Cronache

Medici Senza Frontiere, un medico racconta l'emergenza Ebola in Congo

Il dottore epidemiologo Jérôme Kambale spiega ad Affari perché è partito per l’emergenza Ebola

Di Chiara Giacobelli

Jérôme Mastaki Kambale è nato in Congo, ma ha avuto l’opportunità di studiare medicina e poi specializzarsi in epidemiologia nel nostro Paese. Oggi è un affermato medico che lavora come ricercatore presso l’Università Politecnica delle Marche, ma quando c’è bisogno di una figura come la sua per emergenze sanitarie nei vari Paesi del mondo è sempre il primo a partire. Oltre alla passione che mette nella sua professione, è infatti un operatore di Medici Senza Frontiere, nota associazione umanitaria che nel 1999 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.

Attualmente MSF è attiva su vari fronti, uno dei quali riguarda l’epidemia di Ebola che sta colpendo l’Africa e di cui purtroppo molto poco si parla, considerandone la gravità. Si tratta infatti della peggiore epidemia di questo virus mai registrata in Repubblica Democratica del Congo: in un anno l’Ebola ha contagiato più di 2.900 persone, uccidendone oltre 1.900. MSF gestisce diverse attività legate all’epidemia a Kayna e Lubéru, in Nord Kivu, oltre a due Centri di isolamento per l’Ebola nelle città di Bwanasura e Bunia, nella provincia di Ituri. Da oltre sei mesi MSF supporta le attività di preparazione per un’emergenza Ebola a Goma, rafforzando il sistema di sorveglianza epidemiologica e garantendo un’adeguata capacità per gestire i casi sospetti.

Per fare tutto ciò c’è però bisogno di operatori con esperienza e coraggio, sensibili alla causa per cui lottano; medici come Jérôme, che prima di partire per questa importante missione ha rilasciato un’intervista ad Affari Italiani.

 

Puoi spiegarci nel concreto che cosa fanno i dottori di MSF una volta arrivati negli ospedali allestiti in Congo?

“La nostra attività è complessa e molteplice. In primo luogo ovviamente curiamo i malati, cercando di salvare il maggior numero possibile di vite umane. Tuttavia ciò non basta: occorre svolgere una massiccia attività di prevenzione per fermare l’epidemia e tessere reti di relazioni che permettano sia ai Governi sia ai medici locali di possedere gli strumenti per affrontare l’emergenza anche in nostra assenza”.

 

Quali sono le cure oggi disponibili per l’Ebola?

“Di base antibiotici e molta idratazione, oltre a un necessario isolamento per evitare la trasmissione del virus. È in fase di sperimentazione anche un vaccino, a cui io stesso mi sono sottoposto, e che al momento sembra dare ottimi risultati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha fatto sapere che il vaccino sperimentale recentemente sviluppato è risultato efficace nel 97,5% dei casi: un’ottima notizia”.

 

MSF non si limita a inviare operatori internazionali, ma punta molto sulla collaborazione con i professionisti del posto. In che modo?

“Cerchiamo di coinvolgere medici, infermieri e altre figure professionali del settore nella nostra attività, trasferendo loro le conoscenze e le tecnologie che possediamo attraverso appositi corsi di formazione. Ciò è fondamentale perché Medici Senza Frontiere si occupa soltanto delle emergenze, quindi una volta lasciato il campo la popolazione locale deve essere in grado di prevenire e affrontare da soli eventuali epidemie o malattie”.

 

Quali sono le difficoltà maggiori che hai riscontrato in tanti anni di missioni all’estero?

“La diffidenza da parte delle popolazioni del posto. La loro storia e i soprusi subiti hanno portato le persone ad essere completamente sfiduciate nel prossimo, come pure nella scienza e nel progresso della medicina. Per questo motivo cerchiamo sempre di coinvolgere le comunità locali nella riposta alle emergenze”.

 

Che cosa ti spinge a partire con MSF?

“Io sono un utopista, credo che un giorno in questo mondo tutte le persone avranno accesso alla stessa sanità e agli stessi diritti. Forse è solo un sogno, ma per me è importante fare ciò che posso nel mio piccolo, seguire i miei ideali. Ogni volta che salvo la vita di una persona sento che sto andando nella direzione giusta”.

 

In che modo ognuno di noi può fare la sua parte?

“Per diventare operatore umanitario di MSF sono necessarie competenze, professionalità e una certa attitudine. Chi pensa di possederle può mettersi in contatto con l’organizzazione e presentare la propria candidatura, poiché c’è sempre più bisogno di aiuto. Inoltre, tutti possono fare qualcosa, attraverso una donazione o iscrivendosi come volontari attivisti presso il gruppo di MSF più vicino. Le attività svolte sono tante, variegate e, oltre a un modo per fare del bene, è anche un’ottima forma di socializzazione”.    

 

 

 

Per maggiori informazioni: www.medicisenzafrontiere.it.