Cronache

Il calvario di Armando Verdiglione. Un altro caso di mala-giustizia?

 

La Requirente invoca una “continuità ideale” tra i fatti del 1984,

oggetto del noto processo, e i fatti oggetto di questo processo. Ma i

fatti sono differenti. Il contesto è differente. La natura del processo è

differente. Questa “continuità ideale” è soggettiva: appartiene a chi

la presume, in ossequio a un arcaismo mutuato dall’antropologia di

Cesare Lombroso e assurto a luogo comune personologico.

Continuità di un fantasma.

Il processo mediaticogiudiziario tenuto fra il 24 giugno 1985 e il

28 ottobre 1992 era politico: sette anni di dibattiti, congressi, libri,

film, video in tutto il mondo. Premi Nobel, scienziati, intellettuali,

direttori di giornali, scrittori erano venuti, sorpresi dall’arcaismo

demonologico. Lo avevano definito “processo per stregoneria”.

Lungo i dodici anni precedenti, dal 5 febbraio 1973 al 24 giugno

1985, la provincia era disturbata dalla novità, dall’indipendenza

delle strutture, dall’assenza del pagamento delle dogane

ideologiche, dall’accostamento essenziale fra cultura e impresa, fra

scienza e finanza, dalla libertà della parola. Dalla libertà di

associazione. Secondo un pregiudizio rivolto contro tutto ciò che si

fa di nuovo, contro l’esperienza, contro l’impresa intellettuale,

contro l’intellettuale imprenditore. Un attacco violento contro il

Movimento culturale internazionale. Io ho affrontato il processo,

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non mi sono sottratto. Mi sono anche costituito contro una pena

ingiusta, pur non accettandola, non accettando il ruolo di vittima. Il

processo si è concluso con il patteggiamento del 28 ottobre 1992. Il

Pubblico ministero aveva dichiarato a “Repubblica”: “Il muro di

Berlino è caduto. E sarebbe antistorico proseguire a infierire su

Armando Verdiglione”. Ho fatto il patteggiamento per ragioni

economiche, per il Movimento. Al processo non c’erano parti civili:

tutti erano soddisfatti. Il fallimento della società proprietaria della

Villa, decretato il 7 novembre 1989 per via del sequestro penale che

la rendeva invendibile, è stato chiuso il 22 dicembre 1995 “per

pagamento integrale dei creditori”. La Villa era stata acquistata nel

1983-1984 da una società che aveva fatto, allo scopo, un opportuno

aumento di capitale con conferimenti in danaro da parte dei soci.

Quello che il Pubblico ministero chiama “appartamento” era, in

piazza del Duomo, il centro culturale, artistico, scientifico, che, dal

1981 al 1991, teneva un dibattito internazionale, promuovendo le

novità in ogni settore, ospitando scienziati, compositori, artisti,

banchieri, informatici, matematici, medici, imprenditori, dissidenti.

Nel primo processo, non è avvenuto nessun aumento di capitale

sociale attraverso cessioni di opere d’arte e rinunce al credito in

conto capitale: l’aumento è avvenuto per versamento diretto di

denaro liquido da parte dei soci, in seguito a delibere assembleari.

Dalla fondazione del Movimento culturale internazionale il 5

febbraio 1973 a oggi, in questi quarantatré anni, che cosa ho turbato?

L’ordine pubblico? L’incolumità pubblica? La sicurezza nazionale?

Quale ordine ho menomato nella sua essenza? Dove sta il patto che

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sancisce l’istituzione criminale? Come è stato formulato? In quale

riunione? Con quale rituale? Con quali parole? Decine e centinaia e

migliaia di persone si sono associate con me in ogni parte del

mondo per un programma criminoso? Con quali incontri? Con quali

riunioni? Con quali mezzi? Con quali strumenti? Con quali armi? E

con quale scopo? Con lo scopo di fare fronte alla “questione

finanziaria” nel periodo delle intercettazioni telefoniche, dal mese di

aprile 2009 al mese di luglio 2009, in seguito alla devastazione

compiuta dall’intervento dei Marescialli? E come si enunciava la

“questione finanziaria”? Con lo sforzo di mantenere compiti e

impegni bancari e commerciali mediante la tenuta gestionale e

l’apporto degli associati. E quali persone, in questi quarantatré anni,

hanno avuto “coscienza e volontà” di stringere tra loro un sodalizio

e un patto criminoso? Dove stanno e chi sono questi “soggetti”

criminali pericolosi? Quando e come e dove hanno costituito la loro

banda? Dove sta, piuttosto, la logica, la razionalità e la lucidità

dell’accusa? Che cosa rimane dell’accusa non già dell’”associazione

a delinquere”, ma della “setta di stregoneria”? Rimane, appunto, il

pregiudizio demonologico. Rimangono le rovine e le ceneri prodotte

e disseminate dall’azione improntata a tale pregiudizio.

Il Movimento cifrematico internazionale era una vera e propria

holding intellettuale, cui ciascuna persona si trovava associata, come

ciascun ente, come ciascuna società. Le associazioni sono molte, con

sedi in varie città. Ciascuna con attività culturali, artistiche e

scientifiche specifiche. Ciascuna con centinaia di associati e migliaia

di aderenti rispetto alle numerose e intense attività.

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Questo Movimento ha tenuto congressi d’impatto planetario a

Milano, a Roma, a Venezia, a New York, a Parigi, a Londra, a San

Pietroburgo, a Mosca, a Francoforte, a Ravenna, a Gerusalemme, a

Ginevra, a Losanna, a Chongqing (Cina), a Lubiana, a Tokio, a

Barcellona, a Caracas, a Cordova, a Lisbona. Ha pubblicato migliaia

di libri, riviste, saggi, articoli, video. Ha tenuto un centinaio di

mostre in tutto il mondo. Ha archiviato e reso fruibili migliaia di

audio, immagini, video, film, foto. Ha prodotto eventi che hanno

segnato ciascuna volta un’epoca. Ha coinvolto scienziati, artisti,

banchieri, imprenditori, filosofi, intellettuali, poeti, matematici,

compositori, giuristi, economisti, politici, dissidenti e coloro che,

ciascuna volta, avevano, nella loro esperienza, una novità assoluta

da proporre o di cui dare testimonianza.

