Cronache

Parla Ranieri Guerra: "Così Kluge e Zambon mi tagliavano fuori dalle scelte"

Di Lorenzo Zacchetti

Il direttore vicario dell'OMS racconta ad affaritaliani.it la sua versione sui fatti che lo vedono indagato a Bergamo per falsa testimonianza

In un’altra mail, sempre dell’11 maggio 2020, Zambon scrive ai colleghi delle modifiche “proposte” da lei. Chi ha deciso di recepirle, se non è stato un ordine a cui adempiere? In merito al ritiro del rapporto, la sua memoria cita una mail di Zambon e la sua dichiarazione a “Non è l’Arena”, nella quale dice che è stato lui a chiedere il ritiro, per una correzione. Tuttavia, Zambon in tv ha detto anche di averlo fatto “in quanto avevo ricevuto delle sollecitazioni”: in che modo questo escluderebbe sollecitazioni da parte sua?

Io sono completamente estraneo alla catena di comando di Zambon (come lui stesso ammette nel suo libro), che passa attraverso la direttrice del suo ufficio di Venezia, il capo delle operazioni d’emergenza di Copenaghen, il direttore regionale Kluge. Zambon mi ha perfino accusato di aver cercato di farlo licenziare, pur sapendo benissimo che questo è impossibile. Peraltro, ci sono mail scambiate di continuo che hanno un tono tutt’altro che penalizzante, almeno da parte mia, ma di comprensione e augurio di successo. Io ho proposto alcune correzioni tecniche (il testo originale con le mie revisioni è stato depositato dall’Avv. De Vita in Procura a Bergamo). Zambon le ha condivise e poi girate ai suoi consulenti. A quel punto, hanno poi deciso di apportarne tre volte in più rispetto a quelle suggerite da me, indicatore questo di un ripensamento rispetto all’improvvisata versione iniziale.
La decisione poi fu di pubblicare tutto da parte di Zambon senza rivedere il percorso autorizzativo e senza parlarne più. Non so nulla delle sollecitazioni, come non ho saputo per molto tempo nulla della Cina e dello scambio molto fitto di mail tra Zambon e quell’ufficio e, immagino, anche il suo direttore regionale Kluge, a cui vanno poste queste domande, per avere finalmente risposta. Kluge ha affermato in più di un’occasione di avere deciso per il ritiro e di avere deciso anche di non ripubblicare, probabilmente, per motivi che ancora non conosco, salvo la versione proposta da Zambon nel suo libro, di cui ignoravo completamente il dettaglio.

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La mail di Hans Peter Kluge del 15 maggio 2020 parla chiaramente dei problemi nella relazione con il Ministro, a seguito di quanto accaduto. La sua memoria la definisce “di particolare rilievo e gravità”: qual è lo scenario che essa disegna, dal suo punto di vista?

Il testo della mail fa pensare chiaramente ad un accordo tra Kluge e il suo interlocutore per allontanarmi dalla vicinanza con le strutture di governo centrale, nonostante io abbia sempre agito lealmente e abbia redatto rapporti periodici a Kluge, oltre che al mio direttore generale, e abbia anche compilato rapporti di missione resi pubblici nell’intranet dell’OMS, a cui anche Zambon ha avuto completo accesso. Io ho sempre agito in modo corretto, ma non mi sembra di avere ricevuto lo stesso trattamento da parte di alcuni miei colleghi. In particolare, penso ci fosse la questione dell’ufficio di Venezia che forse Kluge temeva io potessi insidiare, dato che mi aveva confidato ne aveva promesso la direzione allo stesso Zambon; oppure la questione legata al possibile nuovo ufficio di Roma, nonostante io avessi immediatamente passato la responsabilità negoziale a David Allen e Natasha Azzopardi, dell’ufficio di Copenaghen; oppure, chissà, voleva recitare un ruolo di suggeritore politicamente rilevante nella definizione delle agende del G7 e del G20 a presidenza italiana, cosa che il direttore generale Tedros aveva già avocato a sé, come elementi di politica sanitaria globale, non certo limitati alla regione EURO. Allo stato posso fare solo riflessioni e congetture che rimangono tali proprio perché mi sono state occultate comunicazioni e documenti di ogni tipo e che penso sia obbligo di Zambon e di Kluge mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria e dell’opinione pubblica.

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Lei dice di aver ricevuto questa mail da un whistleblower anonimo, ma per quanto riguarda le chat tra lei e Brusaferro chiede di non ammetterle perché “non è nota la fonte dalla quale sono stati tratti ma – soprattutto – le specifiche modalità di acquisizione utilizzate, che possano garantire in ordine alla genuinità del loro contenuto”. Non è una contraddizione?

