Cronache
Strage di Buonvicino: uccise lei e tutta la famiglia. "Il raptus? Non esiste"
“In queste vicende lo Stato non si vede proprio. Le istituzioni non vogliono crederci”. Parla il criminologo Sergio Caruso
Per un bambino dell’età di 3 anni che cosa vuol dire sopravvivere a una tragedia così?
Sono ferite che si portano tatuate sulla pelle. Non a caso Marco fa il tatuatore. Dinamiche che non si dimenticano, si superano esclusivamente con un lungo percorso di cure che dura una vita. Un nuovo nucleo degli affetti può aiutare il soggetto a stare meglio. Sono tragedie immani, in cui non sono stati brutti soltanto i momenti traumatici ma i successivi, come la sindrome del sopravvissuto, l’essere indicato in un paese piccolo come “quello della strage”, così come essere visto sempre, anche a scuola, come la vittima della situazione, e crescere con due figure adulte diverse dai genitori
Tutt’oggi lo Stato non prevede un iter di supporto per questi bambini?
Glielo dice uno che è fiero di lavorare per la giustizia e che ci crede: in queste circostanze lo stato non si è visto proprio. A partire dalla sentenza. Cioè fa sorridere che un soggetto che uccide sei persone si fa solo 27 anni di carcere, esce dopo averne scontati 25 e va ad abitare a 50 metri dalla famiglia che ha sterminato. I ragazzi non sono stati assolutamente inseriti in nessun percorso, come accaduto anche in altri casi che ho seguito e che seguo. Deve essere il primo impegno dello Stato garantire un’azione, una cura psicofisica a chi subisce una tragedia
Quali sarebbero gli step fondamentali?
Deve avvenire subito. Poi dipende, se il soggetto coinvolto è un minore o un adulto si adotta un approccio piuttosto che un altro. C’è poi da dire anche che chi subisce ciò non è detto possa permettersi uno psicologo, deve essere lo Stato a mettere a disposizione un'équipe di esperti per la riduzione del danno. Io poi lavoro anche da psicologo, e fuori dal mio incarico, io come tanti colleghi prestiamo servizio di sostegno alla bisogna. Ma lo psicologo deve essere necessario per il supporto alle scuole e alle famiglie, e va inserito in un servizio sanitario vicino, come il medico, perché molte famiglie e scuole non posso pagare
Voi, come categoria, avete tentato di spingere in questa direzione?
Noi siamo il predicatore che grida nel deserto. Facciamo tante belle proposte, ci dicono sì, bravi, complimenti, ma poi completamente non si fa niente. Le istituzioni non vogliono crederci. Io sono dieci anni che mi sto sgolando alla luce di tantissimi casi che vedo da vicino