La Requirente insinua la “costruzione a tavolino”, che è

precisamente quella che viene imbastita contro di me inseguendo il

fantasma e il postulato a esso conforme. Insinua anche “le teste di

legno”. E ha torto, perché delle “teste di legno” non c’è nemmeno

l’ombra nel Movimento cifrematico internazionale.

La Requirente espone la visione fantasmatica in tutto il suo

gnosticismo sulla “realtà” malefica: dai “soggetti fedeli”

all’”entourage”, dalla “professionalità” diabolica alla “veste di

capo”. Sulla scia del Malleus maleficarum si rincorrono

“svolazzamenti” stregoneschi, “vorticosità” demoniache: dal

“vorticoso giro di fatture” ai “vorticosi movimenti bancari”. Senza

mai verificare né indagare sulla corrispondenza fra fatture e

movimenti.

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Ciò che attraversa, da cima a fondo, questo processo è il

fantasma di sé, su cui si doppia il fantasma dell’Altro, qui del

“guru”, di “un unico dominus”, del signore del male. Il fantasma di

sé è fantasma di padronanza. Fantasma di origine, di purezza, di

morte, di circolarità, di ritorno all’origine, di salvezza. Il fantasma

della “soluzione finale”.

Il “personaggio” creato dai Marescialli è stupido: per frodare e

truffare, si sarebbe messo a scrivere un centinaio di libri, a

pubblicare le opere di migliaia di scrittori, a organizzare congressi

scientifici in tutto il mondo, a inventare una scienza, la cifrematica,

instaurare dispositivi intellettuali in materia di arte, di cultura,

d’impresa, a restaurare per lunghi venticinque anni la Villa San

Carlo Borromeo con un risultato unico in Italia, a promuovere la

ricerca scientifica in vari settori, a tenere e dirigere corsi, equipe,

master, laboratori intellettuali, giornate di studio in Italia e in molte

città estere, a curare centinaia di video, a organizzare gli scambi

culturali fra l’Italia e molti paesi, e altro ancora.

Quello che è accaduto in questi sette anni è stato un gigantesco

letale cerimoniale gnostico, che, nelle sue procedure, rivolte a

incenerire per, idealmente, rigenerare dalle ceneri, ha creato

ovunque l’inferno in tutte le sue pene collocandovi i propri demoni,

le proprie streghe e altri soggetti indemoniati, creature nate dai

propri fantasmi.

Nessun reato. Nessun disegno ritenuto criminoso, perché

supposto demoniaco. Ma la vita e l’opera. La mia e di migliaia di

altri, autori di libri, artisti, compositori, scienziati, imprenditori,

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matematici, in Italia e all’estero. La vita e l’opera di coloro che

hanno contribuito alla cultura, all’arte e alla scienza attenendosi al

criterio della qualità. La vita e l’opera di coloro che hanno compiuto

e compiono una scommessa intellettuale, una scommessa di civiltà.

La vita e l’opera di coloro che, per un solo interesse, l’interesse

intellettuale, e per un solo profitto, il profitto intellettuale, hanno

assunto il compito e la missione di contribuire alla libertà e alla

pace, anche promuovendo la trasformazione culturale, che fonda la

trasformazione politica e la trasformazione economica.

Io sono amministratore di diritto di cinque società, che erano

importanti. Non sono indifferente ai progetti, ai programmi, alle

specificità delle altre società, do il mio contributo intellettuale ai soci

e agli amministratori delle altre società. Ma in nessun modo sono

amministratore di fatto delle altre società, tale da gestire e dettare la

contabilità a un ragioniere.

Il fantasma costituisce il pregiudizio. Il pregiudizio si

rappresenta nel sospetto. Il sospetto crea l’indizio. L’indizio si

converte in segno del reato, secondo il vocabolario

psicocriminologico. E tutto ciò sta in luogo della prova.

I reati non sono stati provati, ma sono stati solamente postulati.

E attorno alla postulazione fiorisce una fantasmagoria fatiscente,

irrazionale, insensata, assurda. Nessuna prova del reato associativo.

Nessuna prova del reato fiscale. Nessuna prova del reato di truffa.

Consortium sceleris. Pactum societatis. Pactum sceleris. Chi ha

stipulato il patto? Quando? Come? Perché? Dove sta la prova? Il

Movimento cifrematico internazionale, le associazioni in varie città,

le società, gl’istituti scientifici, la casa editrice, i musei, i prodotti

intellettuali, le opere d’ingegno, i dispositivi di parola, i

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dipartimenti, la cifrematica, il Brainworking, l’Artbanking: sono

prove di un reato associativo? Sono prove di un interesse a evadere

il fisco? Sono prove d’inganno delle banche?

Da nessuna parte e in nessun modo risulta il vincolo associativo

a fine criminoso. Per altro e per il resto, il Pubblico ministero non lo

formula. Si limita a postulare tanti capi, che scompaiono appena

menzionati, rimanendo “un unico dominus”. Nessuna indicazione

di predisposizione comune di mezzi, di strutture, di programma di

delinquenza, di organizzazione, di stabilità, di autonomia rispetto

alla commissione di qualunque reato. Non basta postulare il reato

per ipotizzare l’associazione, reato di pericolo pubblico. Chi sente

qui il pericolo, ma non pubblico, il pericolo per la propria mentalità,

per la propria ideologia, per la propria religione di padronanza e di

morte?

Chi, in Italia, con interessi intellettuali, non ha frequentato un

congresso, un master, una conferenza, un dibattito, un laboratorio

scientifico, una mostra o acquistato un libro, una grafica d’arte in

quarantatré anni della nostra impresa intellettuale? Chi, nelle varie

città italiane, non è andato una volta a sentire un autore della casa

editrice? Ma non solo in Italia. In molte città del pianeta.

La Requirente crea, immagina, pensa le “teste di legno”. E come

possono le teste di legno essere protagoniste di una banda

criminale? E come potrebbero essersi accordate per commettere una

gamma indeterminata di reati? Ciò che disturba e turba i Marescialli

e la Requirente è la libertà, la libertà della parola, la libertà di

associazione, la libertà d’impresa e di ricerca, la libertà di scrittura.

