Culture

Elezioni, il sociologo Gasparini commenta gli esiti con Affari

Giovanni Gasparini, docente di Sociologia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano commenta le elezioni con Affaritaliani.it

"La realtà sociale è sempre aperta a soluzioni nuove. Come è accaduto negli ultimi decenni (dal Movimento del ’68 in poi), i sociologi non sono stati in grado di prevedere lo tsunami che si stava preparando in queste elezioni; ma non lo sono stati neanche i sondaggisti (ci si chiede se ancora servano, in Italia almeno), i giornalisti e la maggior parte dei politici. In fondo non è compito della sociologia fare futurologia. Quello che si capiva nel crescendo vertiginoso degli ultimi comizi nelle principali piazze d’Italia era che il movimento di Grillo stava acquistando un consenso imprevisto e che era (anzi è) un caso classico di movimento “allo stato nascente” con un leader carismatico che si riconosce nei suoi seguaci e reciprocamente, un movimento che si è dato un compito grandioso di redenzione e salvezza da portare avanti, cambiando tutto nel sistema politico italiano. Un vero e proprio compito soterico (di salvezza dalla negatività precedente) per una nuova nascita.

Quello che colpisce – e tanto più all’estero – è che a una così impressionante istanza di cambiamento radicale (il Movimento 5 Stelle al 25% in una volta sola) faccia da pendant l’immobilismo di una parte consistente degli elettori, quella  che ha rinnovato fiducia al PdL , dopo tutto quello che il suo leader – costretto nel novembre 2011 a dimettersi quando l’Italia stava rischiando il default – ha fatto sia nell’arena pubblica (continua delegittimazione delle Istituzioni e degli avversari politici, emanazione di leggi ad personam, trasgressione delle regole, abuso del conflitto di interessi ecc.), che nel campo dei comportamenti privati. E’ come se, per questa consistente fetta di elettori, non esistessero meccanismi di feed-back, di riflessione sui comportamenti etici dei candidati, ai quali tutto evidentemente viene perdonato e “condonato”, quasi che la politica fosse un supermercato dove scegliere il prodotto più conveniente e basta, indipendentemente dai valori. Questo segna una differenza enorme, a mio parere e a mia conoscenza, rispetto agli altri paesi democratici.

Ci sarebbe da dire molto altro, e anzitutto da riflettere molto prima di parlare. In sintesi estrema, come cittadino, e anche come scienziato sociale che da anni si impegna per una “Sociologia umanistica” e scrive su temi della cultura e della comunicazione , mi preoccupano soprattutto due cose: la prima, il linguaggio, fragile istituzione che rappresenta un baluardo da rispettare anche nella competizione politica, e che purtroppo non è stato rispettato da chi ha urlato, da chi ha usato l’insulto e l’allusione oscena per farsi sentire o per colpire gli avversari, da chi ha mentito sul passato, sul presente e sul futuro con promesse ingannevoli; la seconda, la presenza di leaders che puntano alla divisione esasperata tra i cittadini anziché ad una conciliazione ragionevole, pragmatica  e di buona volontà tra istanze, esigenze, punti di vista diversi: conciliazione che è sempre più richiesta dal fatto che nelle democrazie rappresentative moderne si governa spesso con coalizioni che hanno poco o pochissimo vantaggio numerico su quella di minoranza.   Personalmente, mi sembra  chiaro che questo svilimento del linguaggio e questo atteggiamento di scarsa disponibilità alla conciliazione e all’ascolto dell’altro (l’avversario politico) vanno di pari passo, purtroppo, con l’ingovernabilità del paese più bello e più straordinario del mondo: l’Italia".