Cronache
Stupro inventato, l'incubo di un 60enne: proscioglimento dopo 10 anni

Solo nel 2021 il giudice dopo che ha potuto analizzare le carte ha ordinato di non procedere
Stupro inventato, per 10 anni costretto a convivere con l'accusa falsa di aver abusato una donna: il giudice alla fine del lungo calvario ordina di non procedere
Dieci sono stati gli anni del lungo calvario vissuto da un 60enne di Isola del Liri (Frosinone), accusato da una donna di averla abusata sessualmente. L'uomo per anni non si è arreso, facendo anche i conti con gli sguardi sospetti altrui per tutto il tempo, per dimostrare di essere innocente.
L'uomo, un ex agente di commercio, è stato accusato dalla domestica polacca di violenza sessuale e lesioni. Accuse dalle quali è stato prosciolto solo martedì scorso dal Gup del Tribunale di Cassino che le ha valutate come totalmente inventate e prive di fondamento, messe in piedi solo allo scopo di ottenerne denaro. Il giudice dell'udienza preliminare ha quindi emesso sentenza di non luogo a procedere, dopo aver potuto analizzare le carte.
Ma l'indugio della giustizia e la falsa accusa al sessantenne sono costati la compromissione dei rapporti personali e familiari, le amicizie e non solo. Ora, a battaglia finita, l'ex agente commerciale dichiara di voler "solo dimenticare", scrive il Messaggero.
Violenza donne, quando la denuncia è falsa
Casi di false denunce e di finte vittime in Italia sono purtroppo all'ordine del giorno. Come ha detto ad Affaritaliani.it l'avvocato matrimonialista Gian Ettore Gassani alcune settimane fa il problema della donna che denuncia il falso è diffuso ed è una palla al piede per la magistratura. Più del 60% delle sentenze censite finiscono per archiviazione, proscioglimento o assoluzione candendo nel vuoto (leggi l'intervista qui).
In questo caso, accaduto in provincia di Frosinone, tutto comincia nel 2010, quando l'uomo pensionato decise di assumere una donna di origini polacche per assisterlo per le faccende domestiche. Ua quarantenne che sulle prime sembra perfetta per l'incarico, "cordiale e calorosa, volenterosa". Ma basta qualche mese perché l'idillio si trasformi in incubo. La donna si reca al pronto soccorso e, dopo essersi fatta refertare, denuncia di essere stata abusata dal suo datore. Poi scompare, mentre le indagini prendono avvio nel 2011.
Il sessantenne da subito si dichiara innocente. Una volta chiuse le indagini preliminari con la richiesta di rinvio a giudizio il fascicolo finisce davanti al Gup del Tribunale di Cassino. Viene incardinato il procedimento e l'imputato chiede a più riprese un confronto con la presunta vittima. Ma la donna non era più reperibile né si è costituita in giudizio davanti al Gup.
Alla fine della corsa, l'uomo si sente solo di dire che "è la fine di un incubo. Quella donna ha ricevuto solo del bene. Ho avuto fiducia nella giustizia che, se pur in ritardo, è arrivata". Il provvedimento finale del Gup si poggerebbe su due elementi avanzati dalla difesa dell’uomo: uno legato al Dna eseguito sugli indumenti della donna, dove lei sosteneva ci fossero tracce del suo violentatore, e che ha dato esito negativo. A questo si è aggiunto che la difesa ha fatto entrare nel procedimento dinanzi al Gup, uno dei capisaldi del diritto alla difesa sanciti dalla Corte di giustizia europea che riconosce all’imputato il confronto con il proprio accusatore. La prolungata assenza della polacca dal territorio nazionale ha impedito ogni confronto, di conseguenza è stato leso il diritto alla difesa.
Inoltre è emersa una importante circostanza legata alle dichiarazioni rese dalla donna all’atto della denuncia. La donna sosteneva di aver chiamato più volte una parente per chiedere sostegno, ma dai tabulati telefonici che la polizia giudiziaria ha depositato nel fascicolo, non c’è traccia. Tutti elementi che hanno infine portato alla sentenza di non luogo a procedere.