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I Marescialli creano l’“entourage” di “un unico dominus”, si

appassionano, ne sono affascinati, animati da un noto erotismo. E

tutto diventa “fenomeno” demoniaco, cui possono dare una

significazione criminologica. E agiscono con spirito orgiastico,

distruttore, in funzione salvifica. Il loro fantasma di padronanza

fonda il postulato della falsificazione diabolica. E ciò li esime dal

compiere qualsiasi analisi, qualsiasi accertamento, qualsiasi verifica.

Ciò li esime dall’indagare sul tipo di attività svolta da ciascuna

società, sull’apporto di ciascuno, sulla coerenza dei dati

amministrativi, imprenditoriali e contabili.

La Requirente misconosce che associati, società, associazioni

fanno parte del Movimento cifrematico internazionale, pur

citandolo. Preferisce dire che tutto è riferito a “un unico dominus”.

Tutto, quindi, il gruppo. Gruppo effettivamente societario. Poi la

Requirente finge che non sia un gruppo, per criminalizzarlo. È un

gruppo. La sua holding è intellettuale, è il Movimento cifrematico

internazionale (cfr. direttiva UE n. 112 del 2006, art. 11).

Io rispetto le istituzioni. Rispetto anche i Marescialli. Per quale

ragione sono venuti il 18 novembre 2008? Non per una verifica

fiscale. Non avevano neanche la “causa d’innesco”. I Marescialli

hanno sbagliato tutto: inseguendo il proprio fantasma, non hanno

capito nulla. Il fantasma ha sviluppato il postulato.

I Marescialli criticano – e la Requirente ricalca – l’espressione

“progetto globale”, come se si trattasse del misterioso e sicuro segno

del demoniaco e, quindi, del criminoso. Il progetto globale è il

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progetto proprio del secondo rinascimento: promozione della

ricerca scientifica, delle novità in materia di arte, di cultura, di

scienza, di politica, di economia, procedente per integrazione

dall’apertura intellettuale; produzione di opere d’ingegno. E tocca

ambiti diversi: dall’editoria alle mostre, ai congressi, agli istituti di

ricerca e di formazione, come agli istituti di scambi internazionali.

Ciascun imputato ha dato un apporto essenziale ai servizi, alle

attività editoriali, formative, congressuali, culturali, artistiche, nello

specifico dei propri interessi intellettuali e delle finalità statutarie di

ciascuna società. E, come loro, tanti altri associati. Ciascuno

protagonista dell’esperienza, del progetto, del programma. Con

ogni sforzo. E con i mezzi e gli strumenti che sono della parola.

Ciascuno nel suo itinerario intellettuale. Nessuno degli imputati è

esperto fiscale né tecnico della fatturazione. Per ciò intervenivano

numerosi ragionieri, commercialisti, fiscalisti e altri consulenti. E chi

è amministratore mette a disposizione dell’impresa la specificità

della sua esperienza e dei suoi interessi intellettuali. Taluni imputati

non sono amministratori.

Dal 18 novembre 2008 la mia attività si è rivolta a assicurare la

tenuta del “gruppo”. Immobilizzato nell’ufficio a Milano, lavoravo

diciotto ore al giorno. Nessuna uscita da Milano, tranne al sabato

per andare a Senago. Anni trascorsi oltre ogni strazio. E subendo

ricatti, terrorismo, sciacallaggi, cannibalismi.

Il mio non è un caso giudiziario, ma un caso di qualità. Il primo

tentativo di convertirlo in un caso giudiziario è fallito. Questi sette

anni sono stati molto più difficili e complessi, perché l’attacco ha

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colpito tutte le strutture in modo pantoclastico. Io sono ancora qui,

per una battaglia di civiltà, a testimoniare (con la mia vita e quella

delle persone coinvolte in questa che assume le caratteristiche e le

insegne della persecuzione) che è un caso di qualità e che la

questione qui è la questione intellettuale.

Cristina Frua De Angeli non si è mai occupata né di contabilità

né di fiscalità né d’indurre in errore istituti di credito e Ministero.

Dal mese di settembre 1974 a oggi. E nel dibattimento e nelle

intercettazioni rappresentate, non emerge in tal senso non solo

nessuna prova, ma neppure un indizio. Lei è intervenuta sempre

con contributi importanti suoi e della sua famiglia, con il suo lavoro,

con entusiasmo, virtù e cultura, all’attività editoriale, congressuale,

mediatica e al restauro della Villa San Carlo Borromeo. In modo

intelligente, elegante, sublime. Ha subito le conseguenze nefaste di

questi sette anni di processo, anche in materia di salute. La sua

“testimonianza” ha un valore assoluto.

Nella sua deposizione, il Maresciallo X ha dichiarato che non ha

mai effettuato l’inventario delle opere d’arte, le perizie, le indagini

sulle grafiche d’arte. Non ne ha controllato la sussistenza, il numero,

la qualità, il valore per ciascuna società, nemmeno per Villa San

Carlo Borromeo srl. In aula, ha, suo malgrado, verificato una sola

nota di vendita, che era di vendita di beni. Infatti, ha, prima,

lamentato che la fattura era sprovvista dell’elenco dei beni e, poi, ha

riconosciuto, vedendolo, che l’elenco dei beni c’era. In realtà, fatture

e note di vendita, il Maresciallo le ha viste soltanto al computer,

dove non stavano né gli allegati né le descrizioni.

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La vastissima documentazione sulla effettività delle operazioni

attinenti alle cessioni, ai lavori e ai servizi, nonché la puntuale e

dettagliata descrizione delle fatture è stata consegnata alla Guardia

di Finanza il 19 settembre 2011. Ma non è stata letta né verificata

dalla Guardia di Finanza (cfr. dichiarazione scritta del nostro perito

tecnico nelle note al Processo verbale di constatazione della società

Villa San Carlo Borromeo: “Vi è inoltre purtroppo da evidenziare

che il contenuto del Pvc ripropone pedissequamente per larghissimi

tratti il contenuto della nota inviata dalla Guardia di Finanza

all’autorità giudiziaria in relazione a talune attività di indagine della

stessa nel gennaio 2010; tutto quanto avvenuto successivamente e, in

particolare, gli apporti documentali, fattuali e giuridici apportati

dalla società soprattutto dal maggio scorso non sono quasi neppure

stati presi in considerazione. (…) Nulla è detto in merito agli

importantissimi e voluminosi documenti presentati, in relazione al

contenuto dei quali nessuna valutazione è espressa dai verificatori,

se non per affermare che “non è stata ritenuta idonea a dimostrare

l'effettività delle cessioni. (…) Purtroppo non si è neppure ritenuto

di allegare tale documentazione al pvc. (…) i documenti esibiti in

merito all'esistenza dei beni e all'effettività delle operazioni non

sono stati riportati per scelta dei verificatori”).

