Economia

A Ben Bernanke il premio Nobel per l'economia: non capì la catastrofe Lehman

di Marco Scotti

Il salvataggio del sistema bancario americano nel 2008 costò complessivamente 7.700 miliardi di dollari

Ben Bernanke premio Nobel? Ma se non fu capace di arginare il disastro-Lehman!

Può il proverbiale lupo delle fiabe essere preso a esempio di gentilezza e temperanza? Può Barbablù ergersi a paladino dei diritti delle donne? In entrambi i casi la risposta non può che essere un secco e fragoroso “no”. E allora come si spiega il premio Nobel per l’Economia, tra gli altri, anche a Ben Bernanke? Per carità, nulla contro l’accademico che da decenni studia le dinamiche finanziarie del nostro mondo occidentale. Però dal 2006 al 2014 fu proprio Bernanke a sedere al timone della Federal Reserve. E nel 2008, quando Lehman Brothers crollò, fu lui a dover governare la barca, chiedendo il maxi-intervento statale che fu infiocchettato da George Bush e poi portato avanti da Barack Obama con bipartisan perizia. A quanto ammontò complessivamente il valore del Tarp (Troubled Assets Relief Program)? Tenetevi forte: 7.700 miliardi di dollari di liquidità, cioè il 50% del pil americano di quegli anni. Tanto per capirci: il famigerato salvataggio Ue-Fmi nel maggio 2010 costò complessivamente 340 miliardi di euro. 

Ora, è vero che Ben Bernanke non fu direttamente responsabile del tracollo delle banche americane, e di Lehman Brothers in particolare, ma nel suo ruolo di capo della Federal Reserve avrebbe dovuto quantomeno buttare un occhio. Vigilare, insomma. Ma non l’ha fatto perché come diceva Gordon Gekko – protagonista del film di Oliver Stone Wall Street – “l'avidità è valida, l'avidità è giusta, l'avidità funziona, l'avidità chiarifica, penetra e cattura l'essenza dello spirito evolutivo”. E visto che tutto cresceva a ritmo vertiginoso, era meglio lasciar perdere qualunque eccessivo sospetto e continuare a fare in modo che tutto prosperasse. Che Bernanke abbia delle responsabilità non lo diciamo noi, ma lui stesso. Nel 2018, in occasione del decimo anniversario del tracollo di Lehmanm Brothers, Bernanke ha dovuto ammettere che i decisori politici (e quindi la stessa Fed) ha sbagliato nel non prevedere la forza dirompente che la crisi avrebbe avuto e quanto drammatica sarebbe stata la sua forza sull’economia. Non solo, Bernanke ha anche dovuto spiegare che la Fed è stata troppo lenta a mettere in pratica il programma di acquisto di titoli, il Quantitative Easing. 

Fa sorridere, dunque, che l’ex chairman della Fed riceva il Nobel per le sue scoperte che hanno “migliorato il modo in cui la società affronta le crisi finanziarie". I premiati di quest'anno in Scienze Economiche, si legge, "hanno migliorato significativamente la nostra comprensione del ruolo delle banche nell'economia, in particolare durante le crisi finanziarie. Un importante risultato della loro ricerca è il motivo per cui è fondamentale evitare i crolli bancari". Che i tracollo degli istituti di credito siano un pericolo per l’economia oggi è cosa nota. E chi, meglio di Bernanke – incapace di vigilare sul disastro dell’economia statunitense – può spiegarlo? È proprio vero che fa più la pratica della grammatica. Purtroppo.