Cronache

Mughini contro il marxismo-leninismo della Balzerani: "Non si è mai pentita"

Di Giuseppe Vatinno

Ma lui non era il direttore di Lotta Continua? "Il Comunismo è per sempre”, come un diamante

Mughini e il caso Balzerani. "Mi sarebbe piaciuto guardarla negli occhi e..."

Giampiero Mughini ce l’ha con Barbara Balzerani “che non si è mai esplicitamente pentita…il punto cruciale non è il pentimento a decenni di distanza dal momento in cui lei ed altri premettero il grilletto: il punto è che la loro era solo bestialità, che altro non erano assassini da strada invasata da quella porcata ideologica stratosferica che è stato il marxismo – leninismo nel Novecento”. “Eccome se mi sarebbe piaciuto incontrare e parlare guardandoci negli occhi con Barbara Balzerani la "primula rossa" del terrorismo di sinistra che ha appena chiuso la sua vita. Così pure, se potessi andrei in capo al mondo pur di avere di fronte l'ex suo compagno nelle Br Mario Moretti, l'uomo che da distanza ravvicinata tirò una scarica di mitra contro l'Aldo Moro inerme rannicchiato nel bagagliaio di un'auto Renault. Del resto è lui stesso ad aver detto nel bellissimo libro/intervista con Rossana Rossanda che è un'immagine e un momento il cui ricordo straziante lo accompagnerà per tutta la vita”.

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E poi ancora seguita lo scrittore: “La Balzerani continua a usare come una chiave passepartout il termine "rivoluzione", e come se quel termine alleviasse l'efferatezza dei loro omicidi di gente che stava andando al lavoro. L'abbiamo fatto in nome di un grande ideale, aveva l'aria di dire la Balzerani. Quale ideale? Quello di una società in cui appena loro avessero preso il potere, alla mattina presto gli operai delle grandi catene industriali si sarebbero riuniti in assemblea e giorno dopo giorno avrebbero indicato cammino e valori di una società? Possibile che una tale porcata, un tale vaniloquio ideologico smentito dalle dure occorrenze di tutto un secolo, continuasse ai loro occhi ad avere una sua percentuale di fascino?”.

Infine il punto – chiave: “Potrei citare episodi consimili a decine. Sempre, appena si sono pentiti, tornavano ad essere i miei compagni di generazione. Eravamo fatti della stessa pasta, avevamo letto gli stessi libri, per un tratto dei sessanta avevamo pronunziato le stesse parole, quelle porcate ideologiche non è che non avessero avuto un certo fascino sui miei vent'anni di "provinciale" che cercava un suo destino nel mondo” Ecco Mughini ammette che i brigatisti, dopo essersi pentiti, “tornavano ad essere i miei compagni di generazione” e di avere subito a vent’anni, il fascino di “quelle porcate ideologiche”. Mughini è un intellettuale sui generis, uno scrittore e un giornalista che ha raccontato gli anni di piombo in diversi libri, avendo vissuto personalmente quegli eventi, una sorta di memoria storica del Movimento.

Ma Mughini è anche stato direttore responsabile di “Lotta Continua”, il giornale che ha svolto una lunga campagna di odio terminata con l’omicidio del commissario Luigi Calabresi. Nato a Catania, fonda e dirige “Giovane Critica” che con “Quaderni piacentini” indicherà agli studenti la strada verso il Sessantotto. È tra i fondatori de “Il Manifesto” nel 1969 anche se lo lascerà dopo solo tre mesi per incompatibilità con gli altri giornalisti. Poi l’esperienza già detta di “Lotta Continua”, la cui direzione lascerà nel 1971. Nel 1978 interpreterà magistralmente sé stesso in “Ecce Bombo” di Nanni Moretti con cui lavorerà ancora in “Sogni d’oro” nel 1981, sul mondo della televisione. Negli anni ottanta si manifesta la crisi già preannunciata in “Sogni d’oro”. Mughini scrive “Compagni, addio. Lettera aperta alla Sinistra” ed anni dopo, nel 2009, e nel libro “Gli anni della peggio gioventù".

L’omicidio Calabresi e la tragedia di una generazione” se la prenderà con gli ex amici. La “svolta” è sancita da un documentario del 1980, “Nero è bello” su Rai 2 in cui racconta il mondo del neofascismo giovanile. Viene radiato dall’albo dei giornalisti perché, seppur sospeso per uno spot sui telefonini, scrive due articoli ed ora l’Ordine, da sempre in mano alla sinistra, si vendica per la sua svolta. È un bibliofilo che possiede una biblioteca di 20.000 libri ed è ospite fisso su Mediaset. Mughini ha fatto parte di quell’humus intellettuale, lo stesso della Balzerani pur non essendo certo un brigatista. Ha condiviso quella visione dell’esistenza, quella Weltanschauung. È una visione fatta di ideali sbagliati, di ideologia, ma soprattutto di tanta rabbia repressa che per alcuni è sfociata nel terrorismo. È fatta di serate con la pasta al tonno e il vino rosso come l’ideologia, tutti riuniti intorno a un tavolo ad esaltarsi con la “rivoluzione”, vestiti con maglioni infeltriti e gli uomini adornati con le barbe cubane a farsi grandi con le donne proto-femministe. È facile con il senno di poi parlare di “quella porcata ideologica stratosferica che è stato il marxismo – leninismo nel Novecento”, ma lui quella porcata, come la chiama, l’aveva abbracciata e pienamente condivisa.

E il marxismo-leninismo si porta con sé automaticamente la violenza perché essa è sdoganata in vista del fine supremo della Rivoluzione proletaria che fa a pugni con la realizzazione del Socialismo reale fatto di file per la spesa, povertà, mancanza di libertà, regime, sopraffazione. L’analisi marxiana era una analisi superficiale ed ingenua che ha ingannato il mondo e che non teneva conto della natura umana, un’analisi che ha fatto presa sui ragazzi arrabbiati delle tante periferie e dei tanti tempi della Storia, indicando una falsa via di riscatto sociale: quella della violenza proletaria. Il Comunismo è il “Dio che è fallito” per citare il libro di Ignazio Silone che racconta la personale disillusione dell’autore per il socialismo reale. Eppure Mughini quel dio lo aveva adorato, anzi era stato un suo sacerdote, un sacerdote di un basso culto. Il Comunismo è un dio geloso e non basta un libro – lettera come quello scritto da Mughini agli ex “compagni” per liberarsene. Occorre più analisi, meno semplificazione. Il “Comunismo è per sempre”, come un diamante caro Mughini.