La bellezza, la cultura, l’arte, i servizi intellettuali, la Villa, il

giardino come orto botanico filologico, i libri, i film, i video, le

riviste, le sedi in molte città e paesi, le associazioni, le società,

persino l’intelligenza, il cervello: tutto desta un’invidia

antintellettuale, che include l’invidia sociale e che reclama la

vendetta sociale e politica.

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I Marescialli X e Y non sono mai andati alla Villa, non hanno mai

visitato un museo, un magazzino, una galleria, una libreria del

gruppo. Non hanno mai chiesto nulla né a funzionari di banca né a

funzionari del Ministero. Hanno fatto tutto come Marescialli della

Finanza e non come polizia giudiziaria. Hanno fatto tutto sulla

“presunzione tributaria”, allegando le loro credenze, le loro

immaginazioni, le loro false opinioni, i loro pregiudizi, inseguendo

apparenze, fumisterie. Hanno fatto tutto “sulla carta”. Si sono

appassionati alla creazione della “setta” e del guru. Hanno

demonizzato e erotizzato tutto. Come Marescialli della Finanza, non

avevano bisogno di compiere analisi e riscontri, né di approfondire

né di provare nulla. Bastava loro costruire la montagna

fantasmatica. Ripresa pedissequamente dalla Requirente. Il

Maresciallo dichiara: “Non abbiamo fatto un controllo delle

giacenze, si dovrebbe trattare di opere d’arte effettivamente

esistenti”. Giacenze le opere d’arte? Le giacenze stanno in

magazzino e riguardano i beni commerciali, libri d’arte, grafiche

d’arte. I musei accolgono, invece, i beni strumentali, le opere d’arte.

Ma il Maresciallo X affastella, confonde e assomma tutto, opere

d’arte e grafiche, fatture e note di vendita.

Lo stesso Maresciallo X ammette appunto in udienza di non

avere svolto “un’attività d’inventario”, di “non avere verificato

l’esistenza delle grafiche d’arte”, di non avere fatto “controlli

materiali sulle opere”, di non avere svolto “controlli sull’effettività

delle operazioni di cessione” (trascrizione dibattimento), come di

non avere esercitato “controlli sull’effettività dei servizi”. In realtà,

neppure un controllo, neanche superficiale, neanche logistico, né

sulle giacenze di magazzino di nessuna società né sui musei di

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ciascuna società, costituiti da migliaia di opere. Quindi niente

verifiche, niente controlli. Allora, che cosa hanno fatto i Marescialli?

“Noi siamo partiti da un altro punto di vista, cioè una volta per noi

dimostrata la riconducibilità di tutti i soggetti a un unico dominus,

abbiamo ritenuto che queste cessioni non sussistessero”. Un “punto

di vista”. Una visione. Un fantasma. Il proprio. “Abbiamo ritenuto

(…)”. Quindi il Maresciallo X afferma che non è provata

l’insussistenza delle cessioni.

Il Pubblico ministero porta il fantasma di “un unico dominus”

all’ultima conseguenza. Così passa dall’idea di “influenza” del

primo processo (24 giugno 1985-28 ottobre 1992) all’idea di

“cattura”. Con un tocco finale nella creazione del soggetto.

Allora, in definitiva, le fatture sono false perché le operazioni

sono inesistenti? Oppure le operazioni sono inesistenti, perché le

fatture sono false? Prendiamo atto: il Maresciallo X, in udienza,

ammette di non avere effettuato né verifiche né controlli

sull’effettività delle operazioni, di non avere controllato né beni

museali strumentali né beni commerciali (grafiche d’arte, libri

d’arte), né musei né giacenze. Non ha controllato nemmeno

l’effettività di ventitré società e di cinquanta enti non commerciali.

In modo vero e proprio, la verifica non è stata fatta nemmeno per la

Villa San Carlo Borromeo srl. Quando, nel mese di maggio 2011, i

Marescialli hanno dichiarato conclusa la verifica fiscale di Villa San

Carlo Borromeo, hanno dichiarato le conclusioni per tutte le società.

Allora, le fatture, le società, le associazioni sono false per postulato.

False perché viene postulato il fattucchiere. False perché sono opera

del fattucchiere. Questo è il lavoro compiuto dai Marescialli.

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In realtà, i Marescialli non hanno esercitato nessun controllo non

solo sulle altre ventidue società, ma nemmeno sulla Villa San Carlo

Borromeo. Di nessuna società, di nessuna associazione, di nessuna

persona hanno controllato i flussi bancari, né le corrispondenze tra

flussi e fatture, tra flussi e contributi associativi. Dicono di 200 conti

bancari, sempre non controllati. Ma considerando ventitré società,

cinquanta associazioni, cinquemila associati, cinquantamila

aderenti, i conti sono molti di più. Non hanno controllato nulla.

Alla domanda “che cosa significa Brainworking?”, il Maresciallo

X risponde: “Non lo so, è un’attività, penso, di supporto

psicologico”. Questa formulazione è ricalcata dalla Requirente. Lo

stesso vale per Artbanking, per l’arte, per i musei: tutto si annulla,

salvo la volontà di punire per ricavi postulati come inesistenti. Tutto

s’incenerisce, per vederlo idealmente salvato.

Il Pubblico ministero, nella sua replica, dice: “Nessun

accertamento è stato fatto. Comunque nessuna perizia è stata

disposta sul valore delle opere presenti all’interno della Villa. E

quindi, nessun accertamento sui lavori, sull’effettività dei lavori

svolti, su questi servizi di Brainworking e altri servizi”. Il Pubblico

ministero ricalca, ripete, ricarica le formulazioni del Maresciallo X.

