Economia

Aspi-Atlantia/ CS, UniCredit, Intesa, Agricole e... tremano le banche esposte

di Luca Spoldi e Andrea Deugeni

Tra bondholder e creditori ecco chi rischia nel caso di default di Autostrade o di tensioni finanziarie in Atlantia il cui Mol dipende per il 45% da Aspi

A quanto ammonta e come è distribuito il debito che grava sui conti di Autostrade per l’Italia (Aspi) e della sua controllante (al momento all’88,06%), Atlantia, holding infrastrutturale che fa capo (per il 30,25%) alla famiglia Benetton e per il resto è in mano ad alcuni grandi soci finanziari (Gic, con l’8,29%, Lazard Asset Management col 5,05%, Hsbc Holdings al 5,01%, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino col 4,85%) e al mercato?

Roberto Tomasi AD Autostrade per l' Italia

Roberto Tomasi, Ceo Autostrade per l'Italia


 

La risposta si trova nei documenti ufficiali delle due società. Aspi, i cui ricavi da pedaggio costituiscono la principale garanzia di regolare pagamento degli interessi e rimborso graduale del debito proprio e della controllante, presentava a fine marzo un indebitamento finanziario netto di 8,34 miliardi di euro, in calo di 51 milioni rispetto a fine 2019 (quando il debito era già apparso in calo di 421 milioni rispetto al 31 dicembre 2018), a fronte di un patrimonio netto di 2,3 miliardi. 

Anzitutto, anche a seguito dell’accordo di “issuer substitution” del 2016 con cui Aspi si è sostituita alla capogruppo per bond inizialmente emessi d Atlantia, vi sono quasi 9 miliardi di euro di passività finanziarie a medio e lungo temine, costituite essenzialmente da prestiti obbligazionari per quasi 7 miliardi e poco meno di 2 miliardi da debiti verso istituti di credito. Tra i bondholder oltre a una ventina tra banche commerciali e banche d’affari, molte delle quali collegate a fondi speculativi operanti nella City di Londra, vi sarebbe anche la Bce, che fin quando Aspi e Atlantia erano classificate come “investment grade” aveva acquistato importi non divulgati di 11 obbligazioni emesse da Autostrade e altre 3 emesse da Atlantia.

LP 8969987

Luciano Benetton

Sempre a fine marzo il gruppo, si legge nella trimestrale disponeva “di linee di finanziamento con una vita media residua ponderata di circa 5 anni e 7 mesi e un periodo di utilizzo residuo medio ponderato pari a circa 2 anni”. Una parte consistente dell’indebitamento di Aspi, come evidenziava anche prospetto del bond 2015-2023, presenta clausole e covenant che fanno riferimento anche alla controllante Atlantia e/o al gruppo Atlantia, mentre Aspi “ha prestato garanzie in relazione a indebitamento della controllante Atlantia, rappresentato dai prestiti obbligazionari emessi da quest’ultima. Come dire: simul stabunt, simult cadent.

Cdp ha inoltre concesso, ad Aspi, linee di credito revolving per 1,7 miliardi di cui 400 milioni finora utilizzati (nei 10 anni precedenti erano già stati concessi altri 500 milioni di finanziamento), la Banca europea degli investimenti ha a sua volta erogato prestiti per 2,1 miliardi (dopo averne concessi altri 300 milioni negli anni precedenti).

Ma chi rischia, e per quanto, di essere esposto ad un eventuale default, visto che al momento Aspi è “nell’impossibilità di reperire fonti di finanziamento sul mercato”, mentre Cdp ad inizio aprile ha deciso di non erogare una tranche da 200 milioni di un finanziamento “revolving” accordato il 15 dicembre 2017, tanto che Atlantia stessa si è impegnata a erogare, entro fine anno, un finanziamento di 900 milioni (scadenza 31 dicembre 2021) nell’ambito del quale il contratto di una prima tranche, da 400 milioni, è stata sottoscritta il 10 giugno scorso (utilizzabile entro il 15 dicembre 2020) con scadenza 15 gennaio 2021?

Tra i “primari istituti di credito” che hanno concesso finanziamenti ad Atlantia o al gruppo Atlantia (che oltre all’esposizione nei confronti del debito della controllata ha anche quella verso Abertis, costata 29,3 miliardi e che da sola ha fatto salire l’indebitamento netto della holding da meno di 9,5 miliardi a 37,98 miliardi a fine marzo scorso, per il 65% in mano a bondholder e il 35% a banche) figurano, fra gli istituti italiani, Banco Bpm, Bnp Paribas, Cassa Depositi e Prestiti, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit, Ubi, BancoBpm e Bper che hanno finanziato in parte l’acquisizione di Abertis. Intesa Sanpaolo ha anche acceso un finanziamento da 470 milioni di euro per Autostrade Meridionali, Credit Agricole aveva anticipato i 50 milioni per acquistare la fresa TBM per il traforo del tratto appenninico.

Fra gli istituti internazionali figurano Credit Suisse, Crédit Agricole, Societè Generale, Natixis, Jp Morgan, Bofa Merrill Lynch, Deutsche Bank e Citigroup. Sebbene la holding Atlantia sia ormai un gruppo internazionale, i flussi di cassa che provengono dai caselli autostradali italiani corrispondono al 60% dei ricavi complessivi della holding guidata da Carlo Bertazzo, da cui proviene il 45% del margine operativo lordo. Struttura che fa si che un default della società a valle metta a rischio anche la sostenibilità del debito della controllante. 

Tutti i contratti di finanziamento bancari e i prestiti obbligazionari conterrebbero la clausola “Change of Control che prevede a banche e investitori istituzionali sottoscrittori dei bond di chiedere il rimborso anticipato del finanziamento nel caso in cui Aspi o Atlantia perdano il controllo delle concessioni. Il rischio di default dell’emittente, dopo le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è dunque qualcosa di più che un’ipotesi verosimile. E la fuga dei creditori pure.