Cronache

Sarajevo, le lettere dei bambini e le loro storie a 25 anni dalla guerra

SARAJEVO - Decine e decine di lettere dalla guerra scritte dai bambini di una scuola Cattolica di Sarajevo, affidate ad un giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno che durante il conflitto del 92-95 fu inviato dal suo giornale per raccontare quella tragedia che incendiò i Balcani. 

A distanza di oltre 22 anni l'inviato di quel giornale Franco Giuliano è tornato nei giorni scorsi nella capitale bosniaca per rintracciare quei bambini che nelle loro lettere scrivevano: “Per Natale gradirei molto un paio di scarpe Dr. Martin’s, n. 39. Grazie molte per il vostro aiuto”. “Se possibile mi piacerebbe tanto ricevere un album dei Queen, Sheer Heart Attack”. “Grazie per il vostro interesse. Sono felice di avere amici in Italia”.

Ospitato dalle suore del Centro durante la guerra, Giuliano in quegli anni incontra i ragazzi che studiano negli scantinati, per proteggersi dalle granate, e nasce l’idea di pubblicarne i messaggi sul quotidiano, per avviare un dialogo con l’Italia. A 25 anni di distanza da quella pubblicazione, matura adesso un secondo progetto: tornare ad intervistare gli autori di quelle lettere e raccontare le loro storie, per scriverne il seguito e guardare alla vita nel dopoguerra. Da qui l’intenzione di raccogliere le nuove testimonianze in un secondo libro, per mettere in prospettiva esperienze difficili e guardare al passato in modo consapevole.

“E’ un progetto meritorio ed opportuno”, ha commentato l’Amb. Nicola Minasi, “che riporta alla luce un mondo complesso, dove le sfide della ricostruzione, a partire da quella sociale, sono decisive per consentire al Paese di risollevarsi pienamente ed entrare nel vivo dell’integrazione europea”. “E’ per questo motivo”, ha proseguito Minasi, “che l’Ambasciata fornirà un supporto morale all’iniziativa, facilitando i contatti utili a portare a termine questo progetto e a promuoverne la conoscenza tra la popolazione locale”.

Dopo una prima visita a Sarajevo nella settimana scorsa, il Dr. Giuliano realizzerà nuove interviste nei prossimi mesi e, auspicabilmente entro l’anno prossimo, il libro potrà vedere la luce ed essere presentato al pubblico della Bosnia Erzegovina, a testimonianza del perdurante impegno della società civile italiana per gli amici al di là dell’Adriatico.

Raccontare quella guerra che incendiò i Balcani: è questo l'obiettivo a cui mira l'iniziativa del giornalista che ha incontrato gli stessi protagonisti che, allora, raccontarono quella tragedia, tra i quali il cardinale Vinco Pulic ed il vescovo Pero Sudar. Quest'ultimo nei giorni dell'assedio della città simbolo, affidó a La Gazzetta del Mezzogiorno un appello ricolto al presidente degli Stati Uniti Bill Clinton per chiedere viveri per gli abitanti della sua città ridotti alla fame. Un grido di aiuto che fu ripreso da tutta la stampa internazionale e che forse contribuì a mobilitare le coscienze e la politica: nei mesi successivi Sarajevo sotto le bombe riuscì ad ottenere un varco per l'arrivo degli aiuti umanitari. Anche dall'Italia e dalla Puglia.

Obiettivo dell'iniziaitiva, 22 anni dopo è quello di rintracciare i testimoni che durante quella tragedia dai banchi della scuola Cattolica di Sarajevo, scrissero lettere-appello ai loro coetanei italiani: ex-bambini, che a quel tempo avevano tra i 7 e i 12 anni, furono i destinatari di iniziative umanitarie e di solidarietà da parte degli italiani ed, in particolare, dei pugliesi. Dall’Italia, in tanti si strinsero intorno ai bimbi bosnaici e serbi, con messaggi e doni che il giornale pugliese distribuì con l'aiuto del Contingente italiano, guidato in quegli anni dal generale Agostino Pedone (anch'egli pugliese). Tutto arrivò (con un aereo militare , un enorme C130, messo a disposizione dall'Aeronautica militare) ai bimbi del centro Cattolico e ai bambini del quartiere serbo di Vogosha, alla periferia della città, simbolo di quel conflitto che coinvolse l'Europa ed il mondo intero.

Oggi, attraverso quelle lettere, grazie all'aiuto del Centro scolastico Cattolico di Sarajevo e alla Ambasciata Italiana a Sarajevo si vuole rintracciare quegli ex-bambini per scoprire come è cambiata la loro vita e scavare nella loro memoria per raccontare le loro storie, dopo un’infanzia ferita dalle bombe. Storie che diventeranno un libro, pubblicato a Sarajevo, tradotto, oltre che in italiano, in Croato e Inglese e che conterrà i ricordi e le interviste - oltre che del Cardinale Pulic, del vescovo Sudar, del direttore della scuola Cattolica bosniaca (con oltre 1.600 studenti: dalle elementari al liceo Classico e alla scuola per infermieri) di suor Elizabetta Cocic, la religiosa che aiutò il nostro giornale a costruire in quel delicato momento storico quel ponte tra l'Italia, la Puglia e Sarajevo, dell'ambasciatore italiano nella capitale bosniaca Nicola Minasi - soprattutto di quei ex bambini che oggi a 22 anni di distanza rappresentano il futuro di questo Paese nel quale convivono in insieme croati, serbi, musulmani bosniaci.

La Bosnia con la sua storia e la sua cultura multietnica, oggi - a distanza di oltre due decenni da quell'evento che fece 11mila vittime - può diventare un interlocutore privilegiato dell'Italia e dell'Europa. A questo proposito oltre al tentativo di verificare la possibilità di un collegamento aereo diretto tra la Puglia e Sarajevo, l'iniziativa mira anche ad avviare dei gemellaggi tra alcune scuole pugliesi (di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi) e quelle di Sarajevo, a cominciare con il Centro Cattolico dove una enorme parete ospita i nomi di tutti i donatori che contribuirono alla sopravvivenza di quella scuola, tra i quali anche «La Gazzetta del Mezzogiorno».