Culture
Il Colibrì e l'epopea della borghesia italiana: Nanni Moretti torna a recitare
"Il Colibrì", tratto da un romanzo di Sandro Veronesi, è il nuovo film di Francesca Archibugi uscito da circa una settimana nelle sale
Moretti ha dichiarato a proposito della Archibugi: “È la sesta volta che lei mi chiedeva di interpretare un ruolo e a un certo punto ho voluto dire sì. È bello stare solo in scena”. “Il Colibrì” ha aperto la rassegna del Cinema di Roma (un mese prima era stato proiettato a Toronto) e l’uscita di un film in cui c’è Moretti o come regista o come attore è sempre alla fine un evento in sé.
L’Archibugi ha invece replicato: “Mi è costato dieci pranzi prima di convincerlo a recitare”. "Qui si racconta la borghesia con tenerezza e pietà", dice Favino. In effetti Moretti e l’Archibugi sono i cantori moderni della borghesia, anche se questa volta non è trattata impietosamente come negli altri film.
Da notare la presenza anche di Laura Morante nel ruolo di Letizia, la madre del Colibrì Favino. I film di Moretti, della Archibugi e anche della Morante si sono sempre sviluppati in luoghi particolari, spesso a Roma. Una Roma però suggestiva e mitizzata, quella dei villini di Monteverde Vecchio dove ancora vive Nanni Moretti o quelli di Roma Nord, ai Parioli, a Prati. Anche questo si svolge principalmente nella capitale, ma anche a Firenze, sulla costa toscana e a Parigi.
Monteverde Vecchio è uno dei quartieri più belli di Roma. I suoi caratteristici villini si susseguono in un paesaggio di verdi pastelli e gialli autunnali fino a Villa Sciarra, un parco dove “vivono” inquietanti statue e da cui si può scorgere un panorama mozzafiato della città dall’alto, visto che ci troviamo al Gianicolo. I villini furono frutto del nuovo piano regolatore del sindaco Ernesto Nathan nel 1909.Villini multipiano, dalle forti influenze liberty, che fanno spesso da sfondo a molti film.
Una Roma, e quindi una borghesia, fatta di caffè gustati ai tavolini sotto meravigliosi fiori azzurrini, di dolcezze e leccornie al cioccolato, di caffellatte e cappuccini, di qualche amaro dal colore arancione che riflette i raggi del sole. È una Roma, quella del regista e dell’attore, che è un palcoscenico naturale per celebrare il rito della borghesia di sinistra, colta ed evoluta, ma che rischia il marchio del radical –chic.
Eppure sono luoghi consolatori, in cui le struggenti atmosfere del tramonto (si veda il film “Verso sera” e “Mignon è partita”, sempre dell’Archibugi) si scatenano implacabili provocando strane angosce che si compenetrano con l’ambiente architettonico, con il gusto della citazione latina come proverbio sui muri delle case. In questo caso la consonanza con il libro di Veronesi è forte e l’opera stessa è praticamente già un soggetto che si offre al regista abbastanza naturalmente. Forse con il passare dell’età la rabbia generazionale si assopisce e la narrazione si fa più dolce. È bello –sembrano dire la regista e l’attore- essere borghesi e romani.