Cronache
Il naufrago sopravvissuto 15 mesi in mare accusato di cannibalismo
di Mattia Deidonè
Aver mangiato il proprio compagno per sopravvivere. È l’accusa rivolta a Salvador Alvarenga, il naufrago salvato dalle acque nel gennaio 2014 dopo 15 mesi in balia dell’oceano.
Salpato nel novembre 2012 dal Messico per una due giorni di pesca, aveva ingaggiato il ventiduenne Ezequiel Cordoba per accompagnarlo. Ma una tempesta aveva mandato i sistemi di comunicazione fuori uso e aveva disperso le provviste. Così i due sono andati avanti per mesi mangiando pesci e uccelli e bevendo acqua piovana e sangue di tartaruga.
Prima che Cordoba morisse, Alvarenga gli aveva promesso che sarebbe andato da sua madre a raccontarle cos’era successo. E così fece nel marzo 2014, due mesi dopo il suo salvataggio nelle Isole Marshall, in Oceania.
Ma ora la famiglia di Cordoba gli chiede un milione di dollari per essersi cibato di Ezequiel, anche se l’uomo ha sempre detto di aver gettato il corpo in mare. E la denuncia segue di qualche mese la richiesta di avere il 50% dei proventi del libro scritto da Alvarenga sui suoi mesi alla deriva. Ma le sole 1500 copie vendute non hanno prodotto un grande guadagno da spartire.
Alvarenga deve affrontare anche un’altra azione legale, quella del suo ex avvocato che l’ha chiamato in giudizio per averlo scaricato per assumere un avvocato americano. E anche in questo caso la richiesta di indennizzo è di un milione di dollari.