Cronache
Emergenza, Fais: “Prolungarla? Buffonata. Governare con la paura è pericoloso"
Intervista al medico Fais dirigente all'Iss: "La paura? Malattia che ci rende deboli al virus. La pandemia è stata gestita con il terrore. Le conseguenze..."
Il dottor Stefano Fais è un dirigente di ricerca del Dipartimento di Oncologia Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità, per 8 anni è stato direttore del reparto Farmaci Antitumorali sempre all’Iss, fra l’altro con numerosi lavori di ricerca in virologia ed un post-dottorato in Virologia. Di recente ha scritto “La terapia antiacida per la cura dei tumori”, un libro innovativo sulle terapie alcalinizzanti per combattere i tumori.
Dottore, ha scritto che prolungare l'emergenza è una buffonata. Perché?
“Non ci sono dati scientifici che lo provano e stanno gestendo il Coronavirus con la paura. Ma la paura è una malattia che indebolisce e rende più fragili. Così masse di persone vengono rese facilmente prede proprio dei virus. La decisione di prolungare l’emergenza non ha motivazioni reali legate al virus ma è politica. Questo però alla gente non è stato chiarito".
Perché dice che non ci sono delle motivazioni reali? Molti dicono che il virus stia circolando. Ci spiega?
"Il problema del virus che sta circolando l’ho spiegato 1000 volte. Noi conviviamo con i virus. Siamo pieni di virus nel nostro genoma. Ci sono virus come l'Ebv virus ad esempio di cui il 95% della popolazione è infetto e causa la mononucleosi infettiva. O il virus della varicella. In chi l'ha avuto si nasconde nei gangli nervosi delle persone che nei momenti di stress e di malattie comunissime scompensate, come il diabete, si manifesta come il più comune Fuoco di Sant'Antonio. Il nostro genoma è stracolmo di sequenze retrovirali simili al virus che causa l'AIDS. Non si dice alla gente che essere positivi non vuol dire essere malati. Avete mai sentito un portavoce del governo o qualcuno che si occupa di Coronavirus dire che essere positivi non vuol dire essere malati? Potremmo discutere anni sulla validità dei test in cui si risulta positivi. Nessuno neanche del comitato tecnico scientifico ha posto dubbi sul test che si chiama tampone. Viene fatto un esame che da una quantità abissale di falsi positivi e di falsi negativi."
Lei è ben consapevole che ci sono degli esperti che consigliano il governo…
"Io non so quanto questi esperti siano stati liberi, fino in fondo, di dire tutto quello che pensano. Perché dietro questa decisione ci sono delle motivazioni politiche".
Lei insiste su questa parola. Ma cosa intende per motivazioni politiche?
"Si è voluto prolungare questo periodo perché forse fa comodo a qualcuno ma sicuramente ha poco a che fare con la pandemia e con il quadro analitico che vediamo. Questa pandemia ha dei risvolti molto oscuri".
Tipo? Che cos'è che l'ha colpita in particolare?
"In Italia queste infezioni ci sono state in un periodo molto ristretto, soprattutto in Lombardia e molto meno altrove. Alcune regioni di fatto non sono state neanche toccate. Sul perché questo sia avvenuto in quella zona non ho elementi scientifici per poterlo spiegare. Ma l'impressione è che dietro la decisione di prolungare l’emergenza ci sia una volontà politica. Perché dal punto di vista medico, della salute, è molto gonfiata questo tipo di decisione".
Di fondo cosa pensa?
“Gli italiani sono un popolo che non si ribella. L'Italia è il paese degli impiegati pubblici, ed io so che significa perché lavoro in un posto pubblico. Prolungando lo smart working continui a pagare chi se ne sta comodamente a casa. Premetto che io, come le persone che lavorano con me, per poter continuare a fare il nostro lavoro, che non poteva essere svolto da casa, sono dovuto andare negli uffici, anche se caldamente invitato a starmene a casa. Ma direi che siamo stati mosche bianche. Hanno accontentato gli statali, li hanno comodamente messi in poltrona raccontando il terrore e la gente impaurita ha creduto a quello che dice l'establishment. Ma prova a ridurre gli stipendi agli statali in Italia e vedi che succede...”.
C'è chi come il direttore del quotidiano La Stampa ha posto di recente una questione sull'esistenza di un non ben precisato ‘Ordine mondiale’ e ha parlato di elite. Ho letto le sue dure critiche a questo modo di esprimersi. Ci sono delle elite che vogliono prolungare questa emergenza?
"C'è un'idea politica, un'idea strategica. Mentre in generale la gran parte dei giornalisti che vanno in tv o sono in prima linea, quando dicono delle cose spiegano cosa intendono, qui si è buttato in mezzo al mazzo un discorso sull'Ordine mondiale ma senza spiegare. Sembra un avvertimento. E poi non capisco perché ci siano argomenti di cui in tv non si può mai parlare come ad esempio che cos'è il Deep State? Esiste? Quando ci sono quesiti senza risposta uno si pone la domanda".
La preoccupano questi luoghi in cui si prendono decisioni non su base scientifica ma che si mascherano per tali?
"Si, parlo da un'esperienza di circa quarant'anni in cui ho fatto il ricercatore e anche il medico. Se si vuole pensare alla salute della gente dico, da medico, perché terrorizzarla? Perché questo è il modo per terrorizzarla, senza spiegare mai su che base vengono prese decisioni e fatti certi discorsi. La paura è una malattia. Chiunque abbia un po' di senno e visione sa che una persona impaurita è più predisposta a qualsiasi tipo di malattia. Se si vuole pensare alla salute della gente non si deve usare la paura e il terrore”.
