Cronache

Procuratore di Roma, sgarbo a Mattarella. Chiedeva più indagini, no di Davigo

Il presidente della Repubblica aveva chiesto un supplemento di audizioni prima di votare, ma 3 membri, tra cui Davigo, hanno deciso lo stesso di procedere

Procuratore di Roma, sgarbo a Mattarella. Chiedeva più indagini, no di Davigo

Il caso Palamara che ha scosso tutto il mondo della magistratura, non smette di regalare colpi di scena. Come se non bastasse l'inchiesta che ha messo in ginocchio il Csm, adesso si aggiungono nuovi particolari, che rendono la questione sempre più intricata. Uno scontro al massimo livello istituzionale, - si legge sulla Stampa - con il Csm che respinge, fino a metterne in dubbio la legittimità, una formale richiesta del suo presidente, che è anche capo dello Stato, Sergio Mattarella. È lo spaccato che emerge dai verbali, finora inediti, del Csm tra il 13 e il 23 maggio 2019. I giorni (e le notti, racconta il trojan nel cellulare di Palamara) dei lunghi coltelli per conquistare la Procura di Roma. Il 23 maggio, c’è un colpo di scena. Si presenta Davide Ermini, il vicepresidente «al solo scopo di illustrare di persona» la richiesta delle audizioni, giocando l’ultima, e più pesante, carta: Mattarella, «che non ha mai avuto e non ha intenzione di interferire con la commissione», ma solo «invitarla a tenere conto di tutti gli elementi», come «le audizioni dei concorrenti disposte in casi analoghi in passato, che possano rafforzare le decisioni, incrementando la possibilità che reggano all’impatto con gli eventuali contenziosi».

Ma il fronte pro Viola - prosegue la Stampa - non arretra. Vuole chiudere la partita. L’avvocato Basile contesta la richiesta proveniente «dall’esterno della commissione», ovvero dal Quirinale. Morlini, Suriano e Gigliotti difendono la legittimità dell’intervento di Mattarella, ma Davigo mette la pietra tombale: «Contrario. A mio giudizio la pratica è istruita a fondo e pronta per la decisione». E Lepre aggiunge che «l’audizione è un atto sostanzialmente inutile», lamentando «indicazioni contraddittorie» dall’alto. Aprendo il voto, Morlini mette a verbale che il no a Mattarella sarebbe «uno sgarbo istituzionale». Inutile. Tre a tre. Il pareggio equivale, per regolamento, a no. Viola ottiene 4 voti su 6. Il resto è storia. Anzi cronaca. Giudiziaria.