Economia

Anno nero per l'automotive, dalla transizione green che non decolla all'uscita di Tavares da Stellantis

La crisi Volkswagen, e le dimissioni di Carlos Tavares: la crisi dell'auto ha radici profonde e molte sono green. Il bilancio del 2024

di redazione economia

Automotive europeo in piena crisi: il 2024 tra l'addio di Tavares e il fallimento della transizione green

La crisi di Stellantis nel 2024 segna una macchia indelebile nella storia dell'automotive europeo. Il colosso che sembrava il modello perfetto di fusione tra Fiat Chrysler e Psa si ritrova oggi a pezzi, con una capitalizzazione che sfiora i 38,5 miliardi di euro. Una caduta drammatica che svela una crisi strutturale devastante, figlia di strategie miopi e di una gestione incapace di mantenere la fiducia del mercato. Il principale imputato è Carlos Tavares, la cui disastrosa gestione ha inferto il colpo finale a un gruppo già in difficoltà. Il Nord America, una volta cassa di risonanza dei profitti, è diventato ormai un mercato "deserto": vendite in calo del 36% nel terzo trimestre, scorte invendute e una forte perdita di competitività.

Produzione a picco: Tavares e una gestione inefficace

In Italia, invece, la produzione di veicoli nel 2024 è crollata del 30% rispetto all’anno precedente, un dato che parla da solo. Questo declino ha costretto Stellantis a ridurre i contatti con numerosi fornitori e ha acuito i conflitti con sindacati e politici, già di per sé tesi. La risposta alla crisi, che non è certo arrivata come un fulmine a ciel sereno, e così anche l'impatto sul personale diventava devastante: dal 2014 al 2020, FCA ha ricevuto 446 milioni in cassa integrazione. Ma tra il 2021 e il maggio 2024, il conto è salito a quasi un miliardo di euro

Tavares, dal suo canto, veniva accusato di immobilizzare capitali senza avere una chiara visione, mancando l’opportunità più grande: investire nella ricerca. Il risultato è stato quindi un disastro: quattordici marchi allo sbando, stabilimenti chiusi e lavoratori in cassa integrazione a ciclo continuo. A Mirafiori si è raggiunto il triste record del diciottesimo anno consecutivo di ammortizzatori sociali. Eppure, mentre gli stabilimenti venivano chiusi e gli operai mandati a casa, il gruppo italo-francese riempiva le tasche dei suoi azionisti con buyback da milioni di euro.

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Ma non finisce qui. Nel 2024, con la crisi che si faceva sempre più pesante, Stellantis continuava a chiedere incentivi sempre più generosi al governo, promettendo una gigafactory a Termoli che, a distanza di un anno, restava solo un progetto sulla carta. Nel frattempo, Carlos Tavares, diviso tra le class action americane e gli scioperi nei principali stabilimenti del gruppo (Pomigliano, Mirafiori e altri), alimentava conflitti sempre più evidenti, sia con gli azionisti che con il governo italiano. Una tensione che ha raggiunto il suo culmine nell’audizione in Parlamento, dove il manager lusitano sembrava più preoccupato di difendere il suo operato che a dare risposte concrete.

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Un mercato europeo in difficoltà: Stellantis è solo "uno dei tanti"

Ma andiamo oltre la punta dell’iceberg e facciamo un passo indietro. La crisi del colosso italo-francese si inserisce in realtà in un mercato dell'automotive europeo che ha vissuto l'anno più nero degli ultimi tempi, con Stellantis a fare da emblema di un settore in caduta libera. Le quote sono calate ovunque, persino in paesi tradizionalmente forti come Francia e Germania, mentre l’Italia raggiungeva un record negativo con appena 500.000 veicoli prodotti nell'ultimo anno. A settembre il mercato europeo ha segnato, dopo mesi in perdita, una flessione del 4,2% con 1.118.083 immatricolazioni rispetto alle 1.167.637 unità di settembre 2023.

Ma nel corso dell'ultimo anno, a subire il colpo più duro è stata soprattutto Volkswagen con 500.000 auto vendute in meno rispetto al periodo pre-pandemia, 15.000 operai licenziati, e molti in sciopero. A peggiorare la situazione, nel 2024, il dato delle immatricolazioni in Germania, in flessione del 68,8%. E in scia al colosso tedesco anche Ford, Mercedes e Bosch, tutte colpite dalla stessa crisi, hanno perso migliaia di posti di lavoro in tutta Europa.  A questo si aggiungeva il paradosso dei prezzi: dal 2018, il costo medio di un veicolo  è aumentato del 35,7%. Il risultato? Una generazione di giovani sotto i 25 anni ha abbandonato il mercato dell'auto, schiacciata dai costi e dalla precarietà economica

E sullo sfondo di una crisi che infettava pian piano tutta Europa, i produttori cinesi, sono passati dall'essere meri concorrenti ad avversari tecnologicamente superiori. Pechino, puntando sin dal 2012 sull'intera filiera dell'auto elettrica è riuscita a battere il Vecchio Continente sul piano tecnologico e dei costi, mentre il Green New Deal europeo, sebbene ricco di promesse, si è rivelato una vana retorica senza un concreto piano industriale,.

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Transizione green: un fallimento annunciato

Dove sta tutta la colpa? In molti puntano il dito alla lenta reazione del mercato automobilistico europeo verso il "green" e al bando delle auto a motore endotermico previsto per il 2035. Ma in realtà la crisi del settore ha messo in evidenza qualcosa di più grande: l'incapacità dei grandi gruppi di adattarsi ai cambiamenti. E se da una parte l'Ue ha imposto regolamenti sempre più severi sulle emissioni, minacciando multe pesantissime, Stellantis e gli altri colossi europei non sono comunque riusciti a stare al passo con innovazione e ricerca. A settembre 2024, le auto elettriche rappresentavano solo il 3,84% del mercato italiano, un dato che tiene l’Italia ai margini della rivoluzione verde.

E per quanto rigurda Stellantis, ora, con  l’uscita di scena di Tavares, il timone è passato temporaneamente a un comitato guidato da John Elkann, ma il futuro del colosso rimane a oggi un grande punto interrogativo. Il piano presentato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy durante il Mimit della scorsa settimana promette investimenti per due miliardi di euro entro il 2025 e il rilancio di stabilimenti come Mirafiori e Pomigliano. Ma sarà sufficiente? La sfida è titanica, resta da vedere cosa riserva il 2025 e quali grandi sorprese metterà sul tavolo il patron John Elkann.