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Cronache
Trieste, caldo e cimici: rivolta nel carcere. Arredi e lenzuola in fiamme

Rivolta in carcere a Trieste: un centinaio di detenuti ha creato disordini e appiccato incendi. Il motivo sono le pessime condizioni in cui vivono

Caldo, sovraffollamento, letti con le cimici. Sono solo alcune delle condizioni denunciate dai detenuti del carcere Ernesto Mari di Trieste che, nella giornata di ieri, giovedì 11 luglio, hanno scatenato una rivolta. Un gruppo composto da un centinaio di detenuti si sarebbe asserragliato in un'ala dell'istituto penitenziario e avrebbe dato fuoco ad arredi e lenzuola. Le forze dell'ordine in tenuta anti-sommossa sarebbero intervenute subito lanciando gas lacrimogeni. Ci sarebbero stai scontri e tentativi di negoziazione che non hanno portato alcun risultato. La rivolta, durate ore, sarebbe al momento rientrata

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Quattro detenuti sono stati portati al Pronto soccorso dopo aver avuto dei malori, chi per le esalazioni del fumo, chi per problemi cardiaci pregressi. La protesta è scoppiata per le condizioni in cui vivono gli uomini rinchiusi all'Ernesto Mari: dalle finestre gridavano di essere costretti a dormire a terra, su materassi pieni di cimici, lamentavano il caldo, aggravato dal sovraffollamento. Così hanno deciso di fare qualcosa nell'unico modo permesso ai detenuti. È stato fatto un tentativo di mediazione tra agenti e rinchiusi attraverso il responsabile del carcere della Camera penale Enrico Miscia e la garante per i detenuti Elisabetta Burla. Non ha dato alcun esito. 

LEGGI ANCHE: Le carceri del Lazio scoppiano: sovraffollamento al 138%. È allarme rosso

Aldo Di Giacomo, il segretario generale del sindacato autonomo della polizia penitenziaria ha commentato l'accaduto: "Ennesima rivolta, questa volta nel carcere di Trieste. Alla base sembrano esserci le cattive condizioni detentive. Una rivolta al giorno nel più assoluto abbandono da parte dello Stato. Detenuti e poliziotti accomunati dalla stessa sorte. Non è più possibile continuare in questo modo. Ministro e governo si prendano le responsabilità di trovare soluzioni".

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