Culture
Florence Korea Film Festival come punto d'incontro tra Italia e Korea
Florence Korea Film Festival, l'intervista al direttore Riccardo Gelli: “L’Italia non sa promuovere il suo cinema all’estero”.
“L’Italia non sa promuovere il suo cinema all’estero”
Intervista a Riccardo Gelli direttore del Florence Korea Film Fest
Di Oriana Maerini
Nominato Console Onorario, dal 2016, della Repubblica coreana in Toscana, grazie al suo impegno per la promozione a favore del cinema e della cultura di questo Paese, Riccardo Gelli è direttore artistico ed ideatore con l’associazione Taegukgi – Toscana Korea Association del Florence Korea Film Fest, giunto quest’anno alla diciassettesima edizione. Affari lo ha incontrato nel foyer del cinema La Compagnia, in via Cavour, nel cuore di Firenze, quartier generale di una kermesse cinematografica unica del panorama nazionale dedicata a proporre il meglio della cinematografia sud-coreana contemporanea.
Com’è nata l’idea di questo festival?
Tutto è iniziato nel 2002 con i campionati mondiali di calcio che si svolsero in Giappone e Corea del Sud. Grazie a quell’evento ci fu una promozione della nostra cultura in quei paesi ed interessanti scambi culturali. Mi occupai, come esperto di graphic design, delle campagne di comunicazione in collaborazione con l’ambasciata della Corea del Sud. Un anno dopo mi proposero di organizzare la settimana della cultura coreana qui a Firenze: per la prima volta una rassegna di cinema della Corea del sud veniva presentata in Italia. Organizzai in estate le proiezioni nelle arene e fu un successo. Nonostante la gente, all’epoca, non conoscesse questa cinematografia, ci fu una grande affluenza di pubblico. Gli spettatori, forse incuriositi, arrivarono più numerosi del previsto. Di conseguenza, l’anno seguente, mi chiesero di organizzare la settimana della cultura coreana. Fu subito un successo. Anche le persone che pensavano fosse una cinematografia arcaica, si accorsero, invece, che i film erano girati con molta professionalità anche se allora l’industria cinematografica sud coreana non era così sviluppata come adesso. Così nacque l’idea di istituire un vero è proprio festival del cinema sud coreano a Firenze.
Perché ha scelto questa sfida, per una passione per il cinema?
Confesso che per formazione e professione non possiedo un’educazione cinematografica anche se mi è sempre piaciuta l’arte asiatica compresa quella cinematografia. Questo amore mi ha convinto a lanciarmi in questa avventura.
C’è un film coreano che ha fatto nascere la scintilla?
Il primo film sud coreano che vidi fu, di notte su Rai 3: Why Has Bodhi-Dharma Left for the East? del regista Bae Yong-Kyun e ne fui folgorato.
In che modo vi differenziate dal Far East di Udine, l’altro festival dedicato alla cinematografia orientale?
Spesso ci paragonano al Far East Film Festival ma, fin dalla prima edizione, abbiamo voluto differenziarci. Il Far East ha una vocazione per la cultura popolare di molte cinematografie orientali. Il Florence Korea Film Fest, invece, propone solo il cinema sud coreano esplorando i vari generi e proponendo una visione a 360 gradi di questa particolare cinematografia. Cinema popolare ma anche impegnato per mostrare tutte le sfaccettature di questo cinema in continua evoluzione che non ha niente da invidiare all’industria occidentale. Da sempre abbiamo puntato a scegliere attori e registi di un certo calibro.
Questa è la diciassettesima edizione. Ce n’è una che ricorda particolarmente?
No, non c’è stata una edizione meglio riuscita delle altre. Forse è stato molto d’effetto l’anno in cui sono venuti ospiti del calibro di Lee Chan Dong e Park Chan Wook che portò The Handmaiden, un film eccezionale acquistato per l’Italia da Massimo Ferrero, ma che non fu poi distribuito. Non ho mai capito perché molte case di distribuzione italiane, a parte qualche eccezione come la Tucker Film, acquistano molti film orientali ma poi non li fanno uscire nelle sale come, invece, avviene in Francia ed in Germania. L’importanza del nostro festival è grande perché permette, attraverso proiezioni di nuovi film e retrospettive, a questo tipo di cinema di essere visto, giudicato e ammirato.
