Bce, consulenze imbarazzanti. La mappa delle partecipazioni di Blackrock
Dietro Oliver Wyman, la mega società di consulenza americana incaricata dalla Bce di coadiuvare i tecnici della Vigilanza, c'è ancora il grande fondo Usa
Wolfgang Schauble non è più ministro delle Finanze del governo Merkel, ma il “falco” di Berlino continua a beccare la Bce, questa volta colta in una situazione a dir poco imbarazzante. Nella scelta dei consulenti a cui appoggiarsi per svolgere gli stress test Eba nel 2014, 2016 e 2018 il meccanismo di vigilanza unico (Ssm) composto proprio dalla Bce e dalle autorità nazionali di vigilanza degli stati membri della Ue, è incorso in almeno un paio di scivoloni.
Anzitutto nel 2014, data “l’urgenza” con cui vennero disposti gli stress test, si decise di ricorrere a Oliver Wyman, gruppo di consulenza di New York che fa capo al colosso Marsh&McLennan Companies (12,9 miliardi di dollari di fatturato netto nel 2014, saliti a 14 miliardi nel 2017), pagandola 26 milioni di dollari per il disturbo. Fu un compenso equo?
Difficile dirlo, di certo solo due anni dopo la Bce pagò molto meno (8,3 milioni) ai due consulenti dell’epoca, uno dei quali era McKinsey, forse il nome più noto al mondo nel campo della consulenza. Sapete a chi fa capo Marsh&McLennan Companies (e quindi, indirettamente, Oliver Wyman)? Essendo una public company vede nel suo capitale i maggiori fondi d’investimento a partire da BlackRock, che secondo gli ultimi dati Morningstar ne possiede poco meno del 10% complessivamente (altri soci rilevanti sono i fondi di T. Rowe Price e di Vanguard con poco più el 7% a testa, seguiti da Capital Research col 6,75% e da Wellington Management con circa il 6%).
I ragazzi della “pietra nera”, d’altro canto, hanno avuto un ruolo di rilievo nelle verifiche degli stress test 2016 e in quelle del 2018. Tutto in famiglia? Visto che Marsh&McLennan Companies capitalizza meno di 41 miliardi di dollari in tutto e che per BlackRock (quasi 61 miliardi di capitalizzazione, a sua volta facente capo per il 25% al gruppo Pnc Financial Services ma con anche Vanguard e Wellington Management tra i soci principali) un investimento di 4 miliardi di dollari è appena lo 0,06% degli oltre 6.400 miliardi di dollari di patrimonio in gestione (a fine settembre), la cosa formalmente non appare rilevante.
Tanto più che fino a prova contraria, come ha già fatto notare Daniel Nouy rispondendo alle richieste di Schauble, tutti i consulenti della Bce sono tenuti all’obbligo di riservatezza e non possono assegnare per un certo periodo di tempo i consulenti che hanno materialmente lavorato agli stress test ad altri incarichi che prevedano la valutazione di una o più delle banche coinvolte. Sono i famosi “chinese walls” sulla cui tenuta almeno teoricamente tutti sono pronti a mettere la mano sul fuoco.
Eppure a pensar male si fa peccato, avrà pensato Schauble ricordando gli insegnamenti di Giulio Andreotti, ma a volte ci si prende. Certo appare quanto meno imbarazzante che il meccanismo di vigilanza unico, ossia l’apice di tutti i controlli del sistema bancario europeo, abbia affidato la verifica dei suoi stress test ad una serie di soggetti tutti riconducibili ad un unico o ristrettissimo gruppo di intermediari finanziari statunitensi (BlackRock, appunto, ma anche Vanguard e Wellington Management, grazie alla rete di partecipazioni incrociate).
Guarda caso BlackRock nella primavera 2017 risultava avere partecipazioni significative in ben otto istituti italiani per un controvalore di quasi 2 miliardi di euro, seguito da Vanguard con partecipazioni per 1,9 miliardi. Ancora adesso BlackRock è attorno al 3% in Intesa Sanpaolo, avendo come consoci tra gli altri Vanguard (2,2%) e Capital Research (1,2%), essendo anche socia attorno al 2,2% in Unicredit, dove Capital Research resta attorno al 4% e Vanguard è al 2,55%. Possibile che non ci fossero altri consulenti qualificati e meno “esposti” a possibili tentazioni?
Luca Spoldi
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