Con qualche errore e qualche caricatura in più. Non esistono le

società, gli enti morali, perché sono soggetti “riconducibili” a “un

unico dominus”. Questa è l’oggettività che viene attribuita alle

fatture per crederle, immaginarle, pensarle false. Questa è, invece, la

soggettività dell’inquirente e della Requirente.

E gli artisti davano il loro contributo associativo in opere, non

già alle persone fisiche come destinatarie, ma al Movimento

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cifrematico internazionale e alle associazioni e fondazioni che ne

facevano parte.

E alla Villa non stanno tutte le opere, ma soltanto quelle che sono

di proprietà della Villa San Carlo Borromeo come parte integrante di

un unico bene, che è strumentale. Non stanno alla Villa le opere e i

beni commerciali (grafiche e libri d’arte) che fanno parte dei musei o

dei magazzini delle altre ventidue società.

E altri beni appartenevano alle associazioni e stavano nelle loro

sedi e nei loro centri sparsi in varie città. E qual è la mirabolante

dimostrazione che compie il Maresciallo X? La sua creazione dei

soggetti e della loro riconducibilità a un “unico dominus”?

Le “intercettazioni” sono estrapolate, convertite, stravolte,

deformate, in breve falsificate.

La frammentarietà dei riferimenti è direttamente proporzionale

alla sommarietà. Ogni elemento, estratto dal testo e dal contesto,

viene colorato e significato secondo un vocabolario demonologico

fatto di luoghi comuni. Viene così creata una realtà dalle ceneri della

realtà negata.

La signora F. B. ha una sua azienda, una sua attività, scrive e

pubblica articoli sul suo itinerario intellettuale. Si propone di

collaborare per quella che è la sua competenza, gli spettacoli anche

musicali, segnatamente nei convegni, anche aziendali. E chiede

consulenze. Scrive articoli su riviste e giornali. Poi si fa debole per

uscire dal processo. Non ha mai chiesto “supporto psicologico”.

Non sarebbe stato quello l’indirizzo cui rivolgersi. La Requirente se

la rappresenta fantasmaticamente come adepta, catturata,

psicologicamente debole. In un quadretto patetico e grottesco.

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Nel 2005, per un anno, il ragioniere P. va a lavorare da un’altra

parte. Nel 2006, gli viene diagnosticato il tumore. Nel 2007, subisce il

primo intervento. Nel 2008, in gennaio, il secondo intervento.

Dall’inizio di febbraio 2009, non viene più in ufficio. Nei tre anni

precedenti, la sua frequentazione era sempre più rarefatta, a ragione

della malattia.

In agosto, una settimana prima che morisse, sono andato a

trovarlo in ospedale e così ho saputo del suo “colloquio” del 24

marzo, durante la visita dei Marescialli in casa sua a Busto Arsizio

dalle 7 del mattino al pomeriggio. Mi ha raccontato particolari

terrificanti di quella “visita”. Non mi ha detto del suo colloquio

successivo con il Pubblico ministero. Ho letto gli atti. Ho constatato

che non è avvenuto l’incidente probatorio e che Pellegrino era sotto

chemioterapia, come accade.

A proposito del ragioniere P., il Pubblico ministero, nella sua

replica, non cita né la sommaria informazione testimoniale né

l’interrogatorio sostenuto il 7 maggio 2009 in tribunale, appunto con

il Pubblico ministero. In particolare, non replica per nulla alla

contestazione del mancato incidente probatorio.

Dal quadretto caricaturale creato falsificando e riducendo la

realtà, io avrei dettato tutte le fatture, nei loro contenuti e nei valori,

quindi molte migliaia. Io viaggiavo sempre all’estero, talora in Italia,

ciascuna settimana. Tenevo conferenze, congressi, master, giornate

di studio. Leggevo. Scrivevo libri. Curavo l’edizione delle nostre

pubblicazioni. Incontravo scienziati, intellettuali, imprenditori,

dissidenti, banchieri, scrittori, poeti, collaboratori. Come avrei

potuto dettare le fatture di tutte le società a una sola persona? E

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come avrebbe potuto una sola persona eseguire formalmente tutte

queste fatture? Una persona, che, per giunta, in quel periodo era

assente o perché faceva un altro lavoro o perché gravemente

malata? Io non dettavo le fatture. Le fatture venivano emesse sulla

base dei dati che affluivano dalle varie società e dalle varie sedi.

Secondo la rappresentazione fantasmatica dei Marescialli e,

conseguentemente, della Requirente, l’“unzione” parte tutta da una

stanza minuscola, tutta da un computer portatile personale, tutta da

un officiante, proveniente da Matera, che crea e mescola le sostanze

per produrre documenti fiscali demoniaci, quindi fittizi, falsi,

agendo sotto la dettatura diretta del diavolo. E non importa se

gravemente malato o se gravato da una mole gigantesca di cose o se

incolto. Non importa nemmeno il suo grado di competenza.

Ragioniere P.: “Per ciò che attiene alle fatture relative alla

cessione dei beni ‘quadri, mobili, statue, arredi d’epoca’ ero

convinto che fossero reali in quanto mi è spesso capitato di andare

in Villa e di trovarvi beni d’antiquariato”.

Il ragioniere P. avrebbe detto che alcuni valori delle opere e dei

servizi gli sembravano un po’ alti o spropositati. Qual è stato il

grado di forzatura, nelle condizioni di salute in cui è avvenuto il

colloquio, per cui avrebbe detto così? A ogni modo, stava a lui,

ragioniere, senza altra istruzione, senza altra formazione, stabilire il

valore delle opere d’arte o dei servizi?

Chi tanto riceve tramuta il senso di debito in senso di credito.

Cioè non si sente in debito ma in credito. L’ingratitudine è, fra tutti i

vizi, il peggiore. Quale grado d’ingratitudine, quindi di rancore e di

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rivendicazione, interviene nel suo “colloquio” con i Marescialli nello

spirito di una comune invidia antintellettuale nonché sociale, nella

stanchezza per una notte insonne con dolori lancinanti dovuti alla

chemioterapia e nel fatalismo di ore drammatiche alla presenza

della moglie nigeriana e dei figli?

