono fare un lavoro enorme, anche perché le richieste sono tante. Ogni anno vengono rilasciati circa 30.000 passaporti, ma le richieste sono tre o quattro volte superiori”. Non a caso, il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) ha stabilito in assemblea plenaria (lo scorso 16 novembre 2018) di esigere dalle Autorità Italiane competenti la creazione del “Progetto di Accoglienza per Connazionali in rientro da territori di provata crisi umanitaria” che preveda la “semplificazione burocratica nel riconoscimento delle Certificazioni documentali possedute” (es. patenti di guida, titoli di studio) e “una maggiore facilità ad accedere al mondo del lavoro in Italia”. Questo perché ogni cosa come detto, richiede tempi lunghissimi e difficoltà difficilmente superabili per chi magari ha un reddito di pochi euro al mese. Dall’omologazione di un titolo di studio, alla conversione della patente di guida o al semplice rilascio della carta d’identità, tutto diventa una via crucis per chi ha lasciato l’Italia e ha bisogno di tornare. Lo ha confermato il segretario generale del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), Michele Schiavone: “Ci sono diverse migliaia di nostri connazionali, non solo dal Venezuela, in particolare dall’America Latina, che quando rientrano in Italia hanno difficoltà ad acquisire la documentazione necessaria per il soggiorno in Italia e a regolarizzare la loro posizione. Per questa ragione il CGIE è interessato a regolarizzare questa situazione di criticità, affinché anche i nostri che intendono rientrare non corrano il rischio di rimanere emarginati nella società italiana”. Il capo delagazione di Fratelli di Italia ha portato la questione anche al parlamento europeo, cercando di sensibilizzare le istituzioni di Bruxelles, su un problema che riguarda chiaramente non solo gli italiani, ma anche molti altri paesi europei, come la Spagna per esempio, che rappresenta la prima comunità estera in Venezuela. Proprio grazie al partito di Fidanza, Fratelli di Italia, alcuni emendamenti alla nuova manovra di bilancio potrebbe rappresentare un primo passo importante per  dare un po' di sollievo a queste centinaia di migliaia di connazionali all'estero in difficoltà. Nel contesto della Manovra di bilancio, infatti, sono stati approvati dal governo due emendamenti alla legge di Bilancio proposti appunto da Fratelli d’Italia: il primo permette di concedere il permesso di soggiorno umanitario ai venezuelani che hanno già fatto richiesta di cittadinanza italiana dal Venezuela e sono in attesa di risposta, e il secondo mette a disposizione 1 milione di euro da utilizzare tra il 2020 e il 2021 per velocizzare l’attività di riconoscimento delle pratiche di cittadinanza dei venezuelani. “Abbiamo risposto con i fatti, oltre che con le parole”, ha evidenziato il senatore Giovanbattista Fazzolari, firmatario della proposta che ha avuto l’approvazione dal governo e che sarebbe un’iniziativa senza precedenti nella storia italiana. “È anche importante perché indica un cambio di marcia, un’attenzione agli italiani nel mondo, che finora ne hanno avuta ben poca”, ha aggiunto. Si tratta di un primo piccolo passo, ma in un paese da sempre molto diviso sulla necessita di accogliere o meno i migranti, sembrava doveroso pensare anche a chi avendo tutti i diritti legali e giuridici desidera di fare ritorno in patria per necessità. La sensazione che si ha altrimenti è appunto quella di voler strumentalizzare la questione dei migranti a puri scopi politici. Il milione di italiani residenti in Venezuela forse grazie a questo emendamento non si sentiranno più come cittadini di serie B e non avranno la sensazione  di essere stati trascurati dai vari governi che ultimamente si sono avvicendati a Roma. Perché lì probabilmente non avranno ancora dimenticato la visita della delegazione 5 Stelle, guidata dell’onorevole Manlio Di Stefano, oggi sottosegretario agli Esteri, arrivata a Caracas nel 2017 per dare il proprio sostegno al regime di Maduro. Fu conclusa da un surreale pellegrinaggio alla tomba di Chávez. Lo stesso sottosegretario cinquestelle che ancora qualche mese fa definiva Guaidò, esponente della opposizione al regime Maduro, come un “golpista”. Fa specie che la politica nostrana pare ricordarsi degli italiani all'estero solo in occasione delle elezioni, quando si tratta di eleggere i loro rappresentanti al parlamento. Qualcuno invece, almeno per una volta senza nessuna finalità elettoralistica, ha voluto far sentire la propria vicinanza a chi in questo momento si trova in una situazione di forte disagio e vorrebbe rifarsi una vita nel paese che ha dato a loro o ai loro genitori i natali. Anche perché se da tempo ci si lamenta della fuga di cervelli dal nostro paese, che contribuiscono ad impoverire il materiale umano del paese, il rientro di tanti connazionali, che comunque si erano integrati in altri paesi, potrebbe rappresentare un valido surrogato a questa “emorragia umana” ed essere un punto di partenza per la ricostruzione di uno spirito ed una identità nazionale troppe volte dimenticate da chi in Italia ci vive e allo stesso tempo rimpiante invece da molti nostri concittadini all'estero.

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