Culture

Cnr/Iriss: i siti archeologici italiani sono i veri "Luoghi della Cultura"

Eduardo Cagnazzi

Maresu: "Sono i veri leader per capacità di attrarre i turisti". La ricerca è stata presentata oggi alla Bmta di Paestum nel corso di un focus sull'incoming.

I siti archeologici sono i “Luoghi della Cultura” leader per capacità di attrazione di turisti in Italia: è quanto emerge dalla ricerca “Patrimonio archeologico e turismo”, anteprima della XXIII edizione del Rapporto sul Turismo italiano a cura di Cnr/Iriss presentata oggi alla XXII Bmta nell’ambito della conferenza “L’incoming del turismo archeologico: opportunità per lo sviluppo locale dei territori” in collaborazione con Enit cui partecipano i tour operator italiani specialisti nel turismo archeologico della destinazione Italia: DaVinci Travels, Far East Viaggi, I Viaggi di Maurizio Levi, Il Tucano Viaggi Ricerca, Kel12.

Lo studio, condotto e presentato da Gavino Maresu, già docente di Gestione delle imprese e degli eventi turistici dell’Università di Genova, incrocia i dati provenienti da varie fonti quali l’indagine Istat 2017, la ricerca “Turismo in Italia, numeri e potenzialità di sviluppo” di Banca d’Italia pubblicata a dicembre 2018 e le statistiche ufficiali  diffuse dal Mibact allo scopo di evidenziare l’interrelazione tra la ricchezza del nostro patrimonio naturale e culturale in generale, e in particolare di quello archeologico, e il movimento turistico.

I visitatori in tutti gli istituti archeologici sono stati nel 2015 oltre 110,5 milioni e 119,1 milioni nel 2017, con un incremento del 7,7%. Tra questi, quelli statali hanno avuto un incremento maggiore (+12%) passando da 47,1 milioni del 2015 a 52,8 milioni nel 2017, mentre i visitatori in quelli non statali sono aumentati del 4,5%, passando da 63,4 a 66,3 milioni, che hanno però rappresentato il 55,7% del totale dei visitatori in tutti gli istituti. Non si hanno dati circa gli introiti lordi generati dagli ingressi dei visitatori in tutti gli istituti ma soltanto in quelli statali, e comunque relativi al 2018, da cui si evince che essi ammontano a 229,6 milioni di euro, dei quali 125,4 quelli generati dagli Istituti archeologici: il 54,6% degli introiti totali.

Dall’analisi di tutti questi dati emerge la leadership e la capacità di attrazione degli istituti di carattere archeologico rispetto a tutte le altre tipologie di Istituti, seppure l’indagine sottolinea alcune difficoltà statistiche, a partire dalla “volatilità” di alcuni dati discordanti tra una rivelazione e l’altra che vertono addirittura sulla consistenza del patrimonio archeologico, con il risultato che nel 2019 non conosciamo ancora il numero esatto dei “Luoghi della Cultura” in Italia. Solo il 34,2% di essi dispone di un sistema (tornello o registro) per il conteggio dei visitatori, percentuale che sale al 41,6% per le aree archeologiche, per cui la rilevazione di numeri sui visitatori e gli ingressi nei musei e aree archeologiche risulta più complessa.

“Nessuno sa chi siano i visitatori, da dove provengono, quali sono state le motivazioni che li hanno spinti a visitare il museo -spiega Maresu -  da dove e come hanno attinto le informazioni e i suggerimenti, che grado e tipo di soddisfazione o insoddisfazione hanno ricavato dalla visita e perché, che carenze o difficoltà hanno riscontrato nella visita. Tutte questioni totalmente ignorate nella pratica e nelle strategie di gestione e marketing management del nostro patrimonio culturale e quindi nella sua valorizzazione”.

Il limite delle indagini  sull'impatto economico                                                                                                      La ricerca evidenzia in premessa il limite delle indagini sull’economia e sugli indotti generati dalle visite dei turisti nei nostri luoghi della cultura che, tra i parametri usati per calcolarli, includono anche le statistiche sugli arrivi e sulle presenze dei turisti nelle strutture ricettive classificate. Sull’impatto economico generato dal movimento dei visitatori, infatti, ci si deve “accontentare” della sintesi dei dati riportati elaborati dall’Istat riferiti al 2017, in cui si mette in relazione il numero di arrivi di turisti negli esercizi ricettivi alberghieri ed extralberghieri nei primi 50 comuni considerati di maggiore attrazione. Il numero totale di visitatori in tutti gli 868 Istituti presenti in questi 50 comuni è stato di 90,3 milioni, mentre i turisti arrivati negli esercizi ricettivi alberghieri ed extralberghieri classificati sono stati circa 38,8 milioni, dei quali 2,3 in media avrebbero visitato gli Istituti. Roma ovviamente guida questa speciale classifica con 27 milioni di visitatori (il 32,4% paganti) nei 124 musei, con oltre 9 milioni di turisti arrivati negli esercizi ricettivi, 3 dei quali in media avrebbero visitato i musei. La classifica vede al secondo posto Firenze (11,3 milioni di visitatori nei 67 musei, 3,8 milioni di turisti arrivati, 3 dei quali mediamente hanno visitato un museo), in terza posizione Venezia (con i suoi 36 musei visitati da 4,7 milioni di visitatori su un totale di poco più di 5 milioni di turisti arrivati), mentre Napoli invece si colloca al 5° posto con 4,3 milioni di visitatori nei 38 musei, di cui 3,4 sarebbero stati turisti su un totale di circa 1,3 milioni di arrivi.