Perché il 24 marzo 2009, il ragioniere P. assume tutto su di sé, si

attribuisce l’esclusiva della contabilità e del rapporto con me?

Protagonismo patetico e penoso. Perché non parla degli altri

contabili e delle strutture operative di Numerario srl, la società che

si occupa della contabilità?

La documentazione extracontabile, che non risponde a nessuna

operazione effettiva constatata dall’amministratore, non può entrare

per nulla nella contabilità. Mai nota agli amministratori. Vale

quanto un’esercitazione o uno studio da parte del ragioniere nel

computer portatile personale o a casa sua.

I dilettantismi di P. nel suo computer portatile personale non

sono fatture. Non c’entrano nulla né con la contabilità né con

l’amministrazione. Gli stessi Marescialli hanno riconosciuto che

sono estranee alle contabilità. Soltanto le fatture che sono entrate

nella contabilità e che sono state verificate da colleghi e

dall’amministrazione sono fatture. Fatture vere, rispondenti a

operazioni vere.

La fantasmatica dell’accusa non ha trovato nessun riscontro né

nella realtà imprenditoriale, associativa, societaria né nella realtà

dibattimentale. E non emerge, da qualunque parte si considerino le

cose, nessun vantaggio per gl’imputati e nessuna volontà di

raggiungere tale vantaggio commettendo reati. L’erario non ha

19

perso nulla, ma ha guadagnato. E la collettività ha guadagnato una

splendida villa, libri, arte, cultura, video, film, congressi, una casa

editrice con un catalogo unico in Europa.

Le cessioni di beni (beni museali strumentali, che non devono

vendersi, e beni commerciali come grafiche d’arte, libri d’arte e altri

libri), i servizi (consulenze, marketing, direzione, organizzazione,

ufficio stampa, formazione), i lavori di restauro, le società, le

associazioni, in breve la realtà del business, realtà intellettuale, è

fittizia, falsa? Perché? Perché tutto ciò che è “riconducibile” a “un

unico dominus”, è falso. Tutto ciò che i Marescialli, e chi li ha seguiti

dopo, non capiscono viene da loro creduto, immaginato, pensato

falso. Il loro fantasma è questo: un diavolo rende le cose false. E

ritengono, giacché fantasmaticamente verosimile e probabile, che il

diavolo sia io. Il diavolo. Il guru. Lo stregone.

Che cosa fa lo stregone? Emette fatture. Il fattucchiere. Decine di

migliaia di fatture. Fatture nel gruppo di soggetti “rapiti”,

“catturati” e stregati. Non importa verificare i servizi, le opere, i

libri, le grafiche d’arte, i lavori di restauro. Basta che le fatture siano

da parte di società, di associazioni e di persone “riconducibili” a “un

unico dominus”. Valida è soltanto l’operazione dei Marescialli e di

chi li ha seguiti: opera benefica, ispirata all’idea pura, all’idea di

bene e di salvezza.

Questa operazione procede falsificando la realtà intellettuale. È

l’“Operazione guru”, come recita il titolo del comunicato della

Guardia di Finanza del 6 giugno 2011.

Nessuna verifica. Soltanto l’elenco delle fatture emesse, con cui

erigere somme imponenti. E stralci d’intercettazioni, deformate,

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travisate, distorte, commentate secondo il codice ideologico,

convertite in una realtà rispondente al fantasma.

La stessa fattura viene considerata un ricavo valido per chi la

emette e un costo invalido per chi la riceve. Un’assurdità. Se le

fatture infragruppo fossero fittizie, allora per ogni società,

considerando le fatture emesse e le fatture ricevute, vi sarebbe un

importo rilevante pagato in più all’erario. Ogni società ha un MOL

dal 5% al 10% ogni anno: nessuna società in perdita.

Le associazioni, come le persone, che detengono le opere,

possono venderle. E le vendono a una società. Poi cedono il credito

al socio, che rinuncia al credito in conto capitale. Questa procedura è

lecita. E risponde a una prassi ossequiosa delle normative vigenti.

Ciascuna società costituisce il suo museo vivente, come strumento

di redditività.

L’artista, come associato, dà il suo contributo associativo. Come

altri contribuiscono con beni, con il proprio lavoro, con le quote.

Sono tutti contributi associativi, che, contrariamente a quanto

asserisce la Requirente, non danno al Movimento cifrematico

internazionale (o alle altre associazioni) finalità di lucro. Il

contributo associativo caratterizza enti che sono associazioni di

persone.

Nel caso della Villa San Carlo Borromeo srl, le opere fanno parte

integrante del monumento. L’intero compendio è museo per il

Ministero, per la Regione, per la Provincia. Ed è convenzionato con

tali enti. Rispetto all’impresa e alla clientela imprenditoriale

internazionale, il monumento e le opere costituiscono un bene unico

strumentale per la redditività. Quindi, le opere, come i lavori di

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restauro, hanno accresciuto il valore del bene anche come impresa e,

pertanto, l’importanza della garanzia rispetto ai creditori.

Oggi, nonostante quanto è accaduto in questi sette anni,

nonostante il fallimento, i Lloyd’s di Londra assicurano le 4180

opere, come valori accettati, per 572 milioni di euro. E Royal Sun

Assurance assicura il monumento per 315 milioni di euro (senza il

parco, valutato 50 milioni di euro), anche qui come valore accettato.

Il perito del tribunale, architetto P. C., interpellato da una

compagnia di assicurazione, ha valutato il compendio immobiliare

euro 368 milioni. Nel mese di gennaio 2015 (perizia già depositata in

dibattimento).

La rinuncia al credito in conto capitale è fatta dal socio per la sua

decisione di patrimonializzare la società e dotarla di un altro

strumento di redditività. Questo accresce la garanzia patrimoniale

per i creditori.

La Requirente recita: “Una persona fisica o un’associazione

emette fattura”. No: emette una nota di vendita. Infatti, non ha

partita IVA, perché non presta un’attività commerciale. Le

associazioni non hanno reddito. Per questa ragione, non fanno

dichiarazione dei redditi.

