Mafia, le mani su Messina: 30 arresti tra funzionari e imprenditori
Messina, smantellata cellula catanese di Cosa nostra: 30 persone in manette, da imprenditori a funzionari del Comune
Le mani di Cosa nostra su Messina. E' quanto emerge dall'operazione "Beta" dei carabinieri del Ros e del comando provinciale che ha smantellato una celluta catanese di Cosa nostra, con l'arresto di 30 persone.
L'indagine coinvolge esponenti della societa' che conta: professionisti, l'ex presidente dei costruttori di Messina, imprenditori, titolari di societa', funzionari del Comune: tutti connessi, spiegano gli investigatori, "a un disegno di gestione di interessi economici illeciti contrassegnati da riservatezza e reciproca affidabilita'".
Il blitz e' scattato nelle provincie di Messina, Catania, Siracusa, Milano e Torino, con il coordinamento del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dei sostituti Liliana Todaro, Maria Pellegrino e Antonio Carchietti per i reati di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, estorsione, corruzione, trasferimento fraudolento di valori, turbata liberta' degli incanti, esercizio abusivo dell'attivita' di giochi e scommesse, riciclaggio, reati in materia di armi. Per 10 degli indagati il Gip ha disposto la misura degli arresti domiciliari.
Dalle intercettazioni e' emersa, inoltre, la disponibilita' di armi da parte del gruppo e l'esistenza di collusioni con esponenti delle istituzioni finalizzati ad ottenere notizie su eventuali indagini in corso. Le indagini, avviate nel 2013, hanno consentito di riscontrare quanto gia' riferito da alcuni collaboratori di giustizia, documentando, per la prima volta, l'operativita' nel capoluogo peloritano di una cellula di Cosa nostra catanese, diretta emanazione della piu' nota famiglia mafiosa dei Santapaola e sovraordinata rispetto ai clan che tradizionalmente operano nei quartieri cittadini.
Grazie alle attivita' investigative (ed in particolare ai servizi tecnici), sono state, quindi, ricostruite le dinamiche associative del sodalizio ed il ruolo di vertice rivestito da Vincenzo Romeo, sotto la supervisione del padre, Francesco, e con la collaborazione dei fratelli Pasquale, Benedetto e Gianluca. I rapporti con l'articolazione territoriale di Cosa nostra catanese, basati anche su legami parentali (Francesco e Vincezo Romeo sono rispettivamente cognato e nipote di Nitto Santapaola, in quanto marito e figlio della sorella del boss Concetta), sono risultati solidi e perfettamente funzionali alle esigenze dell'associazione, come quando, dopo il sequestro per un valore di oltre 10 milioni di euro eseguito il 18 marzo 2014 dal Ros nei confronti dei fratelli Vincenzo Ercolano e Cosima Palma, eredi di Giuseppe Ercolano, quest'ultimo esponente di vertice della famiglia di Catania, Vincenzo Romeo ha dovuto farsi carico del finanziamento economico dei catanesi, colpiti dal provvedimento ablativo, vivendo quel frangente come una messa alla prova delle proprie capacita' di gestione economico-criminale.
I Romeo avevano peraltro collegamenti con clan della Sacra Corona Unita e della 'Ndrangheta. L'attivita' investigativa ha restituito l'immagine di un'entita' criminale ancorata alle tradizioni mafiose ma, al tempo stesso, moderna e capace di agire in maniera quasi silente, limitando al massimo il ricorso ai tradizionali "reati di visibilita'", tipici dell'associazione mafiosa, e di proiettare i propri interessi in diversi settori dell'imprenditoria, che non si e' limitata a sfruttare passivamente, ma che ha pesantemente infiltrato e finanziato. Il tutto grazie ad una non comune capacita' di interlocuzione con professionisti ed ambienti istituzionali, in un percorso trasversale in cui il ricorso alla violenza e' rimasto sullo sfondo, limitato ai momenti di particolare criticita' e nei rapporti con i clan di quartiere.