Economia
Auto, idrogeno-biometano: per abbattere le emissioni non c'è solo l'elettrico
Opportuno che l'Europa adotti la cosiddetta “neutralità tecnologica", ovvero il principio secondo il quale non è giusto scommettere su una sola tecnologia
Vi è da dire come in Europa la transizione verso la mobilità a zero impatto ambientale procede senza sosta, con alcune Paesi come la Norvegia, in cui le auto elettriche hanno raggiunto una quota vicino all’80% tra veicoli plug-in e full electric. In Italia questa quota si ferma al 4%, mentre arriva al 19% in Finlandia, al 28% in Olanda e al 33% in Svezia (dati European Environmental Agency). Favorire il rinnovamento del parco circolante e con esso la riduzione dell'impatto ambientale dei veicoli è uno degli obiettivi cardine della politica europea. Nel caso italiano quindi si tratta di rinnovare un parco auto importante, al netto della quota citata poc’anzi. Numeri molto significativi se si considerano i contributi distribuiti sino ad oggi. Analogo discorso vale su tutto il territorio europeo.
La Commissione Europea e Cassa Depositi e Prestiti hanno sottoscritto un accordo di garanzia per un valore complessivo di 355 milioni di euro, nell’ambito del programma InvestEU che prevede di mobilitare un totale di 372 miliardi di euro di nuovi investimenti nei prossimi cinque anni nell’intera Unione europea. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in linea con la programmazione del PNRR e gli stanziamenti di 713 milioni di euro, ha pubblicato nei giorni scorsi due decreti che consentiranno l’installazione entro i prossimi tre anni di oltre 21 mila stazioni di ricarica per i veicoli elettrici, nelle superstrade e nei centri urbani italiani.
La transizione ecologica e l’opportunità della “neutralità tecnologica”
Alla transizione energetica segue l'allarme dei poli produttivi. Secondo il Comitato automotive di IndustriAll Europe, l'industria dell’automotive in Europa sviluppa 2,6 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero, e nel complesso più di 13 milioni di posti di lavoro. In Italia, secondo il Comitato, sono coinvolti 250 mila lavoratori, di cui 168 mila riguardano la filiera della componentistica. Un primo segnale è dato dal player americano Ford il cui piano industriale prevede nei prossimi tre anni un taglio di quasi 4 mila posti di lavoro in tutta Europa per “reinventare il marchio e concentrarsi su una gamma più ridotta di veicoli elettrici e quindi accelerare il passaggio dal motore a combustione interna ai veicoli elettrici”.
Il rischio a cui si va incontro è elevato, per cui sarebbe opportuno che l'Europa adottasse la cosiddetta “neutralità tecnologica", ovvero il principio secondo il quale non è giusto scommettere su una sola tecnologia (quella elettrica) ma prevedere un approccio flessibile alle diverse tecnologie a disposizione, senza che una prevalga necessariamente sulle altre, consentendo ad esempio altre fonti come biocombustibili, biometano ed idrogeno. Approccio confermato anche dal CEO del gruppo Renault il quale in un'intervista al Sole24Ore richiama “l’Europa ad una politica industriale improntata sulla neutralità tecnologica”.
Uno studio pubblicato da Clepa (l’associazione dei componentisti automotive europei) sottolinea che “l'Italia è il Paese con la minor capacità di ripresa e rischia di perdere al 2040 circa 73.000 posti di lavoro, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030. Perdite che le nuove professionalità legate allo sviluppo della mobilità elettrica non basteranno a compensare”. Anche l'associazione, con una lettera inviata al Governo, rileva che nonostante l'alto profilo tecnologico e innovativo delle filiere industriali le sfide della transizione energetica sono complesse e non è possibile "considerare tutto risolvibile con il contributo di un’unica tecnologia, non ancora matura a livello di ecosistema di mercato in quasi nessun Paese” del vecchio Continente, caratterizzato da un parco circolante (di auto e veicoli commerciali), al 2030, ancora costituito da oltre il 70% di mezzi con motori a combustione interna. Siamo sicuri che l'indirizzo intrapreso dal Parlamento Europeo sia quello più coerente con le scelte mondiali? Ad maiora.