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Cronache
Mafia, superlatitante Gammino preso dopo 20 anni grazie a Google Maps
L'arresto di Gioacchino Gammino, latitante da 20 anni. Incastrato da Google Maps

Mafia, superlatitante Gammino fermato dopo 20 anni: incastrato da una foto di Google Maps. Ora l'ergastolo

La procura di Palermo ha posto fine alla latitanza, durata circa ventanni, di Gioacchino Gammino, boss agrigentino della “Stidda”, condannato all’ergastolo e pregiudicato per associazione di tipo mafioso, omicidio ed associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti. Gli uomini della Dia, coordinati dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, che a breve si insedierà a Roma, e dall’aggiunto Paolo Guido, erano sulle sue tracce dal 26 giugno 2002, quando evase dal carcere di Rebibbia. Il boss era stato arrestato per la prima volta nel 1984 nell’ambito di un procedimento che sfocerà nel primo maxi processo a Cosa Nostra a Palermo. All'epoca fu indagato dal giudice istruttore Giovanni Falcone.

Il superlatitante è stato scovato grazie a Google maps. Tutto è partito da uno scatto che ritraeva il lungo viale Avenida de los Voluntarios di Galapagar, comune spagnolo di quasi 26mila abitanti nei pressi di Madrid. Nella foto si intravede un bottega ortofrutticola, "El huerto de Manu" e davanti all’entrata due uomini che chiacchierano. Uno dei quali ha colpito gli investigatori per la somiglianza impressionante con Gammino.

Poiché quella bottega però è stata chiusa l’inchiesta si sposta in un ristorante vicino, "La cocina di Manu", attraverso un contatto telefonico, riporta Repubblica. Chiuso nel 2014 il locale però ha ancora attiva la pagina facebook. E' su questa, che tra le foto, viene rintracciato Gioacchino Gambino, alias lo chef Manuel. Sebbene il volto sia invecchiato, il 61enne di Campobello di Licata ha ancora una cicatrice sulla parte sinistra del mento.

"Come avete fatto a trovarmi? Da dieci anni non telefonavo più alla mia famiglia”, ha detto Gambino quando è stato arrestato il 17 dicembre scorso. Ora è atteso in Italia per scontare l’ergastolo. E' ritenuto uno dei componenti del commando che il 29 agosto 1989 a Campobello di Licata assassinò un passante per errore, nell'ambito della sanguinosa faida tra Cosa nostra e la Stidda, "mafia dei ribelli" diffusa nell'agrigentino ma anche nelle province di Trapani e Caltanissetta. 

 

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