Cronache

La Sicilia peggio della Romania: il 38% dei giovani è ai margini

La Sicilia arranca nella risposta al disagio sociale, nonostante sia in cima alle classifiche per povertà, rischio di marginalità e disoccupazione

Non studiano, non lavorano e  non si formano. Sono i giovani definiti "Neet" (Not in education, employment or training), la cui presenza in Italia è preoccupante, soprattutto in Sicilia, regione che detiene il primato di neet con un'incidenza del 38,6% della popolazione. La Sicilia arranca nella risposta al disagio sociale, nonostante sia in cima alle classifiche per povertà, rischio di marginalità, disoccupazione e per la non autosufficienza. La povertà assoluta è pari al 10,8% mentre in Italia si attesta al 6,4%; il tasso disoccupazione è del 21,8%, oltre dieci punti in più del resto del Paese, la percentuale dei Neet è del 38,6% e il rischio di esclusione sociale è del 52%. Anche i dati sulla dispersione scolastica sono negativi: fra il 2017 e il 2018 si registra un indice complessivo del 15% e la conferma che il fenomeno inizia sin dalla scuola primaria.

Le risorse ci sono, solo per il 2019 il Fondo nazionale politiche sociali ha assegnato all'Isola oltre 36 milioni di euro, pari al 9,35 % del totale. Alcuni interventi sono già partiti ma a mancare è la strategia d’insieme affinché la macchina del welfare sia pienamente attuata ed efficace in Sicilia. Per la Cisl, che ha riunito oggi a Palazzo d'Aumale a Terrasini, tutti i soggetti attivi nel sociale nell’isola, la chiave di volta è la complessiva riorganizzazione del sistema siciliano.

"Va ripensato e strutturato tutto il complesso sociale regionale, attraverso un unico progetto di investimenti e riforme", hanno detto Sebastiano Cappuccio, segretario generale della Cisl Sicilia e Andrea Cuccello, segretario confederale Cisl. Dal sindacato parte una proposta concreta al governo Musumeci: "Occorre un patto sociale per l'Isola - hanno proposto Cappuccio e Cuccello - che metta in rete gli assessorati, l'Anci, le imprese, i sindacati e il Terzo settore. Se si continua a operare secondo una logica di compartimenti stagni, non si riuscirà mai a raggiungere il risultato, peraltro comune a tutti, ovvero quello di favorire la crescita, la competitività e l'inclusione sociale".

La Cisl a Palazzo d'Aumale a Terrasini ha lanciato all'esecutivo regionale, agli enti locali, al mondo delle imprese e a quello del no profit, l'idea di un nuovo modello di sviluppo equo e sostenibile. "Chi pensa che il sociale non sia funzionale alla crescita economica e produttiva - hanno rimarcato Cappuccio e Cuccello - è fuori dalle dinamiche reali di progresso della società. L'investimento sul sociale rappresenta una leva di sviluppo e di modernizzazione del Paese, un buon funzionamento della macchina del welfare si traduce in un valore aggiunto per le casse pubbliche da un lato e in un ovvio miglioramento della qualità della vita per migliaia di persone. Non si tratta di assistenzialismo, ma di una strategia di assistenza che contrasti il disagio sociale e favorisca lo sviluppo".

Il governo regionale, presente all'iniziativa con Ruggero Razza, assessore alla Salute, e Antonio Scavone, assessore alla Famiglia, ha condiviso l'analisi della Cisl e ha ritenuto accessibile la proposta del sindacato confederale. Durante il convegno di oggi, la Fnp Cisl, con il suo segretario generale in Sicilia, Alfio Giulio, ha rilanciato la necessità di definire una legge quadro nazionale per la non autosufficienza. La Federazione dei pensionati della Cisl, insieme a Cgil e Uil, a breve avvierà una raccolta di firme per sollecitare il governo nazionale a varare questa norma "di dignità nei confronti di persone che oggi hanno lo status giuridico di cittadini solo a metà, dato che sono tagliati fuori dal contesto sociale".