Cronache
Terremoto in Marocco, gli italiani tornati: "Pensavamo a un attentato"
Sono rientrati in Italia alcuni dei turisti che si trovavano a Marrakech durante il forte terremoto che ha sconvolto il Marocco
A una settantina di chilometri di distanza a Marrakech i cittadini vivono sospesi. In attesa dell'ennesimo bollettino del ministero dell'Interno, che viene pubblicato ogni tre-quattro ore. E nella speranza che la terra smetta di tremare per poter rientrare a casa. I monumenti storici, che fanno della città Patrimonio dell'umanità, non sono stati risparmiati. Le mura della medina hanno ceduto in diversi tratti. L'ospedale della città, dove venivano convogliati quasi tutti i feriti prima che fossero allestiti gli ospedali militari da campo, ha sofferto la carenza di sacche di sangue. Ha fatto appello ai cittadini di recarsi a donare. E i marocchini hanno risposto in tutto il Paese, tanto da fare rientrare quasi subito l'emergenza. La solidarietà non è stata solo interna. I grandi della terra dal G20 si sono fatti subito sentire.
Hanno assicurato la propria vicinanza e garantito tutto il sostegno necessario. Dall'India agli Stati Uniti, dalla Cina all'Ucraina, persino Israele e Palestina. I leader dell'Ue hanno firmato una lettera a Ventisette (formula che si riversa solo ai grandi fatti). L'Algeria, con i cui i rapporti sono (o forse erano) ai minimi storici ha riaperto lo spazio aereo per favorire il passaggio degli aiuti umanitari. Le prime squadre di soccorso sono già arrivate e altre sono attese per la giornata, dal Senegal alla Francia, dalla Spagna al Qatar. Il Paese - che ha dichiarato il lutto per tre giorni - è scosso ma non diviso. E' ferito ma non abbandonato. Il re Mohammed VI ha già dato mandato per formare una cabina di regia ministeriale che si occuperà della ricostruzione. Intanto però si attende il prossimo bollettino.
Interi villaggi di montagna spazzati via; centinaia di famiglie decimate e migliaia di persone sdraiate nelle piazze per la loro seconda notte fuori dalla propria casa. Chi spinto dal terrore delle scosse di assestamento - che non danno tregua - e chi perché non ha più un luogo dove rincasare. Il sisma che ha colpito il Marocco nella notte di ieri, alle 23.11, ha devastato la regione a sud-est di Marrakech. L'ultimo bollettino del ministero dell'Interno definisce la portata dell'ecatombe: 2.012 morti e 2.059 feriti, di cui oltre 1.400 gravi.
La maggior parte dei deceduti si concentra nella provincia di Al Haouz (1.293 persone) e, in misura minore, a Taroudant (452), entrambe situate a sud di Marrakech, dove la cifra dei decessi si è fermata a tredici. Al Haouz è l'epicentro della scossa di magnitudo 6,8 gradi, a una profondità di 18,5 chilometri, secondo l'esservatorio geologico americano (Usgs). Il Centro nazionale marocchino per la ricerca scientifica e tecnica (Cnrst) ha indicato una magnitudo pari a 7 gradi della scsala Richter a una profondita di 8,5 chilometri. In ogni caso si tratta della scossa più forte mai registrata nella storia del Paese. L'ultima che si avvicina per portata - magnitudo 5,7 - risale al 1960 ad Agadir, non molto lontano dalla regione colpita. Allora fece 12 mila morti (un terzo della popolazione locale dell'epoca). La più recente nel 2004, ad Al Hoceima, con 628 morti e 926 feriti (6,3 gradi).
Tafeghaghte e Moulay Brahim sono tra le località più colpite. Piccoli villaggi di montagna (siamo sull'Alto Atlante), a una cinquantina di chilometri dall'epicentro. "Sono stati completamente spazzati via. I crolli di montagna hanno interrotto le strade e reso difficile l'arrivo dei soccorsi", ha raccontato il ministro della Giustizia, Abdelilah Wahbi, che è anche sindaco di Taroudant. In questi villaggi a scavare tra le macerie è arrivato l'esercito, con gli elicotteri per i soccorsi e le ruspe per farsi strada. Ma mentre i militari scavavano tra i resti, gli abitanti scavavano le prime tombe: alcune famiglie sono state decimate. E' già diventa simbolo la signora avvolta in una coperta che hai microfoni della tv di Stato ha elencato i nomi del marito e dei quattro figli, tutti persi. E come lei tanti altri.