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Papa Francesco: “guerra” alle app che vendono sacramenti e preghiere. Le nuove regole per le offerte in chiesa
Il moltiplicarsi dei casi di Simonia, spinge il Vaticano a normare le donazioni per fedeli e sacerdoti. In vigore da Pasqua



Papa Francesco apre la “guerra” alle app che vendono sacramenti e preghiere. Le nuove regole per le offerte in chiesa
Sono peccatori coloro che fanno offerte in Chiesa per messe in suffragio di defunti o per ricevere i sacramenti e peccatori preti e parroci che li vendono. Papa Francesco tuona contro un “vecchio peccato della Chiesa”, la Simonia, e detta le nuove regole per le offerte da parte dei fedeli: non più di una per ciascuna funzione e, nel caso fossero di più, i richiedenti dovranno essere informati.
Attacco frontale a preti e finti preti che usano le app per far soldi
Non solo nuove regole etiche per i celebranti e i richiedenti, ma anche e soprattutto un messaggio al “commercio” di confessioni e preghiere in vendita con la scusa dell'offerta attraverso le app che commerciano sacramenti come la celebre pray4me e “simili”.
Da Pasqua si cambia
Il Dicastero vaticano per il Clero oggi ha reso noto un decreto che ha ricevuto l’ok del Papa e che entrerà in vigore la Domenica di Pasqua che disciplina le intenzioni delle Messe e le offerte ad esse collegate, con l'intento di fornire ai sacerdoti e ai fedeli regole più chiare e trasparenti, ed eliminare "talune prassi che - così si legge nel testo -, abusivamente si sono verificate in vari luoghi".
Le nuove regole
Nel testo si legge che “occorre soprattutto tenere presente le disposizioni del can. 848 Cic il quale stabilisce che il ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente autorità, per l’amministrazione dei sacramenti non domandi nulla, evitando sempre che i più bisognosi siano privati dell’aiuto dei sacramenti a motivo della povertà”. In questo caso l'offerta dovrebbe essere dunque solo a discrezione dei fedeli. "La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c'è posto per ciascuno con la sua vita faticosa", si legge nel documento.
Il principio del consenso informato
Il decreto stabilisce poi che “solo nel caso in cui i donatori dell’offerta siano stati opportunamente informati e abbiano espresso il proprio accordo [esplicito consenso], si possano raccogliere più offerte per un’unica celebrazione della messa, e che tale celebrazione non sia quotidiana, onde evitare di ingenerare una prassi comune e al fine di mantenere il carattere dell’eccezionalità”.
Offerte per messe collettive: le disposizioni
Il decreto, nel dettaglio, osserva che rimanendo “fermo il can. 945 Cic, se il concilio provinciale o la riunione dei Vescovi della provincia, tenendo conto di condizioni quali, per esempio, il numero dei sacerdoti rispetto alle richieste di intenzioni o il contesto sociale ed ecclesiale, nei limiti della propria giurisdizione lo dispone per decreto, i sacerdoti possono accettare più offerte da offerenti distinti, cumulandole con altre e soddisfacendovi con una sola messa, celebrata secondo un’unica intenzione “collettiva”, qualora - e soltanto qualora - tutti gli offerenti ne siano stati informati e liberamente abbiano acconsentito. Tale volontà degli offerenti non può mai essere presunta; anzi, in assenza di un consenso esplicito, si presume sempre che non sia stata data”.
Offerte multiple, una sola resta al celebrante
Ancora: “Nel caso di cui al § 1, al celebrante è lecito tenere per sé l’offerta di una sola intenzione. Ogni comunità cristiana sia attenta a offrire la possibilità di celebrare messe giornaliere di intenzione singola, per le quali il concilio provinciale o la riunione dei Vescovi della provincia fissano lo stipendio stabilito. Fatto salvo il can. 905 Cic, qualora il sacerdote celebri legittimamente l’Eucaristia più volte nello stesso giorno, se necessario e richiesto dal vero bene dei fedeli, può celebrare differenti Messe anche secondo intenzioni 'collettive', restando fermo che gli è lecito trattenere, quotidianamente, una sola offerta per una sola intenzione tra quelle accettate”.