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Economia
Agnelli-Berlusconi, i collezionisti Paperon de Paperoni di Torino e di Arcore
Silvio Berlusconi e Gianni Agnelli

Agnelli-Berlusconi, due anime opposte anche nel collezionismo d'arte

Due notizie, in mezzo all’apocalisse mediorientale in fieri, ci permettono, per qualche minuto di spostare l’attenzione nel più evanescente degli argomenti: l’arte e nello specifico il collezionismo d’arte che coinvolge quelle classi benestanti che, attraverso le loro collezioni, ambiscono a condividere pubblicamente la loro volontà di potenza. Il ricco o il signore necessariamente, hanno metodi molto diversi di costruire pinacoteche private (pensate ai cardinali del passato), anche perché la sola esibizione economica non sempre equivale ad una ricerca della bellezza estetica, soprattutto quando si tratta di arte contemporanea.

Dunque ci appaiono molto illuminanti i confronti tra le collezioni dei due Paperoni d’Italia, l’avvocato Agnelli e il Cavalier Berlusconi. Niente di più dissimile per forme, ricerca, elaborazione di percorsi storici e filologici, che esprimono altrettanti interessi culturali facilmente giudicabili, anche alla luce del giallo che ha attraversato il patrimonio artistico ereditato dai figli di Agnelli, e quello trovato, è il caso di dire, dai rampolli Berlusconi.

Nel primo caso, Gianni e Marella hanno condiviso per decenni una passione molto costosa, per l’arte contemporanea e non solo, che li ha portati ad accumulare centinaia di opere così importanti da dovere richiedere l’aiuto di Renzo Piano (non a caso Autore della sede della De Menill Collection di Huston) per realizzare lo Scrigno con le opere più importanti: un museo pubblico a tutti gli effetti, che rende omaggio al mecenatismo della Famiglia, alla scomparsa del patriarca.

Tutto in quella collezione è eleganza, sensibilità, capacità di individuare correnti artistiche in lento sviluppo, rappresenta un’idea anglosassone (vedi l’enorme quantità di collezioni private che sono state donate ai Musei più importanti del Mondo), che ben si rapporta col personaggio, icona di stile riconosciuta universalmente e indistruttibile produttore di modi essere, di abbigliarsi, e soprattutto di vivere sempre al di sopra della banalità e della normalità quotidiana.

In Brianza purtroppo si riproduce l’ennesimo passo falso, del Paperone (Milano) Due, Silvio, scopre ovviamente tardi l’arte, pur avendo una bella collezione, se non ricordo male, nella villa, Casati Stampa di Arcore, ma mi pare esagerato affermare che fosse una delle sue passioni, anche se ci ha sorpreso la notizia del ritrovamento di un enorme capannone dove il nostro, custodiva i suoi tesori che rappresentano oltre alla sua idea estetica, il suo essere profondamente ingenuo nel valutare le espressioni artistiche.

Nulla di male. Madonne, nudi, paesaggi, nature morte, ritratti, comprati durante le aste notturne nella noia brianzola, che si accumulano senza alcun progetto filologico, negli enormi corridoi, venticinquemila opere! Pare costate oltre venti milioni di euro.

Non è lo stile esistenziale naif che sorprende, in fondo Lui è rimasto un uomo semplice che preferiva altri costosi giocattoli, ma la collezione (si fa per dire) Berlusconi, non avrà bisogno di essere mostrata, anche se piacerebbe di sicuro agli utilizzatori museali della domenica. Gianni contro Silvio, ancora una volta, con il giallo della sparizione della prima e con l’epifania della seconda, è proprio vero che un uomo si riconosce da come vive e da come si veste, e non c’ è nessun maestro di cerimonie che possa ripulire la naturale volgarità del parvenu, anche se simpatica, e anche se dietro le opere possedute dall’Avvocato ci sono intrighi, possibili furti, e scontri all’arma bianca tra gli eredi.

Avremmo preferito non vedere quella infinita teoria di brutti nudi e paesaggi campestri che intasano senza significato le pareti del Mega-Capannone che, mai potrà diventare l’architettura essenziale di Piano “noblesse oblige”, anche se esiste una volontà pervicace nella collezione di “Paperone due” ed è creare nella quantità indifferente e scadente, un nuovo principio estetico dove il popolo votante possa riconoscersi, ritrovarsi.

Tra le sale luminose ed essenziali di Torino e delle altre magioni “très chic” degli Agnelli e la fabbrica di tondini brianzola, corre una storia, una leggenda, e il sempre rinviato scontro tra due visioni incompatibili(non si acquistano per caso i Lucien Freud, i Balla, i Bacon, ma anche i Matisse e i Canaletto), perché ricordano che le origini non si possono cambiare col successo planetario, coi daneé, e la cultura e l’antropologia ci riconducono sempre indietro, nel luogo dove siamo nati, che non si può cancellare con un semplice colpo di fondo tinta.

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