Il bonobo e l'ateo, prefazione - Affaritaliani.it

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Il bonobo e l'ateo, prefazione

Questa volta non è un filosofo o un teologo a parlarci di moralità, ma un esperto di comportamento animale. Frans de Waal si interroga sulle questioni morali a partire dal quadro suggestivo e surreale Il giardino delle delizie terrene dí Hieronymus Bosch. Un'opera allegorica dominata, nella sua parte centrale, da figure nude, le quali sembrano non curarsi del giudizio degli altri; uomini e donne immersi nei propri desideri carnali e indifferenti a ciò che troveranno dopo la morte. Una metafora del mondo senza il peccato, senza la moralità. L'umanità come non potrà mai essere: libera dai precetti, dai legami e vincoli che condizionano le nostre relazioni. Libera dal senso di colpa e dalla vergogna. Senza preoccupazione per il domani, perché immersa nel presente, guidata da emozioni e desideri fugaci.

Per secoli, il posto che la moralità ha occupato nei pensiero occidentale ha fatto sì che ci fosse una netta linea di demarcazione tra la natura dell'uomo e quella degli altri esseri viventi. Religione e Filosofia si sono contese il campo dell'Etica, anteponendo visioni oscillanti tra un Dio che porge all'uomo le Tavole della Legge, stabilendo che cosa è bene e che cosa è male, e nozioni umanistiche quali espressioni del conflitto fra emozioni e ragione. Su questo continuum possiamo ripercorrere gli scritti di Locke, Kant, Hobbes, Hume, Freud e altre figure più o meno influenzate dai contesti storici e religiosi in cui sono vissute.

La moralità umana è spesso descritta come lo sforzo compiuto dall'uomo nel tentativo di vincere le forze egoistiche, brutali e antisociali che costituiscono il nucleo centrale della sua natura.

 Per varcare il Rubicone della moralità, intesa come prerogativa umana, bisogna tuttavia attendere la rivoluzione scientifica di Darwin. Egli, infatti, la identifica come un processo che si è evoluto a partire dagli istinti sociali degli animali. Un processo non necessariamente lineare, ma senza dubbio di natura biologica perché sottoposto alle leggi dell'evoluzione. Darwin è a tal punto consapevole della criticità di questo tema per l'impalcatura della sua teoria da dedicare due capitoli alla storia naturale e allo sviluppo del senso morale nell'uomo nel suo libro The Descent of Man and Selection in Relation to Sex del 1871.

Frans de Waal eredita questi temi e decide di affrontarli aggiornando il panorama scientifico, sovvertendo alcune visioni predominanti in biologia e in filosofia. Gli studi su scimpanzé e bonobo si intrecciano con le storie di altri mammiferi sociali e ci stupiscono non solo perché mettono in luce straordinarie capacità cognitive, ma anche perché ci raccontano del modo in cui le emozioni influenzano i legami sociali, similmente a quanto avviene fra gli esseri umani.

Più le specie sono legate da vincoli sociali e relazioni durature, più manifestano sensibilità verso le esigenze e le sofferenze degli altri. Alcune specie di scimmie mostrano avversione a trattamenti iniqui perché riescono a capire le differenze di quantità e qualità. Si rifiutano quindi di accettare cibo di qualità scadente se al compagno è stata offerta una prelibatezza.

Ricordano inoltre chi ha condiviso con loro il cibo e quindi restituiscono il favore. Sono capaci di consolare i propri simili. Si comportano in maniera altruistica, senza prevedere un tornaconto. E sono indubbiamente conformiste. Pur di essere accettati in una comunità, gli individui sono disposti a rinunciare alle proprie abitudini, come mostra un recente studio di van de Waal (un curioso caso di omonimia con Frans) pubblicato sulla rivista Science
Tutto questo non sarebbe possibile se le emozioni non avessero un posto centrale nella vita di questi nostri cugini (come nella nostra!).

Secondo de Waal, le emozioni sono alla radice della moralità. All'alba della specie umana, i nostri progenitori vivevano ín comunità di cacciatori-raccoglitori in cui la sopravvivenza di ciascuno dipendeva fortemente dalla capacità di coesione del gruppo. La cooperazione e l'assistenza agli altri doveva dunque avere la meglio sull'egoismo. La comunità era insomma una macchina i cui ingranaggi dipendevano dalla capacità di tessere reti sociali basate sull'empatia e sulla sensibilità nei confronti dei bisogni degli altri. Decisioni importanti dettate da razionalità o da freddo calcolo non possono prescindere dalle emozioni.

Nell'affrontare il tema dell'evoluzione della moralità, de Waal amplia la visione del problema. Se è vero che la sensibilità verso gli altri è profondamente radicata nel nostro cervello, è anche vero che, se non sostenuta da un gruppo, è estremamente fragile e vulnerabile. Abbiamo quindi bisogno di un sistema di regole condivise che impediscano ad alcuni di comportarsi in maniera egoista, avvantaggiandosi a scapito degli altri. Il gruppo prima di tutto, se si vuole l'armonia di una comunità.

La moralità, quindi, si esprime in maniera multidimensionale. Un primo livello è interpersonale, mentre il secondo tiene conto del gruppo.

Le gerarchie di dominanza ci mostrano che abbiamo un atavico timore nei confronti dell'autorità, un Super-io che guida le nostre scelte e condiziona i nostri comportamenti, rendendoli più virtuosi. Questo livello, per quanto riveli le sue radici biologiche, sembra aver avuto nell'uomo un percorso peculiare, aprendo nuovi scenari culturali in cui la religione, o il sentimento religioso, ha potuto trovare una sua collocazione. Facendo leva sulla paura della morte e sulla capacità di immaginare un futuro improbabile, gli esseri umani hanno condiviso con i propri simili questi sentimentie pensieri, inglobandoli in riti tribali e in norme che hanno cementato i rapporti e unito le comunità.

La religione ha svolto quindi un ruolo primario nel tradurre le tendenze morali umane in precetti e dogmi che ci impongono di aiutare i membri della nostra comunità e ci impediscono di danneggiarli. Società guidate da questi princìpi hanno avuto indubbi vantaggi evolutivi.

A questa riflessione va aggiunta, però, l'analisi critica di Frans de Waal nei confronti di chi, abbracciando una religione, acquista un pacchetto preconfezionato dí risposte sulla natura dell'uomo. Lo studioso non è meno tenero verso quegli scienziati e quei filosofi che, in nome della razionalità e della scienza, sono pronti a compiere nuove crociate contro le religioni. La scienza, d'altra parte, è pronta a prendere il posto della religione? È veramente questo il suo compito? Nei casi in cui a una religione si sia sostituita una non-religione, o uno stato che professa l'ateismo, non si sono realizzate società migliori. È difficile non essere d'accordo con lui. Il vuoto di Dio non può essere semplicemente riempito da un altro dio. Ma alcuni scienziati, i più scettici nei confronti di una fede che abbraccia un dio personale, accetteranno a stento l'idea di una qualche utilità e di un qualche ruolo della religione nella società.

Questo libro offre preziosi spunti di riflessione a religiosi e laici, a partire dal presupposto che le religioni incarnano e interpretano valori morali universali. E ci trasmette, in ultima analisi, un messaggio di tolleranza reciproca tra religione e scienza.