La ricerca fotografa una curiosità: a Pompei ci sarebbero 134.506 visitatori per ogni mille abitanti, a Sirmione 67.665, a Taormina 74.242, a Capaccio/Paestum 39.736, a Calatafimi/Segesta 48.949.  “La capacità ricettiva di questi Comuni -spiega ancora Maresu -  è di gran lunga minore rispetto alle capacità di attrazione e di interesse che suscita il loro patrimonio archeologico e di conseguenza i turisti che visitano i loro istituti trovano ospitalità nelle località-capoluogo più dotate di offerta ricettiva”. È il caso di Pompei, dove a fronte dei 3.389.015 visitatori registrati nel 2017 il numero di turisti giunti nelle strutture ricettive è stato di 149.357, e di Paestum, dove ai 907.364 visitatori fanno da contraltare solo 105.265 turisti arrivati nelle strutture ricettive”.

Secondo la Banca d’Italia, invece, il turismo culturale degli stranieri nel 2017 avrebbe rappresentato il 51,7% degli arrivi, il 52,3% dei pernottamenti e il 59,6% della spesa totale di 39.155 milioni di euro, per un ammontare quindi di circa 23,34 miliardi e con una spesa media giornaliera pro capite di 128 euro.

Il “brand Italia” è in 14esima posizione assoluta nel ranking mondiale, davanti a paesi europei nostri diretti concorrenti in fatto di turismo come la Francia (17° posto), la Gran Bretagna (19° posto) e la Spagna (23° posto) ma, pur essendo potenzialmente la destinazione leader a livello mondiale, perché la più ambita in fatto di risorse in grado di attrarre e motivare la domanda turistica internazionale, il nostro Paese viene percepito negativamente in aspetti che, pur essendo esogeni al turismo, possono compromettere la fruizione completa ed efficiente delle “materie prime” dei prodotti turistici. L’Italia è la meta turistica più ambita nel mondo ma a frenare il primato concorrono alcuni aspetti che i grandi viaggiatori internazionali giudicano non all'altezza di un paese che rientra nel club dei "G8", quali la qualità della vita per cui il nostro Paese risulta al 28° posto nel ranking mondiale.

Sul fronte problematiche, nella ricerca si parte dall’insufficienza del personale dipendente regolarmente retribuito e professionale che influisce negativamente non solo sugli orari di visita e di apertura degli Istituti, ma anche su altri importanti aspetti come la sorveglianza, la sicurezza, l’accoglienza. Nonostante la scarsità e l’inadeguatezza delle risorse umane che operano nei Luoghi della Cultura, il 64,7% degli istituti hanno svolto nel 2017 attività di edutainment, di cui 191 Aree e Parchi Archeologici, che hanno coinvolto 7,9 milioni di visitatori (oltre un milione  nelle aree archeologiche), a dimostrazione che mostre e iniziative quali laboratori, attività didattiche, incontri divulgativi costituiscono aspetti fondamentali nelle strategie non solo di valorizzazione del patrimonio custodito, ma anche di promozione e di comunicazione per suscitare interesse e motivare alla visita del Museo o Sito archeologico i turisti e i residenti.

Il web questo sconosciuto                                                                                                                                          Le “note più dolenti” si riferiscono alle dotazioni di canali e tecnologie web e social: solo il 9,9% di tutti gli istituti è dotato di un servizio di biglietteria e di prenotazione visite online (il 14,3% delle aree archeologiche), con il sud Italia addirittura al 7,6%. Insufficienti sono gli account sui social media (Facebook, Youtube, Twitter, Instagram ecc.) di cui dispongono gli Istituti: ne è dotato in media solo il 48% di essi, mentre ancora più scarsa è la percentuale delle aree e dei parchi archeologici che ne dispone: solo il 38,9%.

Uno spazio particolare, infine, è dedicato alle strategie e gli interventi di promozione adottati dai responsabili della gestione e valorizzazione del nostro Patrimonio archeologico da parte degli organismi statali come il Mibact e l’Enit: citata come esempio virtuoso è proprio la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico in quanto “unico evento che ha la finalità di promuovere i siti e le destinazioni dotate di patrimonio archeologico, favorire la commercializzazione, contribuire a incrementare le opportunità economiche e gli effetti occupazionali. Si tratta quindi di un evento forse unico al mondo che consente l’incontro tra l’offerta di questo straordinario patrimonio nazionale con il business professionale, con gli addetti ai lavori, con i viaggiatori, con gli appassionati e con il mondo della scuola”.