Cronache
Smart working e diritto alla disconnessione: sopravvivere al "sempre online"
La panoramica dell'avvocato Nicola Ferraro, partner dello studio legale de Tilla, sulla normativa del settore
A livello europeo non esiste un diritto alla disconnessione esplicitamente regolamentato. La situazione degli stati membri dell’Unione varia considerevolmente. Il che ha indotto il Parlamento Europeo ad adottare, in data 21 gennaio 2021, una risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione Europea sul diritto alla disconnessione (2019/2181 (INL)). Da applicarsi a tutti i settori sia pubblici sia privati, nonché a tutti i lavoratori, indipendentemente da loro status e dalle modalità di lavoro.
Alcuni Paesi europei, intanto, si sono dotati di una propria legislazione nazionale. È il caso del Portogallo, dove dallo scorso novembre è stata promulgata una legge che vieta ai datori di lavoro di insidiare la quiete dei dipendenti con contatti di ogni tipo (compresi i messaggi al cellulare) oltre l’orario di lavoro, seguito dal Belgio, dove una legge analoga entrerà in vigore dal 1° febbraio prossimo.
Come nasce l’esigenza di regolamentare il diritto alla disconnessione?
Il diritto alla disconnessione viene qualificato, a ragione, dal Parlamento Europeo, come diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale.
L’esigenza del Parlamento UE di adottare una risoluzione per l’approvazione di una legge unitaria sul diritto alla disconnessione nasce dalla costatazione che il diritto del lavoratore a disconnettersi:
• rappresenta una parte imprescindibile dei nuovi modelli di lavoro nell’epoca digitale;
• si deve considerare uno strumento delle politiche sociali d’Europa per la tutela di tutti i lavoratori;
• ha importanza in particolar modo per i lavoratori più vulnerabili (quali le donne) e per quelli con responsabilità di assistenza (genitori soli, famiglie con figli, famiglie con familiari a carico che necessitano di assistenza).
Smart working o ufficio, cosa preferiscono gli italiani?
Da un’analisi dello scorso anno di PMI.it e T-Voice emerge che i dipendenti italiani preferirebbero lavorare in ufficio per una media di 2 o 3 giorni a settimana. Il 76,8% dei degli intervistati ha espresso il desiderio di poter alternare giorni lavorativi in ufficio ad altri di lavoro da casa. Dovendo scegliere tra andare solo in ufficio o essere operativi unicamente da casa, invece preferirebbero stare in azienda. Tra i principali svantaggi dello smart working, vengono citati in ordine decrescente:
• la percezione di un maggiore controllo e monitoraggio da parte del datore di lavoro evidentemente diffidente;
• relazioni tra colleghi penalizzate;
• isolamento;
• urgenza di migliorare la digitalizzazione delle imprese;
• impressione di perdere più tempo nello svolgimento delle attività.
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