Nella sua replica, il Pubblico ministero dice che sono state

considerate con IVA soltanto le fatture e le note di soggetti IVA. Ha

torto. Le note sono emesse da persone o enti che non sono soggetti

IVA. E le fatture sono emesse da società che sono soggetti IVA. I

Marescialli hanno considerato anche le note di vendita come emesse

da soggetti IVA. Sbagliando ogni calcolo e ogni criterio.

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Le associazioni non hanno attività commerciali. Le operazioni

rispondono alle finalità statutarie e sono fiscalmente irrilevanti. Per

ciò non fanno dichiarazione dei redditi. In ossequio alle normative

in materia. Nessun dividendo. Nessun profitto per gli associati.

Bastava verificare i modelli EAS regolarmente presentati dalle

associazioni.

Le grafiche d’arte erano cedute nel magazzino in cui si

trovavano. E chi le acquistava s’incaricava di prenderle e di

trasportarle. Con mezzi propri. In questo caso, il documento di

trasporto non è obbligatorio. E il costo del trasporto non è indicato,

perché assente. Lo stesso vale per le opere d’arte. Nessun trasporto,

perché assente: la rimessa è diretta. L’acquirente provvede al

trasporto con mezzi propri.

Non accade mai che le grafiche d’arte, che si vendono a un ente,

siano rivendute lo stesso giorno a un altro ente. Questo è confermato

dal Maresciallo X. su precisa domanda del Presidente: “Presidente:

‘Non era il caso che Villa San Carlo Borromeo vende cento grafiche

d’arte alla società X e lo stesso giorno le vende anche alla società Y’.

Maresciallo X: ‘No’”.

E poi non sono mai le stesse grafiche che si rivendono. Anche in

tal senso nessuna verifica è stata fatta dai Marescialli.

Le società e le associazioni avevano sede in varie città e siti. In

via Gabba 9 e in via Gabba 3 aveva sede operativa la società

Numerario srl, incaricata di provvedere agli adempimenti contabili

e fiscali dei vari enti. Questo compito era affidato a una sola società,

appunto, Numerario srl, per esigenze pragmatiche e economiche.

23

Il 24 marzo 2009, i Marescialli hanno esibito dinanzi a alcune

persone carte totalmente estranee alla contabilità e tratte dal

computer portatile personale del ragioniere Pellegrino, utilizzato dal

fantasma dell’accusa. Per la contabilità effettiva, la società

Numerario srl impiegava quindici computer. Almeno dieci erano i

contabili nel periodo dal 2005 al 18 novembre 2008. Perché i

Marescialli non hanno verificato la contabilità effettiva negli altri

quindici computer?

Tutte le operazioni erano contabilizzate. Tutte le fatture

rispondenti a operazioni effettive. L’articolo 21, comma 7, DPR

633/72, invocato nella fattispecie, prova, in maniera inequivocabile

e tassativa, l’assenza di danno all’erario. Infatti, secondo tale

articolo, chi emette la fattura è debitore soltanto perché chi la riceve

può detrarre l’IVA. E ciò toglie ogni questione penale.

A proposito dell’IVA, la sentenza della Cassazione n. 10939 del

27 maggio 2015 è chiarissima. Il postulato secondo cui l’IVA è

dovuta comunque da chi emette la fattura nel caso di operazioni

supposte inesistenti è rigettato, riconoscendo “la definitiva

eliminazione del rischio in questione”. Chi emette la fattura non

deve l’IVA, se il postulato non riconosce, a chi quella fattura riceve,

il diritto alla detrazione.

Relativamente alle imposte dirette, la sanzione di carattere

amministrativo per la presunta inesistenza della fattura è una

questione che attiene esclusivamente al processo tributario.

Risponde a una circolare del 2012. Ma “le disposizioni tributarie non

hanno effetto retroattivo”.

24

C. M., nella sua attività professionale, aveva rapporti con

aziende, anche edili. La società Impresa Nuova srl, di Rovigo, viene

costituita da due associazioni, segnatamente, allo scopo di occuparsi

di attività di restauro e di valorizzazione di monumenti e dimore

storiche, avvalendosi di ditte specializzate, di consulenti, di

professionisti, di manager. Il contratto che stipula di volta in volta

con Villa San Carlo Borromeo srl o con Frua De Angeli Holding spa

per Villa Rasini Medolago ha valori che non sono di “ricarico”

rispetto a quelli espressi dal contratto con la singola ditta, perché

Impresa Nuova aggiunge servizi, consulenze, organizzazione,

direzione.

Il nostro perito tecnico ha redatto, con la sua perizia, un

prospetto (consegnato come allegato alla relazione di P. D.) di

quanto abbiamo pagato in più di IVA e d’imposte dirette,

considerando valido l’assurdo postulato dei Marescialli. E ha

redatto pure un prospetto dettagliato delle banche che prova quanto

abbiamo pagato, compresi i derivati, finché gli effetti rovinosi

dell’azione su pretesto fiscale non hanno determinato l’immobilismo

e la paralisi.

La requisitoria scritta mette nell’elenco delle società del

“gruppo” la società Elitalia srl, società edile estranea al gruppo, che

aveva eseguito lavori di restauro e che in seguito è fallita.

Chiaramente, tutte le fatture emesse e i pagamenti effettuati tramite

assegni circolari sono ritenuti fittizi.

Se la fattura è considerata veritiera, allora chi l’ha emessa ha

pagato l’IVA e chi l’ha ricevuta l’ha detratta. In questo caso, nessun

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danno all’erario. Se la fattura è considerata falsa, allora chi l’ha

emessa non è debitore di IVA e chi l’ha ricevuta non la detrae. Se, in

questo caso, chi emette la fattura viene assurdamente considerato

debitore, ciò avviene violando l’art. 53 della Costituzione: chi emette

la fattura presunta falsa non ha incassato nulla, quindi non ha la

capacità contributiva per subire la relativa imposizione fiscale. La

fattura è presunta falsa? Allora chi l’ha emessa non ha avuto ricavi e

chi la riceve non ha avuto costi.

Qui, per ciascuna società, i ricavi sono di gran lunga superiori ai

costi. Nessuna società in perdita. E dove stanno “la coscienza e la

volontà” di formalizzare in questo modo i dati per produrre un

danno all’erario?

