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Cronache
Virus killer in Brasile, il virologo Pregliasco: "Non deve spaventare. Covid? Casi realmente in aumento"
Fabrizio Pregliasco

Tutta la verità sul virus killer in Brasile, che cos'è la febbre Oropouche. Dai sintomi alle cure, tutto quello che c'è da sapere. L'intervista al virologo Fabrizio Pregliasco

“L’arrivo della febbre Oropouche in Italia è un problema che trascina dietro di sé diversi rischi”. A dirlo ad Affaritaliani.it è Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio, oltre che Professore associato di Igiene Generale e Applicata presso la sezione di Virologia dell’Università degli Studi di Milano, il quale, interpellato dalla nostra testata, fa il punto sul virus killer che ha ucciso due donne in Brasile.

 

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Oltre ai casi di Covid in costante aumento (nell'ultima settimana sono stati 13.672, il 53,3% in più della settimana precedente), ora a preoccupare il nostro Paese è anche un lontano virus proveniente dai più profondi e impervi angoli della foresta Amazzonica.

Professore, quanto è alto il rischio che il virus arrivi in Italia?

Il fatto che questo patogeno possa giungere nel nostro Paese è solo un’ipotesi teorica. Direi che, per ora, è sperabile che il sistema di sorveglianza sanitaria, ben addestrata dalla pandemia da Covid negli ultimi anni, possa in qualche modo evitare o, comunque, gestire l’arrivo.

Come funziona il contagio? Passa per via aerea come il Covid?

No, il virus è esclusivamente a trasmissione vettoriale. Dunque, il contagio non può avvenire stando vicino a un infetto o toccandolo. Per entrare in contatto con il virus è necessario essere punti dall’insetto portatore, non ci sono altri modi.

Quali sono i sintomi?

La sintomatologia è pressoché identica a quella di una febbre dengue (malattia infettiva tropicale, ndr). Dunque febbre, dolori muscolari, mal di testa, nausea, vomito e fastidio alla luce i modi più comuni in cui si manifesta la malattia. Nei casi più gravi, invece, si può anche sviluppare la meningite.

I sintomi emergono tipicamente dai 4 agli 8 giorni dopo essere stati punti, dunque accorgersene in tempo può essere problematico. La durata di questi sintomi è, invece, di circa 3-6 giorni.

Ma c’è una cura?

No. In realtà questo virus non ha una vera e propria terapia o antidoto, oltre che al normale sostegno vitale in ospedale. Al massimo, se necessario, si possono utilizzare degli antinfiammatori. In situazioni più gravi, come ad esempio per la meningite, si deve ricorrere alla terapia intensiva.

 

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Ci sono persone più a rischio?

No, il virus ha lo stesso effetto su bambini, giovani, adulti e anziani. Non c’è nessun tipo di rischio specifico.

Dunque, professore, questo virus è davvero così pericoloso?

No, non direi. Su circa 7.000 casi identificati, i morti confermati sono solo 2. Direi direttamente proporzionali alla gravità della malattia.

Che cosa ne pensa, invece, dei crescenti casi di Covid e della nuova variante KP 3.1.1?

Dobbiamo convivere con il virus ancora per molto tempo. Ogni 4 mesi circa, si generano varianti immunoevasive che riescono a penetrare attraverso le difese che tutti noi abbiamo acquisito negli ultimi anni tra vaccini e infezioni da Covid.

Dobbiamo immaginarci e sperare in un andamento ondulante nel futuro, con un abbassamento continuo. Per i fragili, è importante fare i test per poter utilizzare il farmaco antivirale che permette di ridurre le complicanze.

Considera questo aumento di casi un fenomeno di cui preoccuparsi?

No, al momento le strutture sono abbondantemente preparate ed è molto difficile che la gestione di questa situazione vada a creare disastri.

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