Nessuna contraddizione, come ho già detto pezzi di chat incompleti e decontestualizzati non possono certo modificare la verità documentale oggi ormai indiscussa ed indiscutibile su chi ha fatto ritirare il rapporto e perché. Invece, la mail del whistleblower non solo è facilmente identificabile, ma fa parte sicuramente di una serie di comunicazioni sullo stesso argomento intervenute tra Kluge ed altro soggetto e l’autorità giudiziaria dovrebbe immediatamente chiederne conto, così come ancor prima i soggetti interessati dovrebbero mettere tutto a disposizione. Tutto ciò che mi riguarda è stato pubblicato. Mi attendo che avvenga lo stesso da parte degli altri protagonisti di questa triste vicenda.

Rispetto al piano pandemico nazionale, si è molto discusso rispetto al fatto che sia stato “aggiornato” o semplicemente confermato: come è andata la cosa?  

E’ evidente che non si comprende ancora bene la distinzione tra una vigenza e un aggiornamento. Il piano 2006, che io ho dovuto reperire a fine 2014, al mio arrivo al Ministero (a seguire di alcuni colleghi che mi avevano preceduto nel ruolo, tra cui il Dott. Giuseppe Ruocco, poi segretario generale del Ministero), era parte di una discussione molto ampia in cui mi ero dovuto immergere immediatamente per mettere il Paese in protezione durante l’epidemia di Ebola in Africa occidentale. Ad essa si era sommata l’epidemia di Zika, oltre a varie altre emergenze nazionali e internazionali, e successivamente quella di morbillo, con un’epidemia strisciante di meningite, come qualcuno ricorderà.
Per ogni patologia complessa e per i relativi piani nazionali, il Ministero assegna un funzionario medico di riferimento, che fa capo ad un ufficio e a un capo-ufficio, generalmente medico. Nel caso dell’influenza, la funzionario medico responsabile era la Dott.ssa Anna Caraglia, con il Dott. Francesco Maraglino, capo del relativo ufficio e mio vicario sia nel gruppo di lavoro ECDC, che nell’Health security committee europeo, nella Global Health Security Agenda e nella Global Health Security Initiative, a cui l’Italia partecipava attivamente.
Un secondo ufficio della stessa Direzione Generale, diretto dalla Dott.ssa Loredana Vellucci, aveva la responsabilità delle azioni previste dai regolamenti sanitari internazionali, che, per il Ministero, erano rappresentate soprattutto dalla sorveglianza e dal controllo sanitario dei confini terrestri, marittimi e aeroportuali, oltre che dalla formazione continua e dalle esercitazioni che annualmente venivano tenute, spesso con la collaborazione qualificata della Marina e dell’Aeronautica Militare.
La procedura di revisione prevedeva che il funzionario incaricato rivedesse i piani esistenti alla luce dell’andamento epidemico, attuale e previsto, e alla luce delle novità tecnico-scientifiche e procedurali intervenute o in arrivo. Nel caso dell’influenza, venivano esaminate queste situazioni, le previsioni dei ceppi circolanti per procedere alla riserva di acquisto per l’approvvigionamento di vaccini (poi da comperare e distribuire a cura delle Regioni), veniva rivista la scadenza dei materiali accantonati (farmaci anti-influenzali, custoditi a cura dell’esercito) e veniva fatta una lettura critica delle previsioni dei piani esistenti e delle relative azioni da intraprendere e manutenere. Come per altre patologie, sottoposte a revisione anche radicale (per esempio l’HIV/AIDS e le epatiti), anche l’influenza venne analizzata secondo queste procedure.
Tutto questo portava all’elaborazione delle circolari dettagliate, complete di istruzioni altamente specifiche che annualmente venivano emanate dal Ministero in collaborazione con le amministrazioni regionali e provinciali autonome, a garantire omogeneità e tempestività alle operazioni di preparazione e lotta alle malattie influenzali. Analoghe istruzioni erano date all’ISS, titolare dei sistemi di sorveglianza.
Nel 2016 venne riletto con molta attenzione il piano, che venne trovato ancora adeguato. Pensammo quindi di occuparci delle priorità contingenti e, considerando che le circolari integrative e il piano vigente fossero sufficienti a gestire la situazione, di spostare il lancio della procedura di revisione all’anno successivo, una volta acquisite le nuove regole e le nuove linee guida (annunciate) di OMS e ECDC. Conscio di questo, trasmisi una memoria alla Ministro dell’epoca, prima di lasciare il Ministero nell’ottobre del 2017. Cosa poi sia avvenuto deve essere chiesto al collega che mi è succeduto, il Dott. Claudio D’Amario e al Gabinetto dell’epoca, oltre che alla Ministro Lorenzin, alla Ministro Grillo e ovviamente al Ministro Speranza, nonchè ai presidenti delle commissioni parlamentari sulla salute, tra cui il Dott. Sileri, che presiedeva quella al Senato durante il Ministero Grillo, prima di essere nominato Viceministro della salute.