Cronache

Stromboli, un disastro che nessuno sa sistemare. E la politica? Se ne frega

di Ludovica Manusardi Carlesi

L'isola è quasi sempre in regime di emergenza perché in Sicilia, così come in molte zone del Sud Italia, la politica non se ne cura o lo fa sempre troppo tardi

Stromboli, nessuno è in grado di gestire il disastro: la politica è troppo impegnata con i gossip tra Conte, Letta, Salvini e...

A distanza di 5 giorni dall’evento catastrofico che venerdì 11 agosto ha colpito l’isola di Stromboli, la situazione è ancora molto grave. Malgrado la presenza attiva della protezione civile, dei vigili del fuoco, dei carabinieri si ha la netta impressione che nessuno voglia o sia veramente in grado di prendere decisioni risolutive. C’è una evidente sottovalutazione di quello che è successo: non una mareggiata o un nubifragio, ma un evento che ha messo in pericolo tutta la montagna, perché di questo si tratta.

Se per caso dovesse ripetersi un forte temporale c’è il rischio reale che altri pezzi di montagna possano precipitare in mare distruggendo quel poco che si è per ora salvato. I mezzi e gli aiuti inviati sono pochi e non adeguatamente attrezzati; ruspe e caterpillar fanno fatica a districarsi tra vicoli e stradine per ripristinare la viabilità. La visita del presidente della regione Sicilia Musumeci e del sindaco Gullo non ha fornito rassicurazioni adeguate e la gente- strombolani e turisti proprietari di case che hanno avuto la casa distrutta- non si accontentano di promesse e pacche sulle spalle.

Qui ci vuole l’esercito o uno come Bertolaso che prenda in mano la situazione e decida cosa fare e come senza indugi. Si va avanti con i vedremo, faremo, provvederemo. Tv e giornali, troppo occupati con i bisticci tra Calenda, Letta, Conte, Salvini non parlano assolutamente più della vicenda come se fosse derubricata a un evento estivo grave sì, ma non più di tanto, visto che per fortuna non ci sono state vittime.

In fondo, gli strombolani residenti sono poco più di 400, e per 400 voti … Verdi e ambientalisti che si commuovono per la morte di un koala e che preferiscono i cinghiali in città ai termovalorizzatori, sarebbe il caso che si dessero una mossa affrontando le vere priorità di questo paese che sono la messa in sicurezza del territorio, degli argini dei fiumi, delle montagne; e i percettori di reddito di cittadinanza dovrebbero essere chiamati a dare una mano e a lavorare una buona volta.

Ma l’evento dell’11 agosto, paragonabile alle alluvioni di Genova del 2011, della Calabria del 2000, ha origini precise, recenti e antiche. Prima fra tutte, la più recente e assurda, l’incendio provocato il 26 maggio scorso, appiccato per realizzare “effetti speciali” da una troupe che stava realizzando un film sulla protezione civile. L’incendio, alimentato dal vento di libeccio, ha devastato mezza montagna bruciando alberi secolari fino ad allora baluardo fondamentale a frane e smottamenti.