Banca Carige, aumento in pericolo (e non basta)
Piazza Affari/ Banca Carige: continuità aziendale a rischio se l'aumento non sarà sottoscritto del tutto. Ma anche un successo pieno potrebbe non bastare
Banca Carige avanti tutta, sospesa al rialzo. Anzi no, al ribasso, anzi per eccesso di scostamento: il primo giorno dell'aumento di capitale da 497,98 milioni di euro massimi che prevede l'assegnazione di 60 nuove azioni da un centesimo di euro ciascuna per ogni diritto posseduto, ha visto titoli e diritti finire sulle montagne russe prima di chiudere in calo.
Questo nonostante il buon numero di adesioni già preannunciate, l'adozione del modello "rolling" che dà la possibilità agli aderenti di ricevere le nuove azioni al termine della giornata contabile di borsa aperta in cui sono stati esercitati i diritti di opzione (ma solo a partire dal terzo giorno di mercato aperto successivo all'avvio del periodo di opzione) e il fatto che dopo qualche esitazione il consorzio di garanzia, di cui fanno parte Credit Suisse, Deutsche Bank e Barclays (e che vede la prossima matricola di borsa Equita Sim nel ruolo di co-garante), ha accettato di garantire il 100% dell'eventuale inoptato.
A far da detonatore alla volatilità, tradottasi a fine giornata in un calo del 6,61% dei titoli a 1,13 centesimi di euro e del 41,04% dei diritti a 7,6 centesimi di euro l'uno (valore che implica una parità tra acquistare un diritto ed esercitarlo e acquistare direttamente un titolo Banca Carige in borsa di 1,126 centesimi di euro) è stata probabilmente la segnalazione, nel prospetto dell'operazione, che l'applicazione di nuove regole contabili internazionali (il principio contabile Ifrs9, che dal gennaio prossimo verrà adottato per lo Srep, il Supervisory review and evaluation process) potrebbe comportare "rilevanti" effetti negativi sui risultati finanziari e sul bilancio dell'istituto.
Questo significa, in particolare, che nonostante l'aumento in corso (cui si affianca un'operazione da 60 milioni di euro riservata agli investitori istituzionali detentori di bond senior rivenienti dal concambio con precedenti bond junior, operazione che mira in particolare a coinvolgere Unipol, Generali e Intesa Sanpaolo) la Bce, che non ha ancora comunicato alla banca la decisione finale sullo Srep 2017 che stabilisce i requisiti patrimoniali per il 2018, ma che ha già espresso incertezze circa la capacità di Banca Carige di generare profitti nel lungo periodo continuando a operare "stand alone", potrebbe richiedere ulteriori iniezioni di capitale se le azioni previste dal nuovo piano industriale dovessero rivelarsi insufficienti a fronteggiare le criticità segnalate dalla Bce.
A maggior ragione, una mancata esecuzione, sia pure parziale, del piano di ricapitalizzazione ossia il raggiungimento di un importo complessivo, tra aumento di capitale e tranche riservata, inferiore ai 500 milioni di euro richiesti a suo tempo dalla Bce, potrebbe comportare rischi di continuità delle attività della banca, che al momento non dispone di capitale circolante adeguato a garantire le esigenze attuali e quelle dei prossimi 12 mesi. Ipotesi estreme, certamente, visto che al momento la famiglia Malacalza, Gabriele Volpi e Aldo Spinelli si sono già impegnati a sottoscrivere almeno 128,47 milioni dell'aumento, mentre sono già stati siglati contratti per ulteriori 234,4 milioni di euro (di cui 69,5 milioni sarebbero coperti ancora da Malacalza).
Alla fine il rischio "inoptato" riguarderebbe non più di 135 milioni, ossia la quota destinata al retail, ossia ai piccoli e grandi investitori di borsa. Il consorzio di collocamento come detto garantirà in ogni caso l'esito finale, ma si è fatto pagare bene: il costo da riconoscere alle tre banche e ad Equita Sim è stimato in circa 51,7 milioni al lordo dell'effetto fiscale e di questi 14,7 milioni verranno sostenuti a prescindere dal perfezionamento dell'operazione. Basteranno queste cospicue commissioni a "blindare" l'aumento? Paolo Fiorentino, Ceo dell'istituto, si è detto certo di sì, escludendo invece la necessità di ulteriori aumenti di capitale ed aggiungendo che il processo di dismissione di asset "non core" prosegue.
Oltre a Creditis, che pare piacere a Chevanari Financial Group, StormHarbour e Christofferson Robb Company, oltre che forse al Banco Santander, anche il business dei pos sarà cedutom probabilmente a Cbpi con la quale Fiorentino ha confermato che sono già stati avviati colloqui in esclusiva. La cessione di Creditis potrebbe comportare l'ingresso nel capitale, con una quota del 2%-3%, del futuro acquirente, mentre interesse a partecipare all'aumento, ha confermato il Cfo Andrea Soro, è stato espresso anche dalla Sga (la bad bank dove sono confluiti gli asset problematici di Bpvi e Veneto Banca) e da Banca Ifis (che in questi mesi si è mostrata molto attiva sul mercato degli Npl e si è già detta interessata al portafoglio da 1,2 miliardi lordi che l'istituto ligure metterà in vendita entro fine anno).
Così alla fine forse Banca Carige vale una scommessa, anche da parte del retail, visto il "parterre de roi" che dopo molti tentennamenti ha deciso di venire in soccorso del gruppo, a conferma della buona opinione che il mercato ha nei confronti del nuovo Ceo e del suo piano industriale, mercati permettendo.