Cronache

Tafida come Charlie e Alfie: il giudice a decidere della sua vita

La storia della bimba inglese ricoverata in gravi condizioni a Londra: l’ospedale Gaslini di Genova è disponibile ad accoglierla ma il Royal Hospital dice no

Ancora una volta un bimbo, una famiglia, due ospedali e un giudice. Ancora una volta Londra e ancora una volta un possibile trasferimento aereo verso l’Italia. Voluto dagli uni, avversato dagli altri. La storia si ripete e la vicenda della piccola Tafida Raqeed rimette sotto i riflettori le modalità opposte con le quali dal punto di vista clinico vengono considerati e trattati – in due moderni Stati occidentali come Gran Bretagna e Italia – i casi di bambini con gravissimi danni cerebrali. L’accompagnamento in vita e le cure palliative in Italia, il distacco del ventilatore (e la conseguente morte) oltremanica. Una pellicola già vista negli anni scorsi con i casi di Charlie Gard, Isaiah Haastrup e Alfie Evans, resi pubblici e balzati alle cronache solamente in conseguenza dell’opposizione dei rispettivi genitori alla scelta di staccare i sostegni vitali, decisione presa dai medici, convalidata dalla giustizia britannica e infine applicata e portata a termine. E anche in questo nuovo caso, come già era accaduto con le disponibilità offerte dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma ai Gard e agli Evans,  la richiesta di “second opinion” da parte dei genitori è arrivata in Italia, all’ospedale Giannina Gaslini di Genova. Struttura che si è già resa disponibile ad accogliere la bambina, dopo un viaggio a cura (e a spese) della famiglia. Il caso, come gli altri, è però nelle mani dei giudici dell’Alta Corte britannica, e – stando l’opposizione dei sanitari inglesi al trasferimento - niente al momento fa presagire che il finale possa essere diverso dai precedenti.

La storia di Tafida Raqeed

Di lei si è iniziato a parlare soprattutto in questi giorni. Ha cinque anni e fino a sei mesi fa stava benissimo: papà Mohammad ha 45 anni, è un consulente; mamma Shelina ha 39 anni, è avvocato. Entrambi inglesi di origine bengalese, musulmani. Con loro in casa anche un altro figlio, 14enne. La mattina del 9 febbraio scorso Tafida si sveglia all’alba lamentando un forte mal di testa: perde coscienza, la respirazione rallenta, quando arriva l’ambulanza è in arresto cardiaco. Dal più vicino ospedale la dirottano verso il  King’s College Hospital dove i medici spiegano ai genitori che la piccola ha patito la rottura di un’arteria cerebrale a causa di una grave malformazione congenita artero-venosa che fino a quel momento non aveva dato alcun sintomo e che le probabilità di sopravvivenza all’intervento chirurgico che si è reso necessario sono bassissime. La famiglia dà il consenso all’operazione, la bambina sopravvive anche se nelle ore successive viene rianimata, dopo altrettanti arresti cardiaci, per quattro volte. Poi le sue condizioni si stabilizzano. La bambina è in coma profondo, i medici ipotizzano anche che sia in stato di morte cerebrale, ma i test effettuati smentiscono tale ipotesi. I sanitari propongono ai genitori il distacco del respiratore, rifiutato anche perché la bambina mostra timidi segnali di risveglio (apertura degli occhi, movimento degli arti).

IL TRASFERIMENTO AL ROYAL LONDON HOSPITAL

Due mesi dopo il suo ingresso in ospedale, Tafida viene trasferita al Royal London Hospital. La famiglia racconta che le viene prospettata la tracheostomia, che renderebbe possibile una respirazione senza necessità del ventilatore, e in seguito un trasferimento a domicilio per l’assistenza costante; in realtà, dopo aver chiamato in causa il Comitato etico dell’ospedale, i medici decidono di non dare corso né all’una né all’altra ipotesi.

LA PROPOSTA: "IL SUO MIGLIOR INTERESSE" 

Il 19 giugno papà Mohammad e mamma Shelina vengono informati ufficialmente che l’ospedale londinese ritiene che la cosa migliore da fare per Tafida (il suo “best interest”, il miglior interesse) sia quella di procedere al distacco del ventilatore e si dice disponibile a far scegliere alla famiglia il luogo degli ultimi momenti di vita della bambina: in ospedale, o in un hospice, o anche a casa. Incassato il netto rifiuto dei genitori, il Royal London Hospital li informa di avere intenzione di rivolgersi al tribunale per ottenere l’autorizzazione al distacco.

L'ALTERNATIVA: IL TRASFERIMENTO AL GASLINI DI GENOVA

I genitori chiedono tempo, cercano strutture straniere disponibili a continuare le cure sulla bambina, ottengono ascolto al Gaslini di Genova. Siamo a fine giugno 2019. “Abbiamo ricevuto – ha confermato nei giorni scorsi la direzione sanitaria dell’ospedale pediatrico genovese – la richiesta di una second opinion da parte della famiglia della piccola Tafida Raqeed, al fine di accertare le condizioni cliniche della loro bambina di 5 anni, ricoverata in terapia intensiva pediatrica al Royal London Hospital di Londra, ed alla quale era stata proposta una sospensione delle cure intensive, atteggiamento non condiviso dai genitori. Il Gaslini ha composto un collegio tecnico di specialisti, che hanno inviato il 5 luglio un documento ai colleghi di Londra, con i quali successivamente si è anche svolta una videoconferenza collegiale. I documenti evidenziano l’estrema gravità delle condizioni cliniche, in linea con quanto indicato dai medici inglesi, e il fatto che in Italia non si opera una sospensione delle cure, se non in caso di ‘morte cerebrale’, quadro diverso da quello di Tafida”. “Il direttore generale del Gaslini, Paolo Petralia, ha ricevuto – viene spiegato - una lettera da parte dei genitori della bambina, i quali hanno chiesto la disponibilità ad accogliere la bimba nell’ospedale genovese, proponendo di trasportarla in sicurezza e a proprie spese presso il pediatrico. L’Istituto Giannina Gaslini ha risposto positivamente alla richiesta dei genitori della piccola”.

DECIDERÀ L'ALTA CORTE DI LONDRA

Alla disponibilità espressa dal Gaslini fa da contraltare il rifiuto del Royal London Hospital, che attende il pronunciamento dell’Alta Corte sull’autorizzazione al distacco del ventilatore. Corte che tre giorni fa ha ricevuto anche un’istanza della famiglia, che a sua volta chiede un pronunciamento per consentire il trasferimento. Due opposti ricorsi sullo stesso caso pendono dunque davanti al giudice, che ha convocato una nuova udienza – di fatto congiunta – per lunedì prossimo, 22 luglio.“Siamo in una situazione disperata ma nostra figlia non è cerebralmente morta, al contrario ha mostrato segni di progresso. Vogliamo semplicemente la possibilità di provare. Ci spezza il cuore sentirci dire che non le è permesso lasciare l’ospedale di Londra”, le parole della mamma Shelina. “In linea con la missione dell’ospedale siamo pronti a prenderci cura di Tafida non appena le autorità britanniche consentissero il suo trasferimento”, la dichiarazione del direttore del Gaslini. “È un caso molto triste, ulteriori trattamenti invasivi sarebbero inutili”, il commento del portavoce del Royal Hospital. Ancora una volta: un bimbo, una famiglia, due ospedali e un giudice.

da RedattoreSociale