Il crollo del mito di Heidegger e il salvifico Landini - Affaritaliani.it

Culture

Il crollo del mito di Heidegger e il salvifico Landini

di Carlo Patrignani

Nei giorni fortunati del crollo del mito Martin Heidegger, il sommo filosofo catto-nazista, antisemita e razzista che ha monopolizzato la cultura del '900 seducendo intere schiere di intellettuali gauchistes, anche nostrani da Cesare Luporini a Franco Basaglia passando per Massimo Cacciari e i Quaderni piacentini, ecco spuntare la nuova icona della sinistra che non c'è, il numero uno della Fiom, in felpa rossa, Maurizio Landini.

Strane coincidenze astrali, si potrebbe dire. Oppure, due fatti ininfluenti l'uno con l'altro, si potrebbe obiettare. Forse non è così: e se l'incoronazione dell'uno, il nocchiero Landini fosse la risposta extrema ratio alla demolizione del sacro, inviolabile totem? 

Per merito del Corriere della Sera e del suo avveduto direttore Ferruccio De Bortoli, culturalmente, si mette una pietra miliare, attraverso il preziosissimo lavoro di disboscamento di Heidegger del filosofo francese Emmanuel Faye: Heidegger profeta del IV Reich, l'antisemitismo è insito nella sua opera, sperava nel ritorno del dominio tedesco sui tanti patetici tentativi di salvare il pensiero heideggeriano, anche i grandi uomini hanno fatto grandi errori, ha scritto ad esempio l'Avvenire, dall'altra, viene avanti la tambureggiante campagna mediatica, in particolare di Repubblica e Il Fatto quotidiano, muti sulle inquietanti rivelazioni dei Quaderni neri, della acclarata discesa in politica di Landini: sì voglio fare politica e costruire una coalizione sociale, con il coinvolgimento di tutti i movimenti possibili, appuntamento al 28 marzo.
   
Orbene, se nell'iniziativa del Corriere della Sera c'è molta cultura, anzi c'è soltanto cultura: svelare il tremendo inganno del sommo filosofo tedesco che, come ha brillantemente scritto Faye, [...] nel 1941 mentre si va precisando la politica nazional-socialista di costringere con ogni mezzo i dirigenti delle comunità ebraiche a coinvolgersi nella organizzazione della propria distruzione, scrive nei Quaderni neri che il genere più alto e l’atto più alto della politica consiste nel manovrare con il nemico per metterlo in una situazione in cui si trova costretto a procedere al proprio auto-annientamento. ossia gli Ebrei, nell'altra, quella di Repubblica e Fatto quotidiano, c'è solo politica quotidiana, o meglio si resta impaludati nella prassi politica senza un progetto e un'idea di società umana.

Se il disvelamento del pensiero di Heidegger, quel letale il genere più alto e l'atto più alto della politica consiste nel manovrare con il nemico per metterlo in una situazione in cui si trova costretto al proprio auto-annientamento, a sancire l'inevitabile suicidio collettivo degli Ebrei come degli oppositori al nazi-fascismo, apre la strada all'innovazione di un pensiero di sinistra, l'uguaglianza per natura di tutti gli esseri umani, il restare bloccati alla politica, alla prassi politica quotidiana, è nient'altro che ripristinare il vecchio, riproporre un film già visto: è il ribellismo inconcludente del '68, il richiamo della foresta contro il nemico.

Insomma, se il Corriere della Sera e il suo saggio direttore De Bortoli si muovono per disboscare e liberare la cultura da teorizzazioni catto-naziste, antisemite e razziste e aprire la strada a teorie sulla realtà umana, quella dello psichiatra Massimo Fagioli, da cui far discendere la politica e la prassi politica di alternativa all'attuale status quo, il governo di Matteo Renzi, dall'altra parte nel rincorrere l'uomo della provvidenza, il mito salvifico, con parole d'ordine anchilosate: il lavoro e l'equità fiscale fino a farsi sacerdote della Carta Costituzionale, si finisce per fare solo qualche bella passeggiata o un po' di footing ma senza modificare lo status quo per la gioia di chi governa.