Economia
Banche: belle, sane e di buona costituzione, ma torna il problema in Italia
Negli ultimi 2 mesi lo spread Btp-Bund è salito dall’1,15% al 2,55% affondando le quotate. Ecco di quanto si è ridotta la capitalizzazione istituto per istituto
Secondo Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento di Vigilanza della Banca d’Italia, per quanto il processo di derisking sia “consistente” ed abbia interessato sia gli stock pregressi sia i flussi di nuovi crediti deteriorati coi primi ridottisi, al netto delle rettifiche, dal picco di 200 miliardi del 2015 a circa 140 miliardi del2017, mentre i secondi sono ora pari al 2% dei finanziamenti erogati contro un picco del 5% nel 2013, la redditività resta “insoddisfacente”.
La media ponderata del rendimento dei fondi propri (Roe), al netto delle componenti straordinarie, è risultata a fine 2017 pari al 4% (da un Roe negativo del -6% solo 12 mesi prima), ovvero del 3,6% per le banche sistemiche e del 2,8% per quelle “meno significative” (le banche di medie dimensioni). Al confronto, Bnp Paribas presentava a fine 2017 un Roe dell’8,9% e il Banco Santander del 6,98%. Certo, le banche “sistemiche” hanno un paio di vantaggi che potrebbe renderle appetibili: anzitutto il rapporto tra margine d’intermediazione e mezzi propri è pari al 35% (contro il 21% delle banche di media dimensione), vale a dire che riescono ad alimentare il conto economico con “ricavi diversi dal margine d’interesse” come ha fatto notare sempre Barbagallo.

Segno che aver puntato per tempo sul risparmio gestito, il private banking e le attività di bancassurance è stata una strategia che ha pagato chi l’ha implementata, come Intesa Sanpaolo o Unicredit.
Secondo, il rapporto tra costi e ricavi è stato, in media ponderata, del 70%, contro il 78% delle banche “meno significative”. Segno che aver avviato per tempo la ristrutturazione delle proprie reti territoriali e aver puntato su attività online o su reti di distribuione finanziaria ha consentito di compensare almeno in parte la compressione dei ricavi dovute a un margine d’interesse ai minimi storici.
L’allarme di Abi, per quanto corretto, sembra non tener conto che se non sarà un “avvoltoio” straniero per gli istituti italiani il futuro non potrà comunque che essere sempre più contrassegnato da una concentrazione del mercato e da un alleggerimento ulteriore delle reti di filiali sul territorio, con inevitabili ripercussioni anche sulla forza lavoro, a meno che non si pensi ancora una volta di scaricare i costi di una minore efficienza delle banche sulla clientela. Una pratica che non renderebbe le banche italiane più solide né più facilmente difendibili da eventual mire predatorie. Di certo, dunque, ci aspetta una nuova stagione di risiko, resta da vedere se gli italiani troveranno il modo di superare diffidenze e veti politici incrociati o se dovrà arrivare dall’estero qualche offerta di quelle che è difficile rifiutare.
Luca Spoldi