Cronache
25 novembre, Flaminia Bolzan ad Affari: "Le donne non sono il sesso debole, ma contro la violenza di genere bisogna lavorare su educazione e prevenzione"
La criminologa: "L'omicidio di Giulia Cecchettin è stato uno spartiacque. Non si denuncia perché non ci si rende conto dei segnali d'allarme"
25 novembre, la piscologa e criminologa Flaminia Bolzan parla della violenza di genere: "Il caso di Giulia ha scosso le coscienze e fatto capire l'importanza del denunciare"
È sicuramente una delle massime esperte in Italia in criminologia ed è legata ai temi di violenza. Lo si capisce dalla sua voce che a volte trema quando si toccano argomenti che riguardano le donne: dai femminicidi allo stalking. Flaminia Bolzan, nella giornata internazionale contro la violenza di genere, affronta vari temi con la sua professionalità e competenza. Lanciando dei segnali importanti a chi si trova dentro a dinamiche possono essere anche letali.
Oggi è il 25 novembre una data simbolo che ogni anno riporta dati sempre peggiori rispetto all’anno prima su casi di femminicidi, violenza e stalking? Si dovrebbe fare qualcosa di più o di diverso e se sì cosa?
"Si è fatto e si sta facendo molto per intervenire contro questa realtà drammatica. Sotto il profilo penalistico, sicuramente, l'introduzione del codice rosso è stata una grande innovazione. Il tema è cercare di lavorare sulla prevenzione e sull'educazione".
In che modo?
"Facendo una buona informazione e utilizzando un giusto linguaggio. Poi, cosa importantissima, iniziando a lavorare sull'educazione affettiva dei ragazzi sin dai banchi di scuola per cercare di scardinare una comunicazione che troppo spesso è intrisa di stereotipi e che quindi favorisce il pregiudizio".
I dati ci dicono che dalla morte di Giulia Cecchettin gli accessi e le chiamate al 1522 sono cresciuti esponenzialmente. L’omicidio della giovane può aver smosso qualcosa? E perché in Italia c’è ancora tanta ostinazione nel non denunciare?
"Il disvelamento di alcuni aspetti comportamentali come quelli di Filippo Turetta nella dinamica dei fatti che hanno preceduto l'omicidio di Giulia Cecchettin, ha contribuito a sensibilizzare le persone in ordine a comportamenti manipolatori o comunque dei segnali di allarme. La mancanza di denunce è, e lo ripeto allo sfinimento, perché non ci si rende conto dei segnali precursori alla violenza. E poi perché le donne non si sentono in grado di affrontare l'iter che una denuncia comporta. Per questo le istituzioni hanno il dovere di andare incontro a queste difficoltà agevolando le vittime a denunciare una violenza subita e continuare ad informare".
La morte di Giulia può aver fatto da spartiacque tra un prima e un dopo nella violenza di genere?
"Assolutamente si, sia per le modalità e la brutalità dell'omicidio che per la giovane età della vittima".
La violenza di genere nasce in primis con una violenza psicologica, una annientamento della donna. Come ci può essere rivalsa nel sesso femminile?
"Nei casi di violenza di genere, ovviamente, la considerazione della donna è paragonabile a un oggetto, un qualcosa e non un qualcuno che non può permettersi di agire in una direzione contraria a quella che può essere la scelta dell'uomo. Non parlerei quindi di rivalsa ma di una condizione di uguaglianza considerando in maniera paritetica i sessi e le libertà di pensiero".
Cosa farebbe lei se avesse la possibilità legislativa nei casi di violenza sulle donne?
"Ritengo che le norme siano adeguate alla casistica, se proprio dovessi pensare a una nuova opzione mi concentrerei sulla possibilità di valutare le condizioni psicologiche nel momento in cui il magistrato deve scegliere il tipo di misura cautelare. In questo modo si darebbero più strumenti alla magistratura per dare la giusta pena".
Come donna, qual è stato il caso di violenza di genere che più l’ha segnata nel suo passato?
"Non uno in particolare ma tutti i casi in cui le donne sono state costrette a subire e non sono state supportate adeguatamente per avere l'opportunità di svincolarsi da una logica relazionale tossica e hanno perso la vita per mano di compagni violenti".
In Italia, secondo lei, le donne sono ancora considerate il sesso debole?
"Non credo che le donne siano considerate il sesso debole anzi credo che il mutamento culturale e la condizione di una donna sempre più in grado di guadagnarsi un posto, anche nei contesti lavorativi, e quindi vada verso il raggiungimento di un'indipendenza sia un qualcosa di difficilmente accettabile. Noi dobbiamo considerare la frustrazione e l'incapacità di tollerare il rifiuto da parte dell'uomo uno degli elementi che poi scatenano la violenza. Quindi non credo che le donne siano o vadano considerate un sesso debole".