Nessuna società “cartiera”. Anche il Maresciallo X riconosce, in

udienza, che tutto è contabilizzato. Sono contabilizzati i ricavi, sono

contabilizzati i costi. Nessuna omissione, per trarre qualche

vantaggio fiscale. Quindi il Maresciallo riconosce che non c’è danno

all’erario. Lo riconosce dal fatto stesso che cita espressamente l’art.

21, comma 7. Allora la “finzione demoniaca” non avviene per un

vantaggio fiscale. Per ciò il Maresciallo insinua (e la Requirente

ricalca) che avviene per ottenere un finanziamento. Ciò nonostante,

calcola una montagna di IVA, cui affianca, in un primo tempo, una

montagna d’imposte. Contro ogni disposizione dell’ordinamento

costituzionale europeo e italiano. Contro ogni diritto sancito da

decisive sentenze della Cassazione.

Nella sua deposizione, il Maresciallo X dichiara: “Non vi erano

debiti né dal punto di vista delle imposte dirette né dal punto di

vista dell’IVA”. Il Maresciallo ha potuto constatare, per il poco che

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ha visto, che tutto era regolare. Per ciò falsifica tutto ricorrendo “a

un unico dominus”.

Euro 170 milioni: questo il calcolo dell’IVA per tutte le società. Di

questo parlano, nella fase finale, il Maresciallo Mincarini e la

Requirente. Il quadro degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate,

redatti sulla scorta dei Pvc, offre un importo definitivo di ogni tassa

e di ogni sanzione per euro 1.263.866.002,00. Chi, nel periodo delle

intercettazioni, fatica a pagare i mutui può avere avuto questi

vantaggi fiscali?

Il Maresciallo X dichiara di avere visto, al computer portatile

personale di P., le fatture a campione di una sola società, ma di non

avere, nemmeno di quella, analizzato, esaminato, accertato

l’effettività delle operazioni. In udienza, si ricrede su una nota di

vendita e ammette che l’elenco non solo è allegato, ma che è

adeguato e, inoltre, che la bolla di accompagnamento non è

necessaria, per legge. In nessun modo e per nessuna fattura è stata

condotta un’indagine analitica.

Nessuna fattura analizzata della Villa San Carlo Borromeo srl.

Delle altre società nessuna fattura vista. I Marescialli non lavorano.

Non hanno tempo. A loro basta ricondurre a “un unico dominus”,

prescindendo da società, associazioni, persone, operazioni, servizi,

cessioni. Il Maresciallo X in dibattimento limita il calcolo all’IVA per

tutte le fatture emesse.

L’IVA viene versata mensilmente come differenza fra IVA a

debito e IVA a credito. La neutralità vale tanto per l’IRES quanto per

27

l’IVA. Del teste F. il Pubblico ministero non cita la dichiarazione,

ripetuta anche in dibattimento, sull’assenza di evasione.

Una società, se per una fattura non incassa nulla, secondo la

presunzione di falsità, come può, per quella fattura, pagare tasse?

Per il fantasma dell’accusa il gruppo di società, associazioni e

persone è fumo di “un unico dominus”, del guru. Ma per creare la

“mostruosa” massa imponibile, il gruppo non è definito gruppo: per

tale scopo vale ciascuna società, prescindendo dal gruppo.

Le intercettazioni sono avvenute fra aprile e luglio 2009, quando

ormai la criticità bancaria e commerciale era conseguente alla

“visita” del 18 novembre 2008 e, sopra tutto, all’invasione massiccia

in cinquanta siti in molte città e regioni con un dispiegamento di

circa duecento Marescialli. Sedi di associazioni e di società. Case

private. Studi professionali.

La crisi globale era scoppiata nel settembre 2008. In quei mesi, da

aprile a fine luglio 2009, l’operatività organizzativa, gestionale,

commerciale era sacrificata a favore dello sforzo di gestire quella che

allora è risultata “la questione finanziaria”, rivolta a fare fronte agli

impegni assunti con le banche, pagando mutui e assegni dati ai

fornitori. In ciò l’apporto di ciascun associato era divenuto

essenziale e, ancora di più, in seguito.

Le intercettazioni sono riportate in modo parziale e distorto,

registrano una difficoltà di liquidità in quel periodo. Tale difficoltà è

dovuta all’allarme bancario e commerciale e al terrorismo diffuso in

tutti i settori operativi e commerciali, in seguito alla devastazione

compiuta dall’intervento apocalittico dei Marescialli.

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Gl’impegni con le banche sono stati mantenuti per molto, finché

il peso dello stato d’assedio sotto il pretesto fiscale non è stato

schiacciante.

Associati e collaboratori e amici hanno compiuto ogni sforzo per

consentire di proseguire l’impresa. Intanto, investitori sono venuti

numerosi da ogni parte del mondo con offerte rilevanti e fondi

provati. Taluni hanno assunto impegni precisi, chi per 550 milioni di

euro, chi per un miliardo, per partecipare al controllo di una parte

del “gruppo”, condizionando il loro intervento a una definizione

precisa con l’Agenzia delle Entrate.

Nel periodo delle intercettazioni le “anomalie” sono

sconfinamenti dovuti alla differenza tra saldo contabile (per

versamento di assegno bancario o circolare) e saldo liquido. Perché

mai queste “anomalie” sarebbero atte a ottenere mutui? E quali

mutui in quel periodo e per tutto il 2009 sono stati ottenuti? È

proprio una fantasmagoria dei Marescialli senza nessuna attinenza

con la realtà.

Il Brainworking è il servizio intellettuale complessivo per

l’impresa nella sua strutturazione e nella sua qualificazione. Investe

ciascun aspetto e ciascun dettaglio dell’impresa, ciascun elemento di

valore. E importano i dispositivi intellettuali, dispositivi

commerciali, dispositivi amministrativi, dispositivi gestionali,

dispositivi finanziari, dispositivi di comunicazione, dispositivi di

forza e di direzione.

Il Brainworking si rivolge all’impresa, privata o pubblica,

azienda, banca o istituzione. Si avvale di specialisti, di esperti, di

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storici, di scienziati, di tecnici in ogni