L'ultimo commosso saluto di Milano a Jannacci - L'I-Perr Foto-Video reportage - Affaritaliani.it

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L'ultimo commosso saluto di Milano a Jannacci - L'I-Perr Foto-Video reportage

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di Angelo Maria Perrino

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Caro Enzo, tu non mi conosci ma io sono stato un tuo fervente ammiratore. Sicché ieri son venuto a vederti per l'ultima volta, al Dal Verme. Ho fatto un po' di foto e video, come facevo sempre ai tuoi concerti. Per avere un ultimo ricordo di te e per consentire a chi ti amava ma non ha avuto il privilegio di venire a Milano, di poter in qualche modo condividere sprazzi dei tuoi ultimi istanti tra di noi. Con lo spezzato blu che usavi nei concerti, i tuoi capelli argentei, il tuo mezzo sorriso ironico e surreale, gli occhiali (e bravo chi nel ricomporti te li ha messi) sembrava che da un momento all'altro dovessi tirarti su e fare uno sberleffo ai tanti che come me ti stavano intorno, a stenti trattenendo le lacrime e facendosi il segno della croce. E bravo anche chi ha messo vicino a te le famose scarp de tennis. Un bel ricordo.

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Grazie Enzo per le tue poesie in musica, grazie per l'attenzione speciale che hai avuto per le persone normali, per gli umili, per la vita quotidiana, per i suoi paradossi.

Io amavo particolarmente due brani, Vincenzina e El me indiriss. La storia di una operaia e della sua fabbrica e la storia grottesca di una pratica burocratica, il certificato di residenza, che canti in milanese. Due capolavori di grazia, gentilezza, delicatezza e tenerezza d'animo con melodie struggenti e cori sublimi. Li ascolto piangendo mentre ti scrivo, caro Enzo. E capisco fissando il tuo corpo esanime come la morte sia il destino di tutti ma come artisti bravi come te possano in qualche modo sottrarsi al destino comune e restare immortali attraverso le opere che ci lasciate.

Tu resterai per sempre, caro Enzo, artista profetico, musicista estroso, finto saltimbanco, uomo libero, lontano dagli opportunismi e dalle vanaglorie, refrattario alle regole del business e del jet set.

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Con mia moglie, che amava Gaber, sorgeva una diatriba ogni volta che si andava ai vostri concerti: meglio Enzo o meglio Giorgio? Io tifavo per te, Enzo. Perché raccontavi le disuguaglianze e le ingiustizie non attraverso i sermoni in musica un po' moralistici di Gaber, ma attraverso le tue gag patafisiche dei personaggi presi dalla strada, come Veronica o come il palo sguercio della banda dell'Ortica, le tue arie tristi ,le filastrocche, la tua Milano da ringhiera.

E non morirai, caro Enzo, perché hai un figlio, Paolo, che è un gioiello, di uomo e di musicista. Non lo conosco di persona ma l'ho visto farti da spalla amorevole nei tuoi ultimi concerti, quando si capiva che il tuo corpo cominciava a perder colpi. Un grande anche Paolo.

E allora dico a Paolo: organizza appena puoi un concerto in piazza Duomo a Milano e facci risentire i capolavori di Enzo, celebriamo insieme la sua grandezza e la sua immortalità.

Ciao Enzo