Economia
Banche,: sofferenze, spread e tassi bassi. Torna la tempesta perfetta
Banche in crisi in borsa, tra spread in crescita, stime in calo sul Pil e attese di taglio dei tassi
Le “tempeste perfette” si sprecano in questi giorni sul listino azionario italiano, complice la paura dei contraccolpi economici legati all’epidemia di coronavirus che ha ormai raggiunto tutti i cinque continenti. Se l’Ocse ha tagliato le stime di crescita del Pil mondiale del 2010 a +2,4% (dal precedente +2,9%), segnalando inoltre che nello scenario più avverso la crescita potrebbe fermarsi a +1,5%, gli analisti di Ubs in un report hanno messo in guardia stamattina dai pericoli di una nuova fiammata dei crediti in sofferenza e deteriorati. A giudizio degli esperti svizzeri le banche che avrebbero più da temere, nel caso di un nuovo peggioramento della qualità del credito, sono le banche italiane e tedesche che guarda caso oggi lasciano sul terreno frazioni sensibili del proprio valore in borsa.
Così a Piazza Affari i principali titoli bancari cedono tra il 4% e il 6% abbondante, con gli investitori che sembrano accalcarsi all’uscita nel timore di veder svanire le residue plusvalenze. Tra i più a rischio in questo senso si nota Ubi Banca, che dopo il -11,8% della scorsa settimana conservava all’apertura ancora un rialzo del 42% circa rispetto ai livelli di 12 mesi fa complice l’Ops di Intesa Sanpaolo che valuta l’istituto 4,86 miliardi rispetto ai 4,25 miliardi della capitalizzazione di borsa di venerdì sera (ma già oggi se il calo sarà confermato a fine giornata pari ad oltre il 4,5%, la stessa si ridurrà a poco più di 4,05 miliardi).
Le vendite della scorsa settimana avevano già riportato in rosso anche le performance a 3 e a 12 mesi di tutti gli altri titoli del comparto (salvo Intesa Sanpaolo, che venerdì aveva chiuso di poco sopra i livelli di un anno prima ma che con oggi scivola a sua volta in rosso) e quelle odierne non fanno che peggiorare il quadro. Del resto oltre al tasto dolente delle possibili nuove sofferenze su credito (che oggi fanno perdere quasi il 5% a Baclays, il 3,5% a Commerzbank e Deutsche Bank e attorno al 3% a Banco Santander e Credit Agricole), per le banche italiane resta anche il tema, spinoso, dell’esposizione al debito sovrano e quindi ad un nuovo allargamento dello spread, che oggi si amplia di quasi 9 punti base a poco meno di 181 punti base.
Non solo: la ricetta che potrebbe essere adottata per cercare di contenere i danni da coronavirus è, per quanto si può ipotizzare al momento, un mix di politica fiscale più blanda per i paesi che possono permetterselo (ma l’Italia, stante il già molto elevato ammontare di debito pubblico, continua ad avere un modesto margine di manovra se anche venisse concessa una maggiore flessibilità da parte della Ue) e nuove misure a sostegno della liquidità da parte della banche centrali. Che si vada verso una prematura fine della brevissima stagione di tentata “normalizzazione” dei tassi è ormai nell’aria dopo segnali in tal senso giunti dalla Federal Reserve, dalla Bank of Japan e dalla Bank of England.
La Bce a sua volta non potrà che seguire e questo significa tassi bassi ancora a lungo: una buona notizia se siete un debitore (ad esempio se avete contratto o state pensando di contrarre un mutuo) ma non se siete una banca, perché in quel caso significa un margine netto d’interessi che rimarrà su livelli depressi ancora per ulteriori trimestri, deprimendo una già modesta redditività e spingendo gli istituti, cui gli scivoloni dei mercati “giocano contro” anche dal punto di vista commerciale per quanto attiene alla possibilità di spingere ulteriormente sull’acceleratore del risparmio gestito, a cercare di porre rimedio unicamente a colpi di tagli dei costi e quindi nuove chiusure e riduzioni del personale, in Italia facendo ricorso, finché è in funzione “Quota 100” e il Fondo Esuberi è capiente, allo strumento dei prepensionamenti più o meno incentivati.
Insomma, dopo anni di descrescita infelice o mini-ripresine nell’ordine della frazione di punto percentuale, lo scenario nel quale le banche tricolori devono provare a fare business non è dei più rassicuranti. Il tutto si riflette inevitabilmente sulle capitalizzazioni di mercato, il cui andamento riflette la maggiore o minore fiducia del mercato sulle prospettive almeno a breve termine del singolo istituto. Rrispetto a venerdì 21 febbraio scorso, la perdita complessiva in termini di capitalizzazione è di oltre 15,3 miliardi di euro, con Intesa Sanpaolo (-7,25 miliardi) e Unicredit (-5,17 miliardi) che pagano, inevitabilmente, lo scotto maggiore a livello assoluto.
(Segue...)