Cronache

Roma: “Atac e Ama la Waterloo di Raggi, Giuliano Pacetti vive a Raggilandia"

Andrea Catarci, coordinatore di Liberare Roma, risponde al capogruppo M5S, Pacetti sullo stato di salute delle aziende partecipate dal Comune

di Andrea Catarci *

Su Affaritaliani il capogruppo M5s Giuliano Pacetti rivendica alla giunta Raggi strabilianti risultati e in particolare il risanamento di Atac e Ama, il rilancio di Acea, la riforma della macchina amministrativa.

Le sue parole vanno prese sul serio: sono pronunciate da un esponente di rilievo della maggioranza che governa da 5 anni a seguito di un mandato dei romani, colui che rappresenta i 29 consiglieri pentastellati eletti.

Proviamoci, partendo da Ama
Dopo 6 vertici aziendali cambiati e 3 assessore che si sono avvicendate all’ambiente, nel ruolo apicale rimasto scoperto per 18 mesi, tra marzo e aprile 2021 la giunta Raggi e l’Assemblea capitolina hanno approvato i bilanci 2017, 2018, 2019 e hanno dato il via libera al piano industriale e a quello di risanamento di Ama. Si è proceduto alla svalutazione esagerata del Centro Carni, si è messa nero su bianco l’incapacità nella riscossione della Tari, si è certificata la crisi con un buco di oltre 250 milioni di euro: cosa si sarebbe risanato è difficile da capire! Nel frattempo i quartieri sono stati ripetutamente sommersi da immondizia e cattivi odori, la produzione annuale di rifiuti non è diminuita, la raccolta differenziata si è bloccata al 46%, il parco mezzi è peggiorato, il personale non è stato assunto, gli impianti di lavorazione e compostaggio non sono stati realizzati, quelli esistenti si sono ridotti. Sono regrediti i servizi erogati come l’indipendenza nella gestione del ciclo, la solidità economica come la progettualità. Allora ci si rintana a Raggilandia: “rilanceremo la società”, “miglioreremo i servizi”, “realizzeremo impianti”, “acquisteremo mezzi”, “assumeremo 300 operatori”. A parlare come se non si fosse governato nemmeno un giorno, si dice a Roma, “so ‘bboni tutti”.

Passiamo ad Atac
Essa, al 100% di Roma Capitale come Ama, è ben conosciuta da chiunque usi il trasporto pubblico per i disservizi quotidiani che rendono difficoltosi gli spostamenti. Vantarsi dello stato di salute di un'azienda che ha visto andare a fuoco negli ultimi anni decine di bus e che gestisce la metropolitana in cui vengono chiuse in continuazione le stazioni, per mancanza di manutenzione e sicurezza, sfiora già di per sé il ridicolo. Rivendicando un presunto “risanamento” si fa il resto. La leggenda nasce dal fatto che nel 2018 e nel 2019 è riapparso un utile mentre per anni si è chiuso in rosso. Quel risultato economico però è un maquillage, frutto del concordato preventivo e del patto con i creditori. Tra essi per 515 milioni di euro c’è proprio Roma Capitale, che ha accettato il congelamento fino al 2039, quando la somma dovrà essere restituita. Atac, cioè, non è affatto guarita, ha rimandato il debito di 20 anni.

Poi c’è Acea
L’azienda, di cui Roma Capitale detiene il 51%, negli ultimi bilanci ha registrato buoni risultati economico-finanziari, con un balzo dell’utile del 50% nel 2018. Ciò nonostante i proclami circa l’avvio di un programma di manutenzione delle reti senza precedenti sono rimasti tali: secondo “Le statistiche dell’Istat sull’acqua”, pubblicato a marzo 2021, nella città metropolitana di Roma le perdite sarebbero ancora del 45,1%. L’efficiente governance non ha recuperato la risorsa idrica e ha prodotto danni ambientali, con scelte e investimenti perlomeno discutibili. Si pensi, rispettivamente, ai prelievi smisurati che hanno causato un grave abbassamento del lago di Bracciano e al potabilizzatore del Tevere, l’impianto da milioni di euro (7,5 secondo l’azienda, 12 secondo altre fonti) realizzato per prelevare 500lt/sec sporchi e da trattare quando nella rete si perdono circa 9000 lt/sec di qualità, provenienti da sorgenti. Alla giunta Raggi l’operato di Acea sta bene, vista l’enfasi con cui sbandiera i numeri che producono utili per i soci.

Cercare meriti della giunta Raggi nella gestione delle società è impossibile, pur volendo essere generosi e tralasciando gli errori a raffica con cui ha selezionato uno stuolo di amministratori per sostituirli alla velocità della luce, quando non sono finiti nel mirino della procura.

Lo stesso vale per la riforma amministrativa
Sul piano formale non è stato prodotto nemmeno un atto e su quello sostanziale si è minata la credibilità degli Enti municipali, trattati come meri esecutori della volontà centrale, privati di risorse fondamentali, con le giunte targate M5s esplose in successione, con gossip e familismo al posto dell’amministrazione. Se una cosa si ricorderà sul piano istituzionale è la superficialità con cui è stata trattata una questione delicata come i confini: a colpi di maggioranza, senza nessuna discussione pubblica, si è spostato il quartiere di Torre Spaccata con 15.000 abitanti circa dal VI al VII, che peraltro era già il più popoloso della città con 305.000.

C’è da riconoscere al capogruppo M5s di aver tentato di concentrarsi su temi importanti. Non si è messo a diffondere immagini false di un tombino pulito, a fotografare qualche tratto di asfalto rifatto per parlare di “strade nuove”, a magnificare una potatura, un secchione svuotato o una panchina sostituita, né a presentare più volte gli stessi bus alle telecamere, come fatto da altri esponenti del suo partito. Che poi il monocolore M5s su gestione delle aziende pubbliche e riforma dell’amministrazione capitolina abbia prodotto danni e arretramenti è altra storia. Che quella squadra di prim’ordine che lui difende orgogliosamente dall’accusa di incompetenza - annoverando tra i 29 consiglieri eletti “23 laureati, 14 iscritti ad albi abilitanti, dottorato e master” - abbia complessivamente s-governato e maltrattato Roma dall’inizio alla fine è altra storia. Che la città non li perdonerà per questo alle urne prossime è altra storia.

* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma