Enrico Baj, maestro di creatività irriverente, ironica, paradossale
Un’antologica alla Fondazione Marconi di Milano
di Simonetta M. Rodinò
Erede dello spirito surreal-dadaista e sperimentatore di inedite tecniche e soluzioni stilistiche Enrico Baj è spesso definito il “pittore dei generali”, serie di lavori tra i più noti dell’artista. La figura del generale era metafora della sua passione antimilitarista: quelle sagome un po’ informi, goffe e dal sogghigno, più che sorriso, vestite di broccati, nastrini, medaglie, stelle, bottoni, cartucciere… non sono altro che la rappresentazione ironica della brutalità del potere.
Al grande artista eccentrico, la cui opera spaziava dalle arti figurative alla saggistica, la Fondazione Marconi dedica l’antologica “Enrico Baj. L’arte è libertà”: una rassegna molto articolata e dal preciso taglio politico, a sottolineare il costante impegno di denuncia sociale contro ogni forma di potere e sopraffazione dell’autore milanese, mancato 79enne nel 2003.
L’esposizione segue un ordine più tematico che cronologico: dai primi meccano degli anni Sessanta a una selezione di famosi “Generali” e alla “Parata a 6”, mentre nell’ultima sala al pianoterra campeggia l’opera monumentale dal titolo: “I funerali dell’anarchico Pinelli”, del 1972.
Dal primo piano poi con alcuni teli del ciclo “L’Apocalisse”, concepita da Baj come un’opera composita, a struttura variabile, che conserva molti riferimenti di comunicazione culturale con Picasso, Arp, Pollock, Seurat, si passa al secondo con una selezione di opere del periodo nucleare - tra cui “Due personaggi notturni” e “Piccolo bambino con i suoi giochi” del 1952 -, tema particolarmente caro all’artista perché “non si può rimanere indifferenti alla bomba atomica, percepita come mostruosità e contrabbandata come futura fonte di energia”, affermava.
Spiega la moglie Roberta: “L’installazione “I funerali dell’anarchico Pinelli”, ispirata in parte ai “Funerali dell’anarchico Galli” di Carrà, in parte a “Guernica” di Picasso, da cui Baj riprende alcune figure rivisitando in chiave grottesca personaggi reali, era ed è tuttora un’opera emblematica, di coraggiosa denuncia civile in un momento in cui gli artisti solitamente sceglievano temi meno compromettenti”.
Osservandola si resta ammutoliti: quel corpo di un anarchico precipita senza atterrare, il grido sordo è lo stesso di “Guernica”. L’opera doveva essere esposta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale nel maggio 1972, ma il giorno stesso dell’inaugurazione fu ucciso il Commissario Luigi Calabresi e la mostra fu rinviata. Passarono 40 anni prima che fosse esposta nuovamente a Milano in quella stessa sede.
Un’altra vera emozione la si prova di fronte al bestiario de “L’Apocalisse”: prendendo le mosse dagli “Otto peccati capitali della nostra civiltà” del premio Nobel Konrad Lorenz, rappresenta la progressiva disumanizzazione del genere umano. Realizzata tra gli anni settanta e ottanta, raffigura il repertorio delle aberrazioni umane, con tutti quei mostriciattoli dai nomi osceni e irriverenti che danzano sulle pareti, ci fanno gestacci, linguacce e rincorrono piedi, mani, serpenti, in un girotondo di corpi deformi e di cromie vivaci.
“Enrico Baj. L’arte è libertà”
Fondazione Marconi Arte moderna e contemporanea - via Tadino 15 - Milano
Fino al 27 gennaio 2018
infoline: 02 29 41 92 32
orario: martedì – sabato 10 - 13 e 15 - 19
ingresso libero
www.fondazionemarconi.org