Cronache

Manicomi, Roberta Basaglia (figlia di Franco) difende ancora il padre: il caso

Di Giuseppe Vatinno

La statua di Marco Cavallo osannato come il dio della nuova psichiatria. Il governo riapra i manicomi

Roberta Basaglia, la figlia di Franco, difende ancora il padre sulla legge che chiuse i manicomi

Apprendiamo che la famigerata “legge Basaglia” sulla chiusura dei manicomi è nata sui “divani” (sic) di casa Basaglia. Ce lo dice garrulamente la figlia Alberta, in una ennesima intervista al Corriere della Sera. Intanto Alberta Basaglia, che di professione è psicologa, li chiama gentilmente “matti” un po’ come gli antirazzisti che chiamano tranquillamente “negro” chi ha la pelle scura, ma si sa che a loro tutto è permesso perché lo fanno paternamente. Alberta parte coi ricordi del padre Franco, quello che ha “aperto i manicomi” facendo fuoriuscire, appunto, i “matti” all’esterno e lasciando tutti i problemi sulle spalle delle famiglie e della società. La prima impresa è stata quella di aprire il manicomio di Gorizia che il veneziano Basaglia dirigeva. Lo psichiatra e la sua famiglia vivevano all’esterno perché a suo dire, dentro il manicomio c’erano “persone legate, nude, buttate in un angolo” ed anche “persone che non avevano denti, spesso erano persone molto grasse”.

La statua di Marco Cavallo osannato come il dio della nuova psichiatria

Poi la psicologa ci rende edotti su come era la loro vita familiare soffermandosi sulla mitica figura di tal “Marco Cavallo”, che uno pensa sia un collega del padre ed invece è il cavallo che nel 1973 era utilizzato per trasportare la biancheria dentro e fuori il manicomio di Trieste. E fu proprio nel 1973 che ci fu il celebre corteo di seicento matti che fuoriuscirono dal manicomio San Giovanni di Trieste e guidati dallo psichiatra sfilarono in città. In testa al corteo la statua di cartapesta di Marco Cavallo, osannato come il dio della nuova psichiatria. Una impresa che avrebbe meritato una denuncia se non altro per il pericolo fatto correre ai cittadini di Trieste da un rappresentante delle istituzioni.

Un quadretto neorealista da fare impallidire registri del calibro di De Sica. Nel maggio del 1978, quindi esattamente 50 anni fa, il Parlamento approvava la legge 180 che chiudeva i manicomi. Premesso che in alcuni casi le condizioni dell’istituto manicomiale erano degradate -come Alberta Basaglia descrive- non si capisce perché invece di chiuderli non si siano semplicemente riformati dando piena dignità ai pazienti, dove ciò era necessario.

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Ma Basaglia affermava: “Il manicomio non si cambia si distrugge!”. Una affermazione che riecheggia un pericoloso slogan di quegli anni: “Lo stato borghese si abbatte, non si cambia!”. In Italia, come al solito, prevale l’eccesso di zelo e così da una cosa giusta si è passati all’opposto. Basaglia commise un errore madornale. Chiuse i manicomi lasciando nella più totale disperazione i pazienti e le loro famiglie e poco serve dire che la legge stessa è stata mal applicata. Quando si fa una legge occorre in primis prevedere quello che potrebbe non funzionare, cosa che non è stata fatta o, peggio, si era consci dei pericoli per la società ma si è fatto finta di niente in nome della ideologia.

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Basaglia ha inquinato la psichiatria con la filosofia. Ai neuroni c’ha messo dentro Marcuse, Sartre, Marx e Gramsci, noti pensatori di sinistra. Ha ideologizzato la scienza medica. Basaglia voleva fare “diversamente” e in un “altro modo” la psichiatria. Ma cosa significa "fare diversamente" e quale è esattamente l'"altro modo"? Fare diversamente significava per Basaglia un approccio umano al malato e chi potrebbe essere contrario? Il punto è che poi quando il matto diventa furioso è pericoloso per sé e per gli altri e hai voglia a parlargli di Sartre e Marcuse, quello prende la mira e spacca tutto ciò che trova e allora devi andarci giù di psicofarmaci e TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e non di filosofia. Basaglia faceva parte di una corrente culturale, chiamata “antipsichiatria”, figlia del ’68 che ha prodotto i ben noti danni in tutto il mondo e di cui ancora scontiamo le conseguenze. Il problema della malattia mentale non si risolve negandola. Che l’area di riferimento di Basaglia sia stata quella della sinistra lo dimostra anche il fatto che poi la moglie di Basaglia, Franca Ongaro, si è fatta due legislature consecutive in Senato come Sinistra Indipendente dal 1983 al 1992. 

Il governo riapra i manicomi

Ma veniamo alla attualità. Lo scorso aprile una psichiatra di Pisa, Barbara Capovani, è stata barbaramente aggredita ed uccisa da un suo ex paziente, ora in carcere, Gianluca Paul Seung. Il compagno della dottoressa ha esplicitamente dichiarato che la colpa è della legge Basaglia, cosa del resto del tutto evidente. Ne ho parlato qui

Solo qualche giorno fa una psichiatra dell’Asl di Napoli 1 è stata aggredita con una pistola da un paziente presso il Cim (Centro di igiene mentale). L’aggressore è finito in TSO -che qualcuno vuole abolire-ma la dottoressa lo ha stoicamente accompagnato nella struttura dove è stato trattenuto. Questa volta è finita bene, nonostante lo spavento. A Pisa è andata peggio. Il deputato leghista Edoardo Ziello vuole riaprire i manicomi Quante vittime dobbiamo ancora aspettare perché si ponga mano alla questione?