Gusmão&Paiva: quel lento scorrere di un attimo - Affaritaliani.it

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Gusmão&Paiva: quel lento scorrere di un attimo

Non va in vacanza l'Hangar Bicocca, anzi regala ai suoi affezionati spettatori una mostra che è già storia: João Maria Gusmão & Pedro Paiva, il duo artistico all'attivo dal 2001, hanno calcato, nel 2009 e di nuovo lo scorso anno, il palco della Biennale di Venezia e con non poco successo. Da oggi la loro favella - o "narrazioni poetico-filosofiche" come amano definire il loro fare arte -  articolata tra immagini a scorrimento lento e una quasi totale assenza di suoni, è al centro di Papagaio, la nuova mostra dell'Hangar sempre a cura di Vicente Todolí.

Nel caldo già torrido milanese, il tendone dell'Hangar si alza sul video. Il sipario nero all'ingresso è ancora chiuso ma la dimensione cinematografica si fa già sentire con quell'inconfondibile suono dello scorrere della pellicola nel proiettore. Un suono vintage ma di sicuro effetto, il suono dello scorrere del tempo e delle immagini, il suono del cinema. Il cinema racconta sempre una storia, e anche Gusmão e Paiva ci raccontano la loro. O meglio quella della loro poetica. Di loro trapelano poche notizie, João Maria Gusmão (Lisbona, 1979) e Pedro Paiva (Lisbona, 1977), si sono incontrati durante gli studi alla University of Lisbon e da diversi anni lavorano insieme producendo film, installazioni e opere fotografiche, hanno esposto in tutto il mondo e partecipato alla Biennale di San Paolo, a Manifesta nel 2008 e alla Biennale di Venezia. Detto ciò, rimangono due entità misteriose, lo stesso Todolí ribadisce che gli artisti non parlano della loro arte e non rilasciano interviste. Che fare quindi per conoscerli meglio? Leggersi la rivista filosofica Eflúvio Magnético, una loro creatura, e naturalmente immergersi nella mostra.

Studiata come un'unica grande installazione, la retrospettiva raccoglie trentasei film - di cui dieci nuove produzioni -, tre installazioni e un cinema di piccole dimensioni. Tutti i lavori coprono gli anni più recenti della produzione dei due artisti, dal 2004 ad oggi, esplorando tematiche e filoni cari alla loro ricerca. Senza un vero percorso da seguire, ci si può addentrare nell'opera di Gusmão e Paiva seguendo una sorta di richiamo estetico, o semplicemente seguendo il flusso. Naturalmente, appena entrati, non si può non notare il vero protagonista della mostra, il Pappagallo, soggetto dell'opera "Glossolalia", un dei film realizzati apposta per la mostra, in pellicola 16mm - come tutti del resto - in slow motion, una scelta precisa: il pappagallo rappresenta uno dei temi centrali della mostra, la "glossolalia", ovvero quella capacità di parlare fluentemente in diverse, e a volte sconosciute, lingue. Un fenomeno paranormale, spesso manifestazione di riti religiosi o legato al mondo onirico. Il pappagallo appartiene proprio a quel mondo, con la sua capacità buffa ma invidiabile di parlare e ripetere parole incomprensibili ma improvvisamente di senso; testimonianza che ancora la natura si impone sull'uomo. La natura rimane soggetto dominante nell'opera "The soup", già alla Biennale del 2009, con un gruppo di scimmie intente a mangiare e molto interessate alla macchina da presa così invasiva della loro privacy. Le tre Camere oscure, "Motion of Astronomical Bodies", "Camera Inside Camera" e "Before Falling Asleep, a pre-cortical image inside a moving train", riconducono ad un cinema delle origini e invitano a riflettere sulla percezione fisica delle immagini. Il movimento di un pallina in una infinita partita di ping-pong ipnotizza davanti all'opera "Cross Eyed Table Tennis", gioco di sguardi e di movimenti. Incrociati. Mentre la mostra si chiude con l'opera che dà il titolo alla mostra, "Papagaio", film prodotto ad hoc e girato nell'arcipelago di São Tomé e Principe, ex colonia portoghese nel Golfo di Guinea, durante un rito vodoo, una trance collettiva che riporta l'attenzione su un tema caro agli artisti: la vita nelle ex-colonie, il confronto e il dialogo tra le culture, le simbologie e, senza giudizio, la dirompenza dell'esperienza colonialistica.

Non solo le immagini viaggiano lente, anche le emozioni qui cambiano marcia. Tutto rallenta, l'occhio è catturato e la mente attenta. Il cuore cullato, slow emotions.

Pasquale Diaferia e Flavia Fiocchi