Perché si è affrontata così la pandemia?
“Dal punto di vista del ricercatore è naturale porsi l'interrogativo: come sono state affrontate, dal punto di vista della salute negli ultimi quarant'anni, le malattie più gravi e trasmissibili che possiamo identificare con l'AIDS e poi con l'attuale Coronavirus? Uno con il preservativo e con il distanziamento e l'altro con le mascherine e il distanziamento. E allora bisogna chiedersi come è progredita la conoscenza in ambito medico".
Lei in pratica mi sta dicendo che siamo dentro un corto circuito in cui qualcuno ci marcia. Se usiamo come metodo di massa gli stessi mezzi utilizzati 100 anni fa per fermare l’epidemia detta Spagnola qualcosa non torna… c’è una strategia che si è inserita nella confusione...
"Appunto, come con la pestilenza perché si è parlato di pestilenza. Ma quello che stiamo vivendo non ha nulla a che fare con la pestilenza, proprio niente perché si è creato un livello di confusione che ha come unico scopo quello di creare il terrore. C'è evidentemente qualcosa che non va quando si pubblica il numero di nuovi positivi al Coronavirus, di 2-300, e poi di fianco si mette il numero dei morti giornalieri che va da 1 a 12. Si cerca di seminare la paura anche se vediamo che a fronte dei numeri reali non ha senso”.
E perché accade?
“Perché si vuole mantenere il terrore. Un livello alto di paura".
Quindi lei vede un problema di fondo in questo modello di comunicazione, anche perché la gente poi non crede più a quanto gli si dice...
"Sì, perché nessuno ha spiegato, neanche Anthony Fauci, le trappole di questo tipo di approccio che è diventato mondiale ma che è servito a seminare il terrore".
Lei è anche autore di un libro innovativo, come chiave di lettura per la cura alle malattie tumorali. Ci spiega qual è la scoperta che ha fatto?
"Sono partito dal cercare di capire a che punto eravamo nella terapia dei tumori. Analizzando ho notato che di fatto ci troviamo fermi a cinquant'anni fa, su terapie basate fondamentalmente sulla chirurgia. Sono partito dal premio Nobel Otto Heinrich Warburg. Scoprì che mentre una cellula normale ha bisogno di ossigeno per vivere, per una cellula tumorale non è importante ma questa secerne gli zuccheri e produce acido lattico. Così facendo contribuisce ad acidificare l'ambiente al di fuori della cellula. Oggi siamo riusciti a dimostrare che l'ambiente tumorale è un ambiente acido. Le cellule tumorali sono capaci di vivere in questo ambiente mentre una cellula normale vi muore".
E qual è la sua scoperta?
"Che esistono degli antitumorali potentissimi che usiamo normalmente per altre cose. Esiste una classe di farmaci che viene usata come antiacido e si chiamano inibitori delle pompe protoniche e che funzionano in un modo geniale: si attivano solo in ambiente acido. Sono farmaci famosissimi come l’omeprazolo e il lansoprazolo e tutta quella famiglia lì. Io ho dimostrato che funzionano come antitumorali naturali potentissimi. E siccome riducono l'acidità e aumentano il ph permettono anche agli altri farmaci antitumorali che i pazienti devono assumere di funzionare meglio”.
E perché questa scoperta è poco nota?
“(Ride)Costano pochissimo. Questo è il motivo del principale ostacolo alla diffusione di questo tipo di terapia. Non fa guadagnare nessuno. L'acidità è un meccanismo che blocca i farmaci chimici fuori dalla cellula e fa in modo che non entrino nella cellula. Quindi da una parte uccidono le cellule tumorali dall'altro fanno funzionare meglio i farmaci. Sono il ricercatore che a livello mondiale ha la produzione di ricerca più ampia sulla materia. Ma anche se svolgo attività di ricercatore da una vita ho tanta voglia di tornare a fare il medico sul campo. La gente mi scrive lettere drammatiche per chiedere aiuto ma io non svolgo l’attività medica direttamente”.
E come mai la gente si rivolgeva a lei?
"Infatti è la domanda che mi sono posto anch'io. Credo ci sia qualcosa che non va nella visione di questo tipo di malattie. C’è un altro cortocircuito che è quello tra chi fa ricerca per le case farmaceutiche e i vertici delle case farmaceutiche stesse. I ricercatori in generale non si occupano di fare ricerche che abbiano un immediato impatto sulla salute. La ricerca sta diventando un'attività di psicopatologia narcisistica fine a sé stessa. Dall'altro le grandi case farmaceutiche sono state presuntuose nel pensare di poter gestire tutto ciò che arrivava dall'Accademia. Alla fine si sono dovuti prendere quello che arrivava e quello che arrivava era sbagliato”.
Ci sarebbe da parlare per ore...
“I tumori sono malattie e non condanne a morte. E’ il presupposto di tutto. Non si fa terapia col terrore. La terapia antiacida poi si basa su principi anche molto chiari. Un aspetto fondamentale da considerare sono le caratteristiche del microambiente tumorale, come con l'acidità ma c'è anche l'ipossia, cioè lo scarso arrivo di nutrienti. In assenza di nutrienti le cellule tumorali si mangiano altre cellule. E’ l'ambiente organico e cellulare che predispone cellule già esistenti a mutare e proliferare e non la malignità di alcune cellule che si impongono su altre. Oggi sappiamo che eliminando l’acidità abbiamo messo in moto una terapia che può risultare risolutiva”.