Cronache

Strage di Buonvicino: uccise lei e tutta la famiglia. "Il raptus? Non esiste"

di Elisa Scrofani

“In queste vicende lo Stato non si vede proprio. Le istituzioni non vogliono crederci”. Parla il criminologo Sergio Caruso

L’anno della strage, come ricorda Marco, non c’era ancora la parola femminicidio. Oggi si usa in modo, più o meno, consapevole, ma gli atti di violenza non diminuiscono. Come mai, secondo lei?

Perché sappiamo di cosa si tratta, facciamo tanta promozione culturale, ma non basta. Bisogna fare prevenzione, e senza un professionista nei luoghi idonei, dove avviene la crescita del minore, se non aiutiamo le nuove generazioni all’elaborazione emotiva, al rifiuto nella storia d’amore, al rispetto emotivo di se stessi e degli altri, conteremo solo morti. Io sono volontario nei centri antiviolenza, di cui si parla tanto, e le assicuro che non c’è nemmeno una carta per stampare una fotocopia, non arriva nulla. Noi volontari ci mettiamo pure i soldi della benzina. Tutte belle parole e pochi fatti, ecco perché contiamo 100 donne uccise all’anno

Buonvicino è scolpita nella storia della cronaca nera nazionale. Si può parlare di premeditazione, o di momento di follia?

Dobbiamo rispettare la verità giudiziaria, e la verità giudiziaria è che non vi è stata premeditazione. Così dicono le sentenze del Tribunale di Paola e della Corte d’Assise di Catanzaro. Molti esperti, compreso il sottoscritto, pensiamo il contrario. E’ una storia annunciata, che è nata alla luce di conflitti in essere da molto tempo. E’ la storia di un soggetto che dava segnali da prima, perché i segnali non sempre sono eclatanti. E’ violenza anche il conflitto o pensare che la mia ragazza abbia una relazione con il mio vicino di casa e insistere su questo. Mi viene difficile immaginare un soggetto che parte da Formia, con due caricatori addosso, e uccide sei persone, che chiude il cancello e nasconde poi la macchina. La sentenza rimane molto discutibile. 27 anni per aver ucciso sei persone. E’ uno dei casi unici in Italia

Off-topic, ma non troppo, mi viene in mente la recente vicenda dell’omicidio di Bolzano. Nel caso di Benno che cosa individua?

Sì, un altro caso di family murder, nello specifico un parenticidio. Nel caso di Benno quello che si evince è una personalità sicuramente sulla scia della patologia. Un soggetto che ha sempre dato segnali di allarme, estremamente narcisista, concentrato su se stesso, sul fisico, menzognero, che aveva creato una realtà parallela, tipico dei narcisisti

Ci sono quindi delle spie attraverso le quali presagire questi gesti…

Assolutamente sì. Il raptus non esiste. Tutte le tragedie sono tragedie annunciate. Chi compie questi delitti ha sempre manifestato segnali di allarme, che spesso vengono minimizzati scambiandoli come lati del carattere, o non notati, dai familiari stessi. Sull’ambito dei nuclei familiari c’è anzi un consiglio che si può dare ai lettori per non alimentare la casistica, ovvero quello di abbassare i conflitti, perché vanno a distruggere. Creano comportamenti violenti, che possono diventare anche omicidio, i cosiddetti delitti d’impeto. L’ennesima lite in cui il piatto che ho sempre tirato al muro ti arriva in testa, ed ecco un altro femminicidio.

 

Sangue del mio sangue copertina PER STAMPA 2