Esiste uno scambio con il cinema italiano?
A differenza di tante rassegne estere noi come associazione proponiamo e facciamo conoscere il cinema italiano all’estero attraverso scambi culturali. Abbiamo organizzato a Seul, insieme al Ministero degli esteri, incontri anche per avviare coproduzioni italo-coreane. Abbiamo invitato un regista coreano che è venuto a girare in Piemonte, Liguria e Lombardia.
Riusciamo ad esportare il nostro cinema?
I sud coreani amano l’Italia e il nostro cinema anche se sono fermi a Fellini e De Sica. Purtroppo le istituzioni italiane non promuovono come dovrebbero i nostri prodotti nella Repubblica coreana e sono poi i film italiani recenti che arrivano in questo Paese eccetto quello che vincono grandi premi come Dogman. In occasione del festival di Pusan, una delle kermesse cinematografiche più importanti del sud est asiatico, tutti i paesi fanno la festa per sponsorizzare i loro prodotti. L’Italia, invece, la fa insieme alla promozione europea. Quest’anno l’italian night servivano vini francesi! Ne ho parlato di questo problema con i rappresentanti del nostro Istituto per il Commercio Estero esortando a promuovere meglio le nostre potenzialità.
Console onorario della Repubblica di Corea in Toscana. E’ un grande impegno…
Sono uno dei pochi consoli nominato per meriti culturali. A Firenze e in Toscana c’è un grande flusso di turismo coreano. Oltre alla realizzazione del festival, mi occupo di fornire informazioni ai turisti, ai giovani che vogliono venire a studiare da noi e, in generale, a dare notizie su possibili occasioni di reciproci scambi culturali ed economici.
Qual è stata la novità di questa edizione?
Esseri riusciti ad ospitare la star coreana Jung Woo-sung, attore tra i più amati in patria e il regista Kang Hyung-Chul che ha presentato, in prima europea, il suo ultimo film “Swing Kids”. Inoltre è stata allestita, come evento collaterale, presso l’Istituto Europeo del Design, la mostra dei poster dei film coreani che negli anni abbiamo collezionato e che porteremo in tutt’Italia.
Tutti i direttori artistici lamentano crisi di budget…..
Si, anche noi soffriamo della crisi di fondi elargiti per la cultura ma riusciamo, grazie agli sponsor privati che offrono ospitalità, al contributo del governo coreano, della regione Toscana e del comune di Firenze a realizzare un festival interessante che ha proposto quest’anno 45 titoli tra corti e lungometraggi, la maggior parte in anteprima italiana ed europea. Servirebbero, però, più mezzi per proporre una kermesse più accattivante e variegata.
Prossima sfida?
Con il nuovo direttore dell’Istituto di cultura coreana a Roma cercherò di realizzare progetti importanti come presentare nuove produzioni ed ospitare più attori e registi. Con l’esperienza di tanti anni ho capito che il pubblico vuole avere la possibilità di conoscere chi realizza ed interpreta i film. Inoltre cercherò di sviluppare con altri generi l’esperienza di Virtual Reality , l’ultima frontiera del cinema che, attraverso lo speciale visore VR Gear con Controller e con la tecnologia del Samsung S9+ ha offerto quest’anno la possibilità di vedere corti horror con una stupefacente percezione della realtà virtuale.
Qual è il target del Florence Korea Film Fest?
Il pubblico è molto vario: dallo studente al pensionato. Il passaparola e un buon livello di comunicazione hanno creato molto interesse.
Come seleziona i film?
Andando in Corea tre o quattro volte all’anno, selezionando opere nei festival e grazie alle produzioni che inviano i loro film.