Economia
Indebitamento, dopo 8 anni arriva la nuova normativa in materia
Il rischio di indebitarsi, nel caso l’emergenza dovesse proseguire a lungo, è altissimo per le imprese e non solo
Secondo una recente ricerca Doxa, tre famiglie su 10 non sarebbero in grado di far fronte ad una spesa improvvisa di 2000 euro, e 6 famiglie su 10 dichiarano di far fatica ad arrivare a fine mese. Il rischio di indebitarsi perciò, nel caso l’emergenza dovesse proseguire a lungo, è altissimo sia per le imprese ma sopratutto per un numero sempre maggiore di lavoratori e famiglie italiane.
Secondo recenti calcoli a fine 2020 il debito totale mondiale avrebbe raggiunto la cifra monstre di 277 mila miliardi di dollari. Ed è sulla base di questi dati che la legge 3/2012, in materia di indebitamento, di recente emendata e la cui nuova versione dovrebbe entrare a regime da settembre di quest’anno, può davvero rappresentare una piccola ancora di salvezza per le migliaia di famiglie, che a causa delle conseguenze economiche portate dal Covid si trovano e si troveranno presto in grandissima difficoltà.
Ci sono voluti 8 anni per arrivare ad un testo più o meno definitivo, malgrado il nostro paese sia stato l’ultimo in Europa ad aver regolamentato la materia, come spiega Chiara Valcepina, consigliere dell’ordine degli avvocati di Milano, curatrice del primo organismo di composizione della crisi da sovra indebitamento del Tribunale di Milano, ed autrice con il collega Fabio Cesare del recente libro ”Sovra indebitamento. Dalla tutela del debitore al recupero del credito”. «In questo volume– spiega l’avvocato Fabio Cesare – sono presenti sia la normativa vecchia della legge 3 del 2012 e sia quella nuova, che invece amplia le possibilità di ricorrere all’indebitamento e ne fa uno strumento di recupero ragionevole di quanto sia possibile chiedere al debitore.”
Sono molte le ragioni che spiegano questo ritardo colpevole, che ha messo migliaia di persone nella triste condizione di essere considerate dei reietti o dei fantasmi, senza possibilità di avere un conto corrente o avere la possibilità di proseguire una vita sociale ed economica normale, dopo aver avuto problemi di eccessivo indebitamento. “Le ragioni che tradizionalmente hanno ostacolato l’adozione di un modello concorsuale per i soggetti non fallibili sono di ordine essenzialmente culturale e sociale" come spiega ancora la Valcepina. Esse traggono origine dall’esigenza di regolamentare i traffici commerciali e la garanzia patrimoniale generica del debitore con una disciplina che garantisca il sistema dei pagamenti con un ragionevole grado di certezza, assicurato anche dai reati fallimentari, deterrente efficace per i debitori che non intendessero rispettare i propri impegni.
“In Italia vige da sempre la regola del sospetto verso il debitore o il fallito, che assume, a prescindere, una accezione negativa. Mentre nel mondo anglosassone il fallimento è visto come un normale percorso sfortunato di una attività imprenditoriale, e il ricorso al debito è una pratica molto diffusa”. L’insolvenza civile veniva, infatti, fino ad ora inquadrata nel solo ambito degli istituti dell’esecuzione individuale, assai potenziata all’indomani della crisi finanziaria del 2008, da plurimi interventi legislativi che hanno spostato il baricentro dell’espropriazione verso l’interesse dei creditori, comprimendo le possibilità di difesa del debitore.
“Il ricorso ai finanziamenti al consumo impone una delicata assunzione di un rischio di inadempimento del debitore che può essere controbilanciato solo da chi possiede i rudimenti dell’educazione finanziaria, competenza non particolarmente diffusa tra la popolazione dei consumatori. Ne consegue che oltre una certa soglia, si incrementa il rischio di plurimi default, singolarmente insignificanti, ma rilevanti se collettivamente intesi” scrive Fabio Cesare nel libro. L’eccessiva pressione sui debitori determina poi il rischio che questi si rivolgano alla criminalità organizzata per reperire le risorse necessarie ad onorare le obbligazioni rimaste inadempiute, sotto la spinta crescente del disdoro sociale conseguente alle iniziative esecutive.
La normativa sul sovra indebitamento perciò risponde a una esigenza deflattiva: come ogni procedura concorsuale, essa concentra all’interno di un unico contenitore plurime procedure esecutive, impegnando solo un giudice designato e non una singola risorsa giurisdizionale per ogni processo esecutivo. Infine, il sovra indebitamento evita costi indiretti connessi all’inadempimento: l’impossibilità di produrre reddito disponibile per il nucleo familiare interessato dal dissesto comporta un maggiore accesso agli istituti di welfare intesi a garantire una soglia minima di dignità, se non di sopravvivenza.
Ne sono un esempio l’adozione di misure in grado di favorire l’accesso all’istituto da parte dei soci illimitatamente responsabili e la legittimazione delle procedure familiari, talvolta osteggiate per il rischio di confusione dei patrimoni, oppure “le norme che impongono la concorsualizzazione della cessione del quinto dello stipendio ceduto in garanzia di un finanziamento, talvolta considerato dalla giurisprudenza estraneo al concorso e dunque da pagare per intero al singolo cessionario”.
Il sovra indebitamento diventa così una forma di recupero del credito e si trasforma da strumento di tutela del debitore a veicolo di espropriazione tendenzialmente più equa, poiché l’esecuzione individuale non può assicurare una distribuzione destinata a tutto il ceto creditorio, ma la limita ai soli creditori più strutturati a detrimento di quelli meno motivati. Inoltre, la nuova fisionomia del sovra indebitamento incentiva l’accelerazione dell’agonia del debitore verso un esito concorsuale. La nuova legge poi prevede anche delle sanzioni in capo alla finanziaria che abbia erogato credito oltre una certa soglia. Questa è calcolata dall’assegno mensile moltiplicato per 1,5 e normalizzato secondo l’indice ISEE.
“Sostanzialmente, se una finanziaria eroga dei denari, le cui rate erodono il valore che è approssimativamente di circa 7/800 euro per una famiglia di 3 persone, significa che l’ha fatto arrivare al limite della soglia di povertà relativa. E questo determina l’impossibilità per il creditore di reagire a un’eventuale proposta del debitore, alla quale non può nemmeno sostanzialmente opporsi. Se non per motivi che il giudice avrebbe potuto sollevare anche d’ufficio”. In questo modo si metterebbe anche un freno alla pletora di società di dubbia provenienza e moralità, che offrono credito a persone non in grado di rispettare gli impegni ( una delle concause dello scoppio della bolla finanziaria del 2008) o che garantiscono la difesa dei debitori insolventi, promettendo improbabili soluzione ai loro problemi debitori, che non fanno altro che illudere le persone ed aggravare ulteriormente le loro posizioni finanziarie. Infine
L’avvocato Valcepina dichiara che le persone sovra indebitate, dopo che sono state liberate dai loro carichi, si dimostrano persone molto più attente alle loro posizioni finanziarie, sia perché scottate da questa esperienza, e sia perché vengono in qualche misura portate ad avere un maggiore consapevolezza finanziaria con un percorso di educazione finanziaria ad hoc, che, sempre secondo l’indagine Doxa, sembra essere elemento chiave.. L’indagine, infatti, rivela che che il 49,5% di coloro che dichiarano di possedere conoscenze finanziarie sarebbe capace di gestire una spesa improvvisa di 2mila euro, contro il 27,7% del campione meno alfabetizzato. Mentre il 63% degli intervistati con un basso livello di cultura finanziaria ha difficoltà ad arrivare a fine mese contro il 43,8% invece di coloro che sostengono di possedere elevate conoscenze finanziarie.