Cronache
Vaccino, Vaticano: chi non lo fa rischia il posto ma “nessun intento punitivo"
Chi non vuole vaccinarsi rischia licenziamento ma dalla Santa Sede precisano: "Nessun intento punitivo per chi non si vaccina"
La vaccinazione contro il Covid è su base volontaria in Vaticano ma la Santa Sede prevede per chi si rifiuta, "conseguenze di diverso grado che possono giungere fino alla interruzione del rapporto di lavoro". Lo prevede un decreto in materia di emergenza sanitaria pubblica dell'8 febbraio 2021, a firma del presidente della Pontificia Commissione dello Stato della Città del Vaticano, il cardinale Giuseppe Bertello. All'articolo 6, comma due, si legge che "il lavoratore che senza comprovate ragioni di salute rifiuti di sottoporvisi (agli accertamenti sanitari preventivi o a una profilassi che preveda la somministrazione di un vaccino "a tutela della salute dei cittadini, dei residenti, dei lavoratori e della comunità di lavoro", ndr) è soggetto" alle responsabilità e conseguenze previste dal Rescritto Ex Audientia SS.MI.
Qui si legge che "il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti preventivi o periodici previsti e agli accertamenti sanitari d’ufficio, nonché la rinuncia alla prosecuzione dell'accertamento preventivo, periodico o d'ufficio già iniziato, comportano per i dipendenti conseguenze di diverso grado che possono giungere fino alla interruzione del rapporto di lavoro. Per i candidati all'assunzione, ciò equivale alla rinuncia alla costituzione del rapporto di lavoro".
Nessun intervento sanzionatorio o punitivo per chi non si vaccina, solo la presa d'atto che in alcuni contesti un rifiuto può costituire "un rischio per se, per gli altri e per l’ambiente lavorativo". La Santa Sede interviene per precisare quanto si prevede nel decreto del presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano dell’8 febbraio 2021 in materia di emergenza sanitaria. Il decreto, si sottolinea in una nota del Governatorato, "è stato emanato per dare una risposta normativa urgente alla primaria esigenza di salvaguardare e garantire la salute e il benessere della comunità di lavoro, dei cittadini e dei residenti nello Stato della Città del Vaticano".
Il presupposto, quindi, è quello "della tutela individuale del lavoratore e quella collettiva dell’ambiente lavorativo in caso di un evento che possa configurarsi come emergenza sanitaria pubblica". In particolare "la disposizione riguarda tutte le misure idonee dirette a prevenire, controllare e contrastare situazioni eccezionali di emergenza sanitaria pubblica e vengono diffusamente indicati tutti gli strumenti per una adeguata e proporzionale risposta al rischio sanitario".
Tra queste misure, su indicazione dell’Autorità sanitaria dello Stato, "può essere ritenuto necessario il ricorso alla vaccinazione per determinati contesti: in attività lavorative inerenti il pubblico servizio, i rapporti con terzi o rischiose per la sicurezza della comunità di lavoro. L’adesione volontaria - continua la nota - a un programma di vaccinazione deve, quindi, tener conto del rischio che un eventuale rifiuto dell’interessato possa costituire un rischio per se, per gli altri e per l’ambiente lavorativo. Per tale motivo la salvaguardia della comunità può prevedere, per colui che rifiuti la vaccinazione in assenza di motivi sanitari, l’adozione di misure che da una parte minimizzino il pericolo in questione e dall’altra consentano di trovare comunque soluzioni alternative per lo svolgimento del lavoro da parte dell’interessato".
Il richiamo "alle preesistenti 'Norme per la tutela della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali da osservarsi negli accertamenti sanitari in vista dell'assunzione del personale e durante il rapporto di lavoro e Norme a tutela dei dipendenti affetti da particolari gravi patologie o in particolari condizioni psicofisiche' del 18 novembre 2011 (Rescritto Ex Audentia SS.mi., ndr) deve quindi ritenersi come uno strumento che in nessun caso ha natura sanzionatoria o punitiva, piuttosto destinato a consentire una risposta flessibile e proporzionata al bilanciamento tra la tutela sanitaria della collettività e la libertà di scelta individuale senza porre in essere alcuna forma repressiva nei confronti del lavoratore".