Cronache
Migranti, Sea Watch: "Non sbarcheremo i naufraghi a Tripoli"

Per la prima volta la guardia costiera di Tripoli assegna ad una nave umanitaria un porto di sbarco in Libia. Una evidente provocazione ma anche una trappola visto che nessuna Ong porterebbe mai migranti indietro. "La Seawatch non sbarcherà i naufraghi in Libia. Tripoli non è un porto sicuro. Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare è un crimine. E' vergognoso che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi UE ne siano complici".
E' Matteo Salvini ad aggiornare sui movimenti della nave. "Si sta muovendo verso la Tunisia". Ma adesso l'ultimo tracciato mostra un cambio di rotta, da ovest verso nord, prua verso Lampedusa. Le acque territoriali italiane sono lontane poco meno di cento miglia. La Ong non conferma nulla sulla sua rotta.
Alla Sea Watch, che ieri ha soccorso 53 migranti in zona Sar libica, le autorità hanno indicato questa mattina fa il porto di Tripoli, ma è escluso che la Ong accetti di portare i migranti indietro in un porto ovviamente non ritenuto sicuro. Probabilmente di concerto con l’Italia dopo l’approvazione del decreto sicurezza bis, per la prima volta la Libia offre ad una Ong un porto di sbarco sapendo già che l’indicazione non verrà seguita.
E non a caso e’ proprio il Viminale a darne notizia annunciando che se la Sea Watch non dovesse obbedire si metterebbe nelle condizioni di dover essere sanzionata secondo le nuove norme previste dal decreto sicurezza bis. “La nave illegale, dopo aver imbarcato 52 immigrati in acque libiche, si trova ora a 38 miglia dalle coste libiche, a 125 miglia da Lampedusa, a 78 miglia dalla Tunisia e a 170 miglia da Malta. Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco. Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente”, dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
I legali di Sea Watch annunciano una querela per diffamazione nei confronti di Salvini per le dichiarazioni diffuse ieri dopo il soccorso. “Dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa insultando la Ong e l’operato della sua nave; operato che si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio - dicono - Occorre precisare che le autorità libiche non hanno dato alcuna indicazione alla nave della Ong da noi rappresentata la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico. Il Ministro sa bene che fare rientrare chi fugge da guerre, violenze e soprusi in un paese che non è qualificato come “porto sicuro”, in costante guerra civile, costituisce una gravissima violazione dei diritti umani, del diritto del mare e del diritto dei rifugiati.
ECCO IL TESTO DELLA DIRETTIVA
“Sea Watch 3” – Intervento di soccorso del 12 giugno 2019 in area SAR libica. Direttiva ex articolo 11 del d.lgs. n. 286/1998 recante il Testo Unico in materia di immigrazione.
VISTO l’articolo 1 della Legge 1° aprile 1981, n. 121, recante il nuovo ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, in forza del quale il Ministro dell’Interno, Autorità Nazionale di pubblica sicurezza, è responsabile della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ha l’alta direzione dei relativi servizi, coordinando in materia i compiti e le attività delle Forze di polizia e adottando i conseguenti provvedimenti;
VISTO il decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, recante il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, con particolare riferimento all’articolo 11, comma 1 bis, a norma del quale il Ministro dell’Interno, sentito, ove necessario, il Comitato Nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana;
VISTE le proprie Direttive n. 14100/141(8), datate 18 marzo 2019, 28 marzo 2019, 4 aprile 2019, 15 aprile 2019 e 15 maggio 2019, recanti disposizioni per il coordinamento unificato dell’attività di sorveglianza delle frontiere marittime e per il contrasto dell’immigrazione illegale ex art. 11 del decreto legislativo n. 286/1998;
CONSIDERATO che gli interventi da parte di imbarcazioni private in determinate e circoscritte aree di mare, che si risolvono nel preventivato ed intenzionale trasporto dei migranti verso le coste europee, concretizzano, anche per le attività di pubblicizzazione, una cooperazione “mediata” che, di fatto, incentiva gli attraversamenti via mare di cittadini stranieri non in regola con il permesso di soggiorno e ne favorisce obiettivamente l’ingresso illegale sul territorio nazionale;
CONSIDERATO che le strategie criminali dei trafficanti di migranti, pur in difetto di concertazione o collusione, sfruttano l’anzidetta attività in mare svolta da imbarcazioni private;
CONSIDERATO che la suddetta attività, svolta con modalità sistematiche, accresce il pericolo di situazioni di rischio per la vita umana in mare, in quanto la chiamata di soccorso quale modus operandi utilizzato dai trafficanti per realizzare l’ingresso illegale dei migranti sul territorio nazionale, presuppone la predeterminazione di una situazione di distress, con conseguente, intenzionale messa in pericolo dei migranti stessi, determinando, altresì, a prescindere dalla configurabilità di ogni altra responsabilità, la violazione delle norme nazionali ed europee in materia di sorveglianza delle frontiere marittime e di contrasto all’immigrazione illegale;
CONSIDERATO, inoltre, che la suddetta attività può determinare rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto trattasi nella totalità di cittadini stranieri privi di documenti di identità e la cui nazionalità è presunta sulla base delle rispettive dichiarazioni;
RILEVATO che la nave Sea Watch 3, battente bandiera diversa da quella italiana, ha, in più occasioni, svolto le descritte attività in aree che non rientravano nella responsabilità SAR (Search and rescue) italiana, operando d’iniziativa, così di fatto sottraendosi al coordinamento SAR delle Autorità straniere legittimamente responsabili ai sensi della vigente normativa internazionale, ovvero non ottemperando alle istruzioni emanate dalle competenti Autorità;
RILEVATO che, da informazioni acquisite dal Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo, risulta che la nave Sea Watch 3, a seguito di intervento effettuato ieri in area SAR libica, ha preso a bordo 52 migranti e che, dopo aver chiesto e ottenuto la concessione di un POS alla Libia (Paese più vicino al punto di trasbordo), ha disatteso tale richiesta preannunciando la volontà di una diversa destinazione;
CONSIDERATO che dalla suddetta condotta della nave Sea Watch 3, anche in ragione del pregresso reiterato modus operandi e, in particolare del sopra citato comportamento contraddittorio, può ragionevolmente evincersi l’intenzione dell’assetto navale di condurre attività analoghe alle precedenti condotte finalizzate al preordinato trasferimento in Italia di migranti in condizione di irregolarità, per le quali pendono procedimenti penali per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina;
VISTA la Convenzione di Montego Bay (art. 19) che, nel disciplinare il passaggio “non inoffensivo” di un’imbarcazione, cui consegue un “pregiudizio al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero”, fa riferimento anche all’ipotesi di “carico e scarico” di persone in violazione delle leggi e dei regolamenti in materia di immigrazione;
CONSIDERATO che per ciò che attiene, più direttamente, all’attività di controllo delle frontiere, il cui coordinamento è riconducibile alla diretta responsabilità dell’Autorità Nazionale di pubblica sicurezza, un eventuale transito della nave Sea Watch 3 nell’area marittima di competenza italiana in violazione delle disposizioni in materia di immigrazione si configurerebbe, necessariamente, quale passaggio “non inoffensivo”;
DISPONE
di vigilare affinché il comandante e la proprietà della nave Sea Watch 3:
- si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare;
- rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi;
- non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale, europea ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti Autorità.
Le Autorità di polizia destinatarie del presente atto ne cureranno l’esecuzione, a partire da ogni possibile forma di diffida, nonché di intimazione di divieto di ingresso e transito nelle acque territoriali, in caso di eventuale avvicinamento dell’imbarcazione in acque